LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7853-2020 proposto da:
T.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli Avvocati FRANCESCO UNGARO, PASQUALINO DE LUCIA;
– ricorrente –
contro
MEDIGEST SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. COLOMBO 440, presso lo studio dell’Avvocato FRANCO TASSONI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 96/2019 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD, depositata il 15/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.
RITENUTO IN FATTO
– che T.L., sulla base di due motivi, ricorre – ex art. 348-ter c.p.c., comma 3, – per la cassazione della sentenza n. 96/19, del 15 gennaio 2019, del Tribunale di Napoli Nord (già oggetto di gravame esperito dallo stesso T. e dichiarato inammissibile dalla Corte di Appello di Napoli, per mancanza di ragionevole probabilità di accoglimento ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., con ordinanza del 14 dicembre 2019), sentenza che ha rigettato la sua domanda risarcitoria nei confronti della società Medigest S.r.l., in relazione al sinistro occorsogli il 22 novembre 2013 all’interno di un centro commerciale sito in *****, di proprietà di detta società;
– che il ricorrente riferisce, in punto di fatto, di aver adito il suddetto Tribunale per conseguire il ristoro dei danni provocati da una caduta dalle scale del predetto centro commerciale, a causa della presenza di alcune gocce d’acqua, rese invisibili dall’illuminazione artificiale esistente in loco;
– che istruita la causa mediante l’assunzione di prova testimoniale e lo svolgimento di CTU, la domanda veniva rigetta dal primo giudice, la cui decisione è oggetto del presente ricorso “per saltum”, avendo il giudice di appello ritenuto inammissibile il gravame esperito dall’attore soccombente, “per assenza di ragionevole probabilità di accoglimento”;
– che il primo motivo di ricorso denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2051 e 1227 c.c.;
– che il secondo motivo di ricorso denuncia – sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione agli artt. 2051 e 2729 c.c.;
– che ha resistito all’impugnazione, con controricorso, la società Medigest chiedendo che lo stesso venga dichiarato inammissibile o comunque rigettato;
– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio per il 16 marzo 2021;
– che la controricorrente ha depositato memoria, insistendo nelle proprie argomentazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso è inammissibile;
– che difetta, nella specie, il requisito speciale di ammissibilità del ricorso costituito dall’indicazione dei motivi di appello;
– che, difatti, l’odierno ricorrente, in nessuna parte dell’odierno atto di impugnazione, ha provveduto a menzionare i motivi di gravame allora proposti avverso la sentenza oggi oggetto di ricorso “per saltum”, affermando, anzi, come l’atto di appello proposto “illo tempore” dovesse intendersi nel presente ricorso “per riportato e trascritto”;
– che trova, pertanto, applicazione il principio secondo cui “nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, proponibile ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., comma 3, l’atto d’appello, dichiarato inammissibile, e la relativa ordinanza, pronunciata ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., costituiscono requisiti processuali speciali di ammissibilità, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), è necessario che nel suddetto ricorso per cassazione sia fatta espressa menzione dei motivi di appello e della motivazione dell’ordinanza ex art. 348-bis c.p.c., al fine di evidenziare l’insussistenza di un giudicato interno sulle questioni sottoposte al vaglio del giudice di legittimità e già prospettate al giudice del gravame” (Cass. Sez. 6-3, ord. 15 maggio 2014, n. 10722, Rv. 630702-01; in senso conforme Cass. Sez. 6-3, ord. 23 dicembre 2016, n. 26936, Rv. 642322-01; Cass. Sez. 1, ord. 3 dicembre 2020, n. 27703, Rv. 659884-02);
– che secondo questa Corte, nella peculiare ipotesi di ricorso “per saltum” previsto dalla norma in esame, nonostante “la sostituzione, quale oggetto del giudizio di legittimità, del provvedimento di secondo grado con quello originario di primo grado”, mantiene pienamente vigore “la regola generale dell’art. 329 c.p.c., visto che il processo si è comunque sviluppato secondo le ordinarie sue regole e, solo, il grado di appello ha avuto uno svolgimento compresso e sommario”, di talché “il conseguimento della definitività della pronuncia di primo grado per tardività della proposizione dell’appello, come ogni altra definizione in rito del gravame derivante dal riscontro meramente estrinseco ed esteriore dell’atto di gravame e non quindi da una valutazione del gravame stesso in rito o in merito”, comporta “il consolidamento del giudicato e la preclusione di ogni ulteriore mezzo di impugnazione, rilevabile anche di ufficio dalla corte di legittimità” (cfr., in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. n. 10722 del 2014, cit.);
– che, in questa prospettiva, pertanto, si è precisato che “oggetto del ricorso per cassazione ex art. 348-ter c.p.c. non possono essere questioni che siano già precluse al momento della proposizione dell’appello dichiarato inammissibile ex art. 348-bis c.p.c.: in particolare, il giudicato interno, anche implicito, formatosi in ragione della mancata impugnazione di uno o più capi della sentenza di primo grado comporta la preclusione, nel corso del medesimo processo, delle relative questioni”, donde, allora, la necessità che la proposizione di tale peculiare ricorso rechi l’indicazione dei motivi su quali si fondava l’appello dichiarato inammissibile per difetto di ragionevoli probabilità di accoglimento (così, nuovamente in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. n. 10722 del 2014, cit.);
– che, questo appena illustrato, è un principio, come detto, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, che ha anche precisato come “il ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, previsto dall’art. 348-ter c.p.c., comma 3, ha natura ordinaria e, in quanto tale, deve contenere, a pena di inammissibilità, “l’esposizione sommaria dei fatti di causa”, prevista all’art. 366 c.p.c., n. 3), da intendersi come esposizione dei fatti sostanziali oggetto della controversia e di quelli processuali relativi al giudizio di primo e di secondo grado, e dunque le domande ed eccezioni proposte innanzi al giudice di prime cure e non accolte o rimaste assorbite, oltre agli elementi che evidenzino la tempestività dell’appello e i motivi su cui esso era fondato” (così Cass. Sez. 6-3, ord. n. 26936 del 2016, cit.);
– che d’altra parte, è stato anche escluso che “l’onere di indicare i motivi di appello e la motivazione dell’ordinanza ex art. 348-bis c.p.c.” si ponga “in contrasto con l’art. 6 CEDU, in quanto esso è imposto in modo chiaro e prevedibile (risultando da un indirizzo giurisprudenziale di legittimità ormai consolidato), non è eccessivo per il ricorrente e risulta, infine, funzionale al ruolo nomofilattico della Suprema Corte, essendo volto alla verifica in ordine alla mancata formazione di un giudicato interno” (cfr. nuovamente, Cass. Sez. 6-3, ord. n. 26936 del 2016, cit.);
– che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
– che in ragione della declaratoria di inammissibilità del ricorso va dato atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando T.L. a rifondere alla società Medigest S.r.l. le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00, più Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021
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