Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27264 del 07/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18321-2020 proposto da:

T.M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO, 271, presso lo studio dell’Avvocato GIACOMO GIGLIOTTI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

*****, in persona dell’amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMA N. 4, presso lo studio dell’Avvocato GABRIELE ZUCCHERETTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’Avvocato MARCO GAGGIA;

– controricorrente –

contro

P.A., ECONISIO SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2213/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 18/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.

RITENUTO IN FATTO

– che T.M.C. ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 2213/19, del 27 marzo 2019, della Corte di Appello di Roma, che – respingendo il gravame dalla stessa esperito avverso la sentenza n. 19754/12, del 19 ottobre 2012, del Tribunale di Roma – ha confermato la decisione con cui il primo giudice, nella contumacia della T., aveva dichiarato l’inefficacia ex art. 2901 c.c., nei confronti del *****, in ***** (d’ora in poi, “Condominio”), del contratto di compravendita immobiliare intervenuto il ***** tra ella ed il coniuge P.A., da un lato, e la società Econisio S.r.l., dall’altro;

– che, in punto di fatto, la ricorrente deduce di essere rimasta contumace nel giudizio instaurato innanzi al Tribunale romano, in cui il Condominio esperiva l’azione revocatoria;

– che accolta dal primo giudice la domanda, l’odierna ricorrente, nel proprio appello, lamentava la nullità della notificazione dell’atto di citazione in primo grado, sul rilievo che dalla relata risultava che l’atto da notificarsi fu consegnato – presso la residenza della destinataria – a persona (tale F.S.) indicata come “addetta”, senza migliori specificazioni, tale, però, non essendo la medesima, trattandosi della segretaria del marito, svolgente in altro luogo la propria prestazione lavorativa e non frequentatrice dell’abitazione dei coniugi;

– che il giudice di appello rigettava il gravame, teso a far valere -per quanto qui ancora di interesse – innanzitutto la nullità della notificazione della citazione in primo grado, non ammettendo la prova testimoniale diretta a tale scopo;

– che avverso la sentenza della Corte capitolina la T. ricorre per cassazione, sulla base – come detto – di un unico motivo;

– che esso denuncia – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), – violazione delle norme processuali, “in riferimento al diritto di difesa con riguardo alla negazione dell’istruttoria con le prove richieste e non ammesse” (ovvero la “prova per testi con i capitoli di prova ed i testi indicati”), nonché “errore di percezione su circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti”;

– che, in particolare, la prova testimoniale era diretta a far accertare la nullità della notificazione dell’atto di citazione (e, con essa, della dichiarazione di contumacia e della sentenza resa dal primo giudice), dimostrando come la F. svolga la propria attività lavorativa presso lo studio del P., in *****, mentre la sede e l’ufficio della società di cui la T. è amministratore era ubicata, all’epoca dei fatti, in *****;

– che la sentenza impugnata, dopo aver affermato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la qualità di persona addetta alla casa -che riceva l’atto da notificare – si presume “iuris tantum” dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata, presunzione tuttavia vincibile con prova contraria, ha poi negato l’ammissione del mezzo istruttorio, sul presupposto dell’irrilevanza dei capitoli di prova, atteso che le circostanze oggetto degli stessi non varrebbero a provare che la F. “si trovasse presso l’abitazione della notificataria solo occasionalmente”;

– che, per contro, ove il giudice di appello avesse dato corso all’assunzione della prova “sarebbe certamente giunta alla diversa conclusione per cui F.S. ha ricevuto l’atto presso il civico *****, presso la sua sede di lavoro”, e ciò “in quanto là, e solo là”, l’ufficiale giudiziario “ha erroneamente recapitato l’atto, con un evidente, sia pur comprensibile, errore”, come confermerebbe la circostanza che lo stesso, “nel redigere la relata, non ripete l’indirizzo ed il civico, ma si limita a scrivere, sotto la richiesta prestampata e antecedentemente predisposta (si notifichi a… in via…) la dicitura standardizzata”;

– che sarebbe, dunque, “di assoluta evidenza che, avute indicazioni – evidentemente errate – per aver richiesto l’ufficiale giudiziario dove potesse trovare T.M.C. in P., lo stesso si è recato presso l’ufficio del marito, in stabile adiacente (al civico *****) ove erroneamente ha consegnato l’atto a F.S., la quale ben ha potuto credere si trattasse di un atto diretto al proprio datore di lavoro, destinatario di un atto identico in qualità di convenuto” nello stesso giudizio “e che ben avrebbe potuto ricevere una doppia notifica (residenza anagrafica e domicilio lavorativo)”;

– che ha resisto all’avversaria impugnazione, con controricorso, il Condominio, chiedendo dichiararsi la stessa inammissibile o comunque non fondata;

– che, in particolare, l’inammissibilità del ricorso è argomentata su rilievo che il solo motivo in cui esso si articola difetterebbe dei caratteri della tassatività e specificità;

