Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27303 del 07/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9338-2020 proposto da:

TALETE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIVIO ANDRONICO, 25, presso lo studio dell’avvocato DI PIETRO GIUSEPPE, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARCANTONIO COLONNA 27, presso lo studio dell’avvocato PRIVITERA ROSA MARIA, che la rappresenta e difende;

contro

R.A., L.M., P.B., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NAZARIO SAURO 16, presso lo studio dell’avvocato PISTILLI MASSIMO, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

contro

AUTORITA’ D’AMBITO TERRITORIALE OTTIMALE N. ***** LAZIO NORD VITERBO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1542/2019 del TRIBUNALE di VITERBO, depositata il 30/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FIECCONI FRANCESCA.

RILEVATO

Che:

1. Con atto notificato il 25 febbraio 2020 Talete s.p.a. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da memoria, avverso la sentenza n. 1542/2019 del Tribunale di Viterbo pubblicata il 30/12/2019. Con separati controricorsi resistono la Regione Lazio, nonché i sig.ri R.A., P.B. e L.M.. L’autorità d’Ambito ATO n. 1 – Lazio Nord – Viterbo, intimata, non ha svolto difese in questa sede.

2. Per quanto ancora rileva, i sig.ri R.A., P.B. e L.M. convenivano in giudizio, avanti al Giudice di Pace di Viterbo, la Talete s.p.a., quale gestore del Servizio Idrico Integrato, per sentirla condannare al risarcimento del danno subito a causa dell’inadempimento agli obblighi di legge relativi alla percentuale massima di arsenico contenuta nell’acqua, per come richiesta dalle norme Europee e nazionali. La società Talete s.p.a., dopo la costituzione, veniva autorizzata a chiamare in giudizio l’Autorità d’Ambito n. 1 e la Regione Lazio proponendo domanda di manleva. Il Giudice di Pace, in parziale accoglimento delle domande attrici, condannava la Talete s.p.a. al risarcimento del danno individuale in favore degli attori, ciascuno nella misura di Euro 600,00 nonché, in accoglimento della domanda di manleva proposta dalla Talete s.p.a. condannava la Regione Lazio a tenere indenne la società di quanto dovuto in conseguenza della sentenza.

3. Avverso la pronuncia, la Regione Lazio ha proposto appello dinanzi al Tribunale di Viterbo per eccepire il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, il difetto di i legittimazione passiva della Regione e, nel merito, l’infondatezza della domanda. I sig.ri R., P. e L. hanno proposto appello incidentale. Il Tribunale di Viterbo ha accolto parzialmente entrambi i gravami. In particolare, ha rigettato il motivo dell’appello principale con il quale la Regione eccepiva il difetto di giurisdizione dell’A.G.O. in favore del G.A. rilevando che gli attori avevano proposto domanda risarcitoria per l’inadempimento contrattuale del gestore del S.I.I. e, dunque, trattandosi di rapporto privatistico non involgente una contestazione sull’esercizio del potere da parte della P.A., la controversia rientrava nella giurisdizione dell’A.G.O. Invece, in parziale accoglimento dell’ulteriore motivo di impugnazione della Regione, ha dichiarato il difetto di giurisdizione dell’A.G.O. in relazione alla domanda di manleva spiegata dalla Talete s.p.a. nei confronti della Regione, rilevando peraltro, anche la carenza di legittimazione passiva della Regione. Infine, in accoglimento dell’appello incidentale degli attori ha condannato la Talete s.p.a. al risarcimento nei confronti di ciascun utente del danno patrimoniale quantificato in Euro 1.834,65, del danno non patrimoniale quantificato in Euro 300,00, nonché alla riduzione del 50% del canone di acqua potabile nel limite di Euro 5.000,00.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, la Talete s.p.a. denuncia “Difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario adito ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1”. Le domande attoree avrebbero comportato una riduzione del prezzo-tariffa stabilita in sede amministrativa per l’erogazione del servizio. Pertanto, contrariamente a quanto rilevato dal Tribunale di Viterbo, esse rientrerebbero nella giurisdizione del giudice amministrativo, essendo nei fatti dedotta l’omissione di atti amministrativi a correzione della tariffa.

1.1. Il motivo è inammissibile ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, in quanto non si confronta con la giurisprudenza di questa Corte, oramai consolidatasi nell’attestare la sussistenza della giurisdizione dell’AGO in tale materia concernente il risarcimento del danno.

1.2. Il Tribunale di Viterbo, difatti, ha rigettato l’eccezione di carenza di giurisdizione del G.O. spiegata dalla Regione sul solco della pronuncia delle Sezioni Unite n. 32780 del 19/12/2018, nonché ad altri precedenti conformi, atteso che in tale ipotesi l’attività di programmazione o di organizzazione del servizio complessivo di fornitura di acqua posta in essere dalla P.A. costituisce solo il presupposto del non esatto adempimento delle obbligazioni gravanti sul gestore in forza del rapporto individuale di utenza.

