Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27409 del 08/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37929-2019 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in RONIA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, ANTONIETTA CORETTI;

– ricorrente –

Ccontro D.C.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MAURIZIO BUFALINI N. 8, presso lo studio dell’avvocato MATTEO DI PUMPO, rappresentata e difesa dagli avvocati VINCENZO DE MICHELE, BARTOLOMEO EMILIO BIUSO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1242/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 04/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata dell’I 1/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO CARLA.

RILEVATO

che:

1. La Corte d’appello di Bari, per quanto ancora rileva, ha dichiarato non dovuta da D.C.R. la somma pretesa dall’Istituto a titolo di contribuzione sulla Gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, in relazione all’attività libero professionale dalla medesima svolta nell’anno 2009.

2. La Corte territoriale ha ritenuto che il principio di universalizzazione della copertura assicurativa obbligatoria, affermato dalla giurisprudenza di legittimità (v. Cass. n. 32167 del 2018; n. 32608 del 2018; n. 519 del 2019), dovesse considerarsi derogato per i lavoratori autonomi percettori di un reddito inferiore al limite dei 5.000,00 Euro e che tale deroga fosse applicabile nella fattispecie oggetto di causa in cui l’avvocato, parte appellata, aveva fruito nell’anno 2009 di un reddito ai fini Irpef inferiore al detto limite, senza che assumessero rilievo le concrete modalità di svolgimento dell’attività libero professionale.

3. I giudici di appello hanno quindi giudicato assorbite le questioni attinenti alla prescrizione estintiva e alla quantificazione delle sanzioni civili. Hanno accolto l’appello dell’INPS in relazione alla statuizione di primo grado concernente l’annullamento degli atti di gestione del rapporto previdenziale e la cancellazione dell’avvocato dalla gestione separata.

4. Avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo; l’avv. D.C. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

5. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

6. Con l’unico motivo di ricorso l’INPS ha dedotto violazione e/o falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26 -31, del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, commi 1 e 2, conv. con mod. dalla L. n. 111 del 2011, della L. n. 247 del 2012, art. 21, comma 8, del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. con mod. dalla L. n. 326 del 2003, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di merito omesso di verificare la sussistenza del requisito di abitualità nell’esercizio della professione di avvocato e, quindi, la ricorrenza dell’obbligo di iscrizione alla gestione separata ai sensi della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26.

7. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.

8. Questa Corte ha affermato che l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento; la produzione di un reddito superiore alla soglia di Euro 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità (Cass. n. 4419 del 2021; n. 12419 del 2021; n. 12358 del 2021).

9. Dirimente deve considerarsi, secondo le sentenze richiamate, il modo in cui è svolta l’attività libero-professionale, se in forma abituale o meno. A tale riguardo, è stato anche chiarito che il requisito dell’abitualità dev’essere accertato in punto di fatto, precisandosi, altresì, che, ai fini di detto accertamento, possono rilevare “le presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività” oppure, in senso contrario, “la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore ad Euro 5.000,00” (Cass. n. 4419 del 2021 cit), senza che nessuno di tali elementi possa di per sé imporsi all’interprete come univocamente significativo, trattandosi “pur sempre di forme di praesumptio hominis, che non impongono all’interprete conclusioni indefettibili, ma semplici regole di esperienza per risalire al fatto ignoto da quello noto” (Cass. n. 4419 del 2021 cit.).

10. Tanto premesso, risulta evidente l’errore in cui è incorsa la Corte di appello che, senza accertare – a monte – se l’attività fosse abituale o occasionale (v. anche in motiv. Cass. n. 11003 del 2021 resa in fattispecie analoga), ha escluso l’obbligo contributivo in ragione del “fatto contingente del reddito sotto la soglia di 5.000 nell’anno dedotto in lite”.

11. Non essendosi, dunque, la Corte di merito uniformata ai suesposti principi di diritto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese dei giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 13 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2021

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