Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza Interlocutoria n.27389 del 08/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso n. 16205/2020, proposto da:

D.R., elett.te domic. presso l’avv. Ivana Calcopietro, dalla quale è rappres. e difeso, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., elettivamente domiciliato in Roma, in via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il 7/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/06/2021 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

Che:

Il Tribunale di Bologna, con decreto emesso il 7.5.20, ha rigettato il ricorso proposto da D.R., cittadino del Bangladesh, avverso il provvedimento della Commissione territoriale che aveva respinto l’istanza di protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria, osservando che: era da escludere la protezione internazionale per la non credibilità delle dichiarazioni del ricorrente in ordine alla vicenda narrata (relativa a episodi di persecuzione di matrice religiosa), peraltro, solo parzialmente conformi alle COI; era da escludere anche la protezione sussidiaria in quanto dalle fonti esaminate non si desumeva la sussistenza nella regione di provenienza del ricorrente di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato; non ricorrevano i presupposti della protezione umanitaria, non essendo a tal fine sufficiente l’attività lavorativa svolta con contratti a tempo determinato, in mancanza di altri indici di vulnerabilità.

D.R. ricorre in cassazione con due motivi.

Il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

RITENUTO

Che:

Il primo motivo denunzia violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e 11, artt. 46, 10/16 direttiva 2005/85/CE, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 1 e art. 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, art. 27, nonché omessa audizione del ricorrente e omessa pronunzia parziale in ordine alla domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, non avendo il Tribunale ascoltato il ricorrente con l’ausilio di un interprete, per cui l’istruttoria era da considerare inidonea. Il ricorrente si duole altresì della valutazione di non credibilità.

Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., D.Lgs. n. 286, art. 5, comma 6, artt. 2 e 8 Cedu, art. 2 Cost. e art. 10 Cost., comma 6, D.Lgs. n. 286 del 1998, per non aver il Tribunale riconosciuto la protezione umanitaria, considerando la raggiunta integrazione sociale e lavorativa del ricorrente, attraverso vari contratti a tempo determinato, tenendo altresì conto del pericolo connesso al rimpatrio per le persecuzioni subite.

Il collegio ritiene che, con specifico riferimento al terzo motivo, sussistano i presupposti per rinviare la causa a nuovo ruolo, in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite sulla questione rimessa con ordinanza interlocutoria 28316/2020 della Prima Sezione in ordine ai presupposti della protezione umanitaria. Invero, il ricorrente ha allegato di aver lavorato, sebbene con contratti a tempo determinato, di conoscere la lingua italiana e di aver moglie e figli in patria, fatti che potrebbero costituire indici di integrazione in Italia legittimanti il riconoscimento del permesso umanitario.

P.Q.M.

La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo, in attesa della sentenza delle Sezioni Unite.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2021

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