– che, in ogni caso, il motivo sarebbe anche non fondato, atteso che la ricorrente – per contestare la qualità della F. di persona “addetta alla casa” – avrebbe dovuto proporre querela di falso, e non certo articolare una prova testimoniale volta, nella sostanza, esclusivamente a dimostrare che la stessa svolge la propria attività lavorativa in immobile posto nelle vicinanze del luogo di residenza anagrafica (sin dalla nascita) della T.;

– che sono rimasti intimati il P. e la società Econisio, oggi peraltro in liquidazione;

– che la proposta dei relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio per il 18 maggio 2021;

– che la ricorrente ha depositato memoria, insistendo nelle proprie argomentazioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va rigettato, posto che l’unico motivo in cui esso si articola non è fondato;

– che, difatti, sebbene il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova possa essere denunciato per cassazione “nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” risulti priva di fondamento” (così Cass. Sez. 6-1, ord. 17 giugno 2019, n. 16214, Rv. 654713-01, nonché Cass. Sez. 6-1, ord. 7 marzo 2017, n. 5654, Rv. 643989-01, pronunce, peraltro, entrambe relative a casi di omessa motivazione in ordine alla mancata ammissione della prova, mentre nell’ipotesi che occupa il giudice ha motivato il diniego della prova), deve rilevarsi che tale situazione non ricorre con riferimento alla presente fattispecie;

– che, nel caso che occupa, l’ammissione della richiesta prova testimoniale – considerato che le due sole circostanze capitolate avrebbero consentito di accertare, esclusivamente, la mancata coincidenza tra il luogo in cui ha sede la società della quale è amministratrice l’odierna ricorrente T. e quello in cui la consegnataria dell’atto notificato, la F., svolge la propria attività di segretaria – non avrebbe in alcun modo consentito di dimostrare, “con certezza”, l’occasionalità della presenza della F. nel luogo dell’avvenuta notificazione, ovvero la sola circostanza in grado di far presumere l’assenza di talune di quelle qualità (nella specie, di “addetta alla casa”), alle quali dà rilievo l’art. 139 c.p.c., in caso di consegna dell’atto a persona diversa dal destinatario;

– che, in altri termini, il “thema probandum”, oggetto della richiesta prova testimoniare, non sarebbe stato idoneo ad invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito;

– che corretta e’, dunque, la decisione della Corte territoriale di non dare corso alla richiesta prova testimoniale, essendo stata motivata, per l’appunto, sul presupposto dell’irrilevanza dei capitoli di prova, “atteso che quand’anche venisse dimostrato che la consegnataria dell’atto era dipendente dello studio professionale del marito dell’appellante, P.A., e che la T. era amministratore della MRP Service con sede presso diverso indirizzo, ciò non varrebbe comunque a provare” – come si legge nella sentenza impugnata – “che F.S., qualificatasi come addetta, si trovasse presso l’abitazione della notificataria solo occasionalmente”;

– che, invero, la scelta di dare corso al richiesto esame testimoniale – stante le due sole circostanze capitolate, come sopra individuate -sarebbe equivalsa all’ammissione della prova su circostanze non pertinenti rispetto al “thema probandum” (che era il difetto, in capo alla F., della qualifica di “addetta alla casa”), ciò che avrebbe determinato l’inammissibilità del mezzo istruttorio, con conseguente impossibilità di esame delle sue risultanze da parte del giudice, quand’anche esso fosse stato ammesso (cfr. Cass. Sez. 1, sent. 31 gennaio 2007, n. 2201, Rv. 594918-01; in senso sostanzialmente conforme, più di recente, Cass. Sez. 3, ord. 8 febbraio 2019, n. 3708, Rv. 652821-01);

– che, d’altra parte, se l’odierna ricorrente avesse voluto addirittura dimostrare – come pure sostenuto con il presente atto di impugnazione – che l’ufficiale giudiziario non ebbe a recarsi, per notificare l’atto citazione del Condominio, in ***** (luogo nel quale la sentenza attesta risiedere la T. sin dalla nascita, senza che vi sia, sul punto, contestazione alcuna da parte dell’interessata), ma nel civico n. *****, ove ha studio il marito dell’odierna ricorrente, essa avrebbe dovuto proporre querela di falso, essendo questo il solo strumento per svellere, al riguardo, la piena efficacia probatoria, ex art. 2700 c.c., della relata di notificazione;

– che, difatti, l’indicazione del luogo di avvenuta notificazione rientra certamente nel novero di quelle “circostanze frutto della diretta attività o percezione” dell’ufficiale giudiziario, l’attestazione delle quali – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. Sez. Lav., ord. 9 luglio 2020, n. 14454, Rv. 658521-01) – è assistita da fede privilegiata;

– che il ricorso, pertanto, va rigettato;

– che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

– che in ragione del rigetto del ricorso va dato atto – ai sensi del del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ai sensi dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condannando T.M.C. a rifondere le spese del presente giudizio al *****, in Roma, liquidate in Euro 3.000,00, più 200,00 per esborsi, nonché 15% per spese generali oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021

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