Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27383 del 08/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4741-2020 proposto da:

S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SANTI APOSTOLI, 66, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO CELLAMARE, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO NICOLA FUSARO, ANTONIO GENTILE;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA – GIA’ INA ASSITALIA SPA -, in persona del legale rappresentante pro tempore, e GEXTA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA OMBRONE, n. 12/C presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO LONGO BIFANO (RAV SRL STA), rappresentate e difese dall’avvocato GIUSEPPE GHIAIA NOYA;

– controricorrenti –

contro

I.N., I. CONSULTING DI N. I. & C. SAS, in liquidazione, DONATELLO INTERMEDIAZIONE SRL – AGENZIA GENERALE INA ASSITALIA BARI SUD-, AGENZIA GENERALE INA ASSITALIA BARI SUD DI D.S. E V.A. SNC;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1673/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 23/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GUGLIELMO CINQUE.

RILEVATO

CHE:

1. Con un primo ricorso, proposto al Tribunale di Bari, S.S., premesso di avere lavorato a partire dal 2.1.2003 presso l’Agenzia INA Assitalia di Bari alle dipendenze di diverse gestioni, succedutesi sino alla data del licenziamento avvenuto il 9.10.2018, aveva chiesto accertarsi il suo diritto alla percezione della retribuzione mensile onnicomprensiva di Euro 20.000,00, come concordato in sede di conciliazione sindacale del 15.6.2006 e condannarsi le parti convenute al pagamento, in solido tra loro, del complessivo importo di Euro 481.788,89 o in quella diversa somma ritenuta di giustizia.

2. Con altro ricorso S.S. aveva dedotto di essere stato licenziato per superamento del periodo di comporto, sebbene il recesso fosse stato adottato per motivi discriminatori nei suoi confronti; aveva chiesto, pertanto, dichiararsi la nullità, inefficacia e illegittimità del risarcimento, con ogni conseguenza reintegratoria e risarcitoria, nonché il diritto al risarcimento dei danni quantificati in Euro 400.000,00.

3. Il Tribunale di Bari, nel contraddittorio delle parti costituite, riuniti i ricorsi, ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento impugnato, con ordine di riassunzione del ricorrente entro tre giorni o, in mancanza, con condanna al risarcimento di una indennità commisurata a 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, rigettando nel resto le domande.

4. La Corte di appello di Bari, con la sentenza n. 1673/2019, pubblicata il 23.7.2019, ha confermato la gravata pronuncia.

5. In estrema sintesi, i giudici di seconde cure hanno rilevato che: a) il diritto al superminimo attribuito a S.S. dall’agente S.A. non poteva essere conservato nei confronti dei soggetti subentranti nella titolarità dell’agenzia, a seguito di trapasso, in quanto tale maggiorazione, costituente un uso aziendale, non era entrata a far parte del contratto individuale del dipendente; b) analogamente, anche la maggiorazione attribuita per effetto della conciliazione sottoscritta in sede sindacale il 15.6.2006 era un riconoscimento intuitu personae che non poteva spiegare effetti nei confronti di chi subentrava nell’agenzia; c) correttamente il licenziamento irrogato, per la prolungata assenza di lavoro, escludeva in radice la possibilità di ipotizzare l’esistenza di condotte vessatorie; d) sotto il profilo del superamento del periodo di comporto il recesso era, però, illegittimo non essendo stata superata la soglia minima indicata nel contratto collettivo.

6. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione S.S. affidato a due motivi, cui hanno resistito con controricorso unicamente Generali Italia spa e Gexta srl. I.N., I. Consulting di N. I. & C. sas, l’Agenzia Generale INA Assitalia di Bari Sud di D.S. e V.A. snc non hanno svolto attività difensiva.

7. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

8. Generali Italia spa, unitamente a Gexta srl, e S.S. hanno depositato memorie.

CONSIDERATO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione: l’errato esame e la parziale valutazione delle prove documentali nonché i vizi nella formazione del giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

3. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente degli artt. 2103 e 2112 c.c., art. 48 CCNL Dipendenti Agenzia di Assicurazione e art. 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

4. Il S. deduce, in sostanza, trattando congiuntamente le due censure, sul presupposto della illegittimità della disdetta unilaterale dell’accordo del 15.6.2006, l’erroneità della valutazione della Corte territoriale circa la individuazione della natura ad personam del superminimo a lui originariamente riconosciuto e rientrante, pertanto, nella cerchia dei diritti tutelati dall’art. 2112 c.c., con la connessa responsabilità solidale di tutti i datori di lavoro in ordine alla sua corresponsione.

5. I due motivi, come articolati e trattati unitariamente dallo stesso ricorrente, presentano plurimi profili di inammissibilità.

6. In primo luogo, deve osservarsi che, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. n. 26874/2018).

7. In secondo luogo, va rilevato che il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta la necessità dell’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e dell’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione (Cass. n. 20652/2009).

8. In terzo luogo, deve precisarsi che tutte le doglianze proposte ex art. 360 c.p.c., n. 5 sono inammissibili vertendosi in ipotesi di cd. doppia conforme” ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., u.c..

9. Infine, deve precisarsi che sono inammissibili anche le dedotte violazioni di legge in difetto degli appropriati requisiti di erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta regolata dalla disposizione di legge, mediante specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. n. 16038/2013; Cass. n. 3010 n. 2012), risolvendosi esse, in realtà, in una sollecitazione di una rivisitazione del merito della vicenda e in una contestazione della valutazione probatoria operata dalla Corte territoriale, sostanziante il suo accertamento in fatto, di esclusiva spettanza del giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità (Cass. 27197/2011; Cass. n. 6288/2011; Cass. n. 16038/2013): ciò per la corretta ed esauriente argomentazione, senza alcun vizio logico nel ragionamento decisorio, delle ragioni per cui la maggiorazione economica, riconosciuta a suo tempo da S.A. nei confronti dell’odierno ricorrente, non sia stata ritenuta un emolumento che si trasmetteva in via automatica al cessionario dell’agenzia, quale effetto naturale della vicenda circolatoria dell’agenzia.

10. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

11. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo; nulla va disposto per gli intimati che non hanno svolto attività difensiva.

12. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti società, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; nulla per gli altri intimati. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2021

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