1.3. Non si tratta, pertanto, di impugnazione della tariffa quale atto amministrativo, ma di determinazione del danno richiesto dall’utente e, come chiarito dal giudice dell’appello e da questa Corte in analoghe fattispecie (SU 33209/2018 e SU 32780/2018,sopra citata), di una actio quanti minoris esperita dall’utente per la riduzione del prezzo del prodotto “viziato”. Pertanto, non coglie nel segno il ricorrente ove deduce che parte attrice abbia lamentato l’omissione di provvedimenti di riduzione della tariffa, sollevando con ciò una questione che coinvolgerebbe l’adozione di provvedimenti e, dunque, la verifica della legittimità dell’azione autoritativa della P.A.

2. Con il secondo motivo si denuncia “Violazione del T.U. Ambiente, D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 141 e ss., del D.Lgs. n. 31 del 2001 artt. 9,12 e 13 (“Attuazione della Direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano”) e della O.P.C.M. n. 3921 del 2011, rapportati all’art. 1218 c.c., ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., n. 3". La sentenza viene impugnata nella parte in cui, nel dichiarare il difetto di giurisdizione del’A.G.O. in ordine alla domanda di manleva proposta dalla Talete s.p.a. nei confronti della Regione e dell’Autorità d’Ambito ATO n. 1 – Lazio Nord – Viterbo, ha in tesi erroneamente ritenuto che, nei casi emergenziali, il gestore del S.I.I. non avrebbe alcun potere di intervenire sull’acqua erogata, dovendo pertanto essere manlevato dall’ente pubblico per le inadempienze nei confronti degli utenti secondo la normativa citata in epigrafe.

3. Con il terzo e ultimo motivo si denuncia “Omesso esame di un fatto circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., n. 5”. Il Tribunale avrebbe omesso di valutare la normativa richiamata nel precedente motivo di ricorso e i documenti offerti in ordine al ruolo-chiave dell’Ente Regionale. Da tali atti emergerebbe che l’intervento della Regione a mezzo della gestione – diretta o a mezzo di soggetti privati delegati a seguito di bando di gara – di parte delle fasi del S.I.I. in via emergenziale, come da normativa di settore vigente, implicherebbe l’impossibilità della Talete di intervenire sull’acqua erogata e, quindi, la renderebbe esposta a inadempimento contrattuale, con la conseguenza che essa dovrebbe essere manlevata dalla Regione.

3.1. Il secondo e terzo motivo vanno tratti congiuntamente in quanto collegati. Essi sono inammissibili perché non si confrontano con le due rationes decidendi assunte dal Tribunale a fondamento del rigetto della domanda di manleva.

3.2. Il Tribunale ha affermato, con plurime argomentazioni e il richiamo a varie pronunce di questa Corte, la carenza di giurisdizione in quanto la domanda non si fonda su un rapporto privatistico, ma attiene alla contestazione della modalità e correttezza dell’esercizio del potere amministrativo da parte della regione Lazio, non sussistendo il dedotto rapporto privatistico tra la società e il gestore del S.I.I. Pertanto, ha rilevato la sussistenza della giurisdizione, sul punto, del G.A. ex art. 133 c.p.a.., con conseguente dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario limitatamente alla domanda di manleva proposta, non potendo in tal caso operare il principio di connessione (citando opportunamente Cass., Sez. U, n. 3508/2003, n. 7447/2008 e n. 21070/2019). Per altra via ha statuito la carenza di legittimazione passiva della Regione Lazio in relazione alla domanda di manleva.

3.3. Si tratta, invero, di una duplice ratio decidendi, con la quale il ricorrente non si confronta. Difatti, anche a voler scrutinare il motivo là dove censura la sentenza per aver dichiarato la carenza di legittimazione della Regione Lazio rispetto alla domanda di manleva, la ricorrente non ha impugnato la dichiarazione di carenza di giurisdizione, con argomenti incentrati sulla motivazione resa dal giudice, riferendosi solo alla violazione di norme speciali che regolano la materia.

3.4. Pertanto lo scrutinio del secondo motivo, e del successivo ad esso collegato, risulta inammissibile posto che non è stata correttamente impugnata la prima statuizione, di carattere assorbente e pregiudiziale, circa la carenza di giurisdizione dell’A.G.O in relazione alla domanda di manleva, in quanto afferente a un rapporto ritenuto avere natura pubblicistica. Tale statuizione, difatti, è pregiudiziale riguardo ad ogni scrutinio di merito, essendosi il giudice spogliato di ogni potestà decisoria (Sez. U, Sentenza n. 3840 del 20/02/2007).

4. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile con ogni conseguenza in ordine alle spese, liquidate come di seguito a carico della ricorrente soccombente, secondo le attuali tariffe forensi; oltre contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso; pone le spese a carico della società Talete s.p.a. ricorrente, liquidate in Euro 1.500,00, oltre Euro 200,00 per spese, 15% di spese forfetarie e ulteriori oneri di legge a favore di ciascuna parte costituita, e precisamente della Regione Lazio e, in via separata, di R.A., P.B. e L.M., con distrazione a favore dell’avvocato antistatario di questi ultimi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021

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