LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5360-2020 proposto da:
ARCIDIOCESI DI LUCCA – UFFICIO DIOCESANO PASTORALE CARITAS DIOCESANA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VENTI SETTEMBRE 3, presso lo studio dell’Avvocato BRUNO SASSANI, rappresentato e difeso dagli Avvocati ANNA LIPPONI e GIOVANNI IACOMINI;
– ricorrente –
contro
B.I., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato DONATO ANTONIO MUSCHIO SCHIAVONE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3139/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 30/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.
RITENUTO IN FATTO
– che l’Arcidiocesi di Lucca – Ufficio Diocesano Pastorale Caritas diocesana (d’ora in poi, “Arcidiocesi”) ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 3139/19, del 30 dicembre 2019, della Corte di Appello di Firenze, che accogliendo il gravame esperito da B.I. avverso le sentenze n. 247/14, n. 249/14 e n. 250/14, del 12 febbraio 2014, del Tribunale di Firenze – ha dichiarato l’intempestività dell’opposizione a decreto ingiuntivo, proposta dall’Arcidiocesi avverso tre diversi provvedimenti monitori che le ingiungevano il pagamento, alla B., delle somme di Euro 28.353,41, di Euro 32.517,90 e di Euro 33.517,90, sul rilievo che il relativo atto di opposizione, notificato con citazione (e non con ricorso) entro il termine di quaranta giorni, non fosse stato depositato nel rispetto di tale termine;
– che, in punto di fatto, l’odierna ricorrente riferisce che i tre decreti ingiuntivi da essa opposti concernevano il mancato pagamento dei canoni locatizi – rimasti inevasi dal 2005 al 2009 – relativi a tre diversi contratti di locazione immobiliare, tutti conclusi dalla B. il 27 agosto 1999, con altrettanti conduttori di nazionalità rumena, in relazione ai quali essa Arcidiocesi aveva prestato fideiussione;
– che i predetti provvedimenti monitori recavano, per tale ragione, condanna in solido dei conduttori e del fideiussore;
– che la proposta opposizione era fondata sul rilievo che le garanzie prestate da essa Arcidiocesi erano state revocate, come contrattualmente previsto, non risultando, pertanto, più operanti;
– che il giudice di prime cure – respingendo l’eccezione sollevata dall’opposta, di inammissibilità dell’opposizione per tardività – accoglieva l’opposizione, revocando i decreti ingiuntivi con le tre sentenze sopra meglio identificate;
– che su gravame della B., il giudice di appello innanzi al quale l’appellante reiterava l’eccezione di inammissibilità dell’opposizione, in quanto tardiva – riuniva i tre giudizi ed accoglieva il mezzo proposto contro ciascuna pronuncia, ritenendo che il rito applicabile al giudizio di opposizione fosse quello “speciale” di cui all’art. 447-bis c.p.c., sicché ciascun atto di opposizione, che non aveva assunto la forma del ricorso ma della citazione, avrebbe dovuto essere non solo notificato, ma anche depositato in cancelleria, entro il termine di quaranta giorni dalla notificazione dei provvedimenti monitori;
– che avverso la sentenza della Corte fiorentina l’Arcidiocesi ricorre per cassazione, sulla base – come detto – di due motivi;
– che il primo motivo denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 447-bis c.p.c., assumendo la non applicabilità, alla presente controversia, del rito locatizio, avendo essa ad oggetto una pretesa fatta valere nei confronti del fideiussore (e’ richiamata Cass. Sez. 3, sent. 8 novembre 2019, n. 28827);
– che il secondo motivo denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 40 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui rafforza la conclusione alla quale è pervenuta, circa l’applicabilità del rito locatizio, sul rilievo che il decreto ingiuntivo fu emesso anche nei confronti dei conduttori, oltre che dell’Arcidiocesi garante delle loro obbligazioni;
– che, in questo modo, la sentenza impugnata avrebbe disatteso la regola di cui all’art. 40 c.p.c., comma 3, secondo cui in caso di connessione soggettiva di riti concorrenti – vige la prevalenza del rito ordinario;
– che ha resistito all’impugnazione, con controricorso, la B., chiedendo la reiezione del ricorso;
– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio per il 16 marzo 2021;
– che entrambe le parti hanno depositato memoria, insistendo nelle rispettive argomentazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso va accolto;
– che i due motivi – da scrutinarsi congiuntamente, data la loro connessione – sono entrambi fondati, alla luce del precedente di questa Corte richiamato dalla ricorrente, al quale non vi è ragione per negare continuità;
– che è stato, infatti, di recente affermato che “la controversia relativa alla fideiussione prestata dal terzo a garanzia degli obblighi nascenti dal rapporto di locazione è assoggettata al rito ordinario e non al rito locatizio, in quanto l’accessorietà del rapporto fideiussorio opera interamente sul piano funzionale degli obblighi assunti dal garante e non comporta l’attrazione nella disciplina processuale regolante il rapporto obbligatorio principale; anche in caso di cumulo con la connessa lite riguardante il rapporto di locazione, la controversia è regolata dal rito ordinario ai sensi dell’art. 40 c.p.c., comma 3, che prevede l’applicazione del rito speciale soltanto in ipotesi di connessione con cause di lavoro o previdenziali” (Cass. Sez. 3, sent. 8 novembre 2019, n. 28827, Rv. 655789-01);
– che non ostano a tale conclusione le considerazioni svolte dalla controricorrente in entrambi i suoi scritti defensionali, giacché, per un verso, è irrilevante la circostanza che i contratti di locazione per cui è giudizio fossero stati sottoscritti dall’Arcidiocesi, dal momento che – come attesta la sentenza impugnata – essa ebbe a firmare nella qualità di garante delle obbligazioni assunte dai tre conduttori;
– che, d’altra parte, neppure può sostenersi – argomento, in particolare, sviluppato dalla B. nella memoria ex art. 380-bis c.p.c., con richiesta di rinvio del presente ricorso a pubblica udienza – che quella posta dalla ricorrente sia una questione relativa all’interpretazione del contratto, come tale riservata al giudice di merito;
– che e’, difatti, proprio la Corte fiorentina ad affermare che i crediti vennero azionati dalla locatrice, in via monitoria, nel confronti dell’Arcidiocesi “in virtù del rapporto di garanzia”, soggiungendo che della sua “autonomia e/o persistente accessorietà rispetto a quello di locazione avrebbe potuto discutersi”, senza, però, che tale dato influisca sull’esito del presente giudizio, atteso che ravvisandosi, nella specie, una fideiussione avrebbe dovuto trovare applicazione il principio (poi) enunciato dall’arresto di questa Corte già sopra citato, da ribadirsi, vieppiù, ove alla garanzia prestata si fosse riconosciuta natura autonoma;
– che il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza impugnata va cassata, rinviando alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, e per l’effetto cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021