LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21908/2019 proposto da:
I.A., rappresentato e difeso dall’Avvocato FABRIZIO IPPOLITO D’AVINO, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in VENEZIA, SAN POLO 2988;
– ricorrente –
contro
MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in ROMA, VIA dei PORTOGHESI 12 è
domiciliato;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1526/2019 della CORTE d’APPELLO di VENEZIA depositato il 9/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 5/11/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.
CENNI DEL FATTO I.A. proponeva appello avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia del 7.7.2017, chiedendo il riconoscimento della protezione sussidiaria o, in subordine, della protezione umanitaria.
L’appellante nel procedimento di primo grado aveva riferito di essere stato costretto ad abbandonare il Paese d’origine (Edo State in Nigeria) per asseriti motivi di persecuzione personale, in quanto il medesimo, esercente un’attività di compravendita di motociclette, dopo che il governo del suo Stato aveva bandito la circolazione delle moto, aveva iniziato a recuperare i nove mezzi che aveva concesso in locazione; che tale O., adirato per il torto subito, si recava con altri di notte presso la sua abitazione aggredendolo; che il ricorrente, nel tentativo di mettere in fuga gli aggressori, impugnata una bottiglia rotta, colpiva uno di loro che in seguito al colpo decedeva; che il ricorrente si dava alla fuga e, consapevole di essere ricercato dalla polizia e dalla famiglia del ragazzo ucciso, decideva di abbandonare la Nigeria, recandosi prima in Libia e poi in Italia.
Con sentenza n. 1526/2019, depositata in data 9.4.2019, la Corte d’Appello di Venezia rigettava l’appello, ritenendo non sussistenti i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria e confermando il carattere inverosimile e contraddittorio della vicenda narrata. L’appellante non aveva confutato l’eccepita scarsa credibilità della ricostruzione dei fatti rilevata dal Tribunale. In particolare, non aveva aggiunto alcun elemento idoneo a confutare le perplessità evidenziate dal Giudice in ordine alla presunta fuga, avvenuta grazie all’utilizzo di una bottiglia rotta, nonostante fosse stato aggredito da sette persone, e al mancato richiesto intervento della polizia. Inoltre, i fatti narrati rappresentavano una vicenda di carattere privato non rilevante ai fini della concessione della protezione internazionale. Nemmeno sussistevano i presupposti per la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, sub lett. c), in quanto nella regione di provenienza del ricorrente non poteva ravvisarsi una violenza indiscriminata legata a un conflitto armato. Anche la domanda di riconoscimento della protezione umanitaria doveva essere rigettata in quanto non sussistevano motivi di vulnerabilità: il ricorrente si limitava a ribadire di aver intrapreso un serio programma di inserimento in Italia grazie alla frequenza di un corso di italiano per stranieri di livello A1 e all’attività di volontariato. Non era stata provata la compromissione del nucleo fondamentale dei diritti di cui all’art. 2 Cost., nel caso di rimpatrio.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione I.A. sulla base di due motivi. Resiste il Ministero dell’Interno con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. – Con il primo motivo, il ricorrente lamenta l'”Omesso esame circa un fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5) per il giudizio sulla domanda di protezione umanitaria”, là dove il Giudice di merito avrebbe mancato di valutare le condizioni personali del ricorrente nella prospettiva di un rimpatrio a fronte delle condizioni di avanzata integrazione da lui raggiunte in Italia, dove si è sposato e vive con la moglie ed il figlio, nato il *****. E ciò, nonostante sia lo stesso Ministero dell’Interno in una circolare del 2015 a ritenere che uno dei casi in cui deve essere riconosciuta la protezione umanitaria sia quello del genitore di un minore.
2.- Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la “Nullità della sentenza sub specie di motivazione apparente e contraddittoria (art. 360 c.p.c., n. 4) con riferimento al capo relativo al rigetto della protezione umanitaria”, in quanto la sentenza avrebbe escluso il presupposto della violazione dei diritti umani in atto nel Paese di provenienza traendone l’insussistenza da fonti documentali in parte estranee al periodo di interesse e in parte estranee alla zona di provenienza del ricorrente.
3. – Il primo motivo è fondato.
2.2. – Il ricorrente censura il rigetto della richiesta di protezione umanitaria, lamentando che la Corte d’appello non abbia correttamente valutato il serio percorso di integrazione avviato in Italia (ove ha trovato una regolare occupazione, all’esito di un tirocinio formativo) e soprattutto l’essersi sposato con una connazionale regolarmente soggiornante nel nostro Paese con la quale inizialmente era andato a convivere e dalla quale nel luglio 2018 aveva avuto un figlio.
La Corte di merito, viceversa, nel ritenere che la vicenda del richiedente e le ragioni del suo allontanamento dal Paese di origine non fossero inquadrabili in alcuna delle fattispecie di protezione internazionale, non sussistendo a suo avviso neppure i presupposti per la protezione umanitaria (v. sentenza Corte d’appello, pag. 3), ha completamente omesso di prendere in considerazione la circostanza, dedotta dal ricorrente, di avere avuto un figlio nel *****.
2.3.- Al riguardo, questa Corte ha chiarito che, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, la presenza di