Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.27413 del 08/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 38618/2019 proposto da:

I.H.S., rappresentato e difeso dall’avv.to ANDREA MAESTRI, (andreamaestri.ordineavvocatiravenn.eu), elettivamente domiciliato presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione in Roma, piazza Cavour;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2438/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 05/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

RILEVATO

che:

1. I.H., proveniente dalla Nigeria, ricorre affidandosi ad un unico motivo per la cassazione del decreto della Corte d’Appello di Bologna che aveva respinto l’impugnazione contro la pronuncia del Tribunale con la quale era stata rigettata la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, in ragione del diniego a lui opposto, in sede amministrativa, dalla competente Commissione territoriale 1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere stato costretto a lasciare il proprio paese in quanto aveva paura del malocchio di cui era rimasto vittima a seguito del suo rifiuto di prendere il posto del padre, secondo un’usanza tipica della sua famiglia.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

CONSIDERATO

Che:

1. Con unico motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 Cost., art. 10 Cost., comma 3, artt. 13,29 e 32 Cost., nonché gli artt. 2, 3, 4 e 8 della Cedu, l’art. 13 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 2, art. 5, comma 4 e art. 6, art. 19, comma 1, art. 1, comma 1, nonché del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

1.1. Lamenta che la Corte territoriale non avevo adempiuto, con specifico riferimento alla protezione umanitaria, al dovere di cooperazione istruttoria che le incombeva, D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8.

2. Al riguardo, riporta la vicenda narrata assumendo che la Corte aveva omesso di svolgere gli opportuni accertamenti sulle pratiche occulte e sulla persecuzione religiosa che ad esse conseguiva, ed aveva altresì omesso di considerare l’attendibilità delle dichiarazioni da lui rese e di valutare anche tutte le condizioni relative alla sua vulnerabilità personale e all’integrazione che aveva raggiunto nel paese di accoglienza, non articolando il doveroso giudizio di comparazione con le condizioni di tutela dei diritti fondamentali che avrebbe dovuto affrontare nel paese di rimpatrio.

2.1. Il motivo è inammissibile.

2.2. Il ricorrente, infatti, prospetta una censura meramente enunciativa e generica, omettendo anche di riportare il corrispondente motivo proposto nel giudizio di appello che, in tesi, sarebbe stato erroneamente scrutinato.

2.3. La doglianza, pertanto, è del tutto priva di autosufficienza (cfr. Cass. 20405/2006; Cass. 21621/2007; Cass. 22880/2017; Cass. SU 7074/2017) e risulta assolutamente generica in quanto, incentrata sul mancato riconoscimento della protezione umanitaria, nulla di specifico deduce in relazione agli elementi di comparazione da raffrontare (integrazione e vulnerabilità), limitandosi erroneamente ad affermare che la presunta inattendibilità del racconto non esimeva il giudice dall’operare un doveroso bilanciamento fra il livello tutela dei diritti fondamentali in Italia ed in Nigeria.

2.4. In tal modo, però, il ricorrente omette di considerare che la protezione umanitaria è una misura individualizzata, non riferibile astrattamente al raffronto fra le condizioni del paese di provenienza e di quello di accoglienza, ed è finalizzata principalmente a proteggere il richiedente asilo, con riferimento alla sua condizione di vulnerabilità (che deve essere specificamente allegata), dalle ulteriori offese che potrebbero a lui derivare a seguito rimpatrio nel paese di provenienza ove i diritti fondamentali non trovino ivi adeguata tutela, anche alla luce del giudizio di comparazione con l’integrazione raggiunta in Italia che deve, però, essere oggetto di specifica allegazione, del tutto assente nel caso in esame (Cfr. Cass. 4455/2018 e Cass. SU 29459/2019).

3. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

3.1. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

3.2. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte;

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2021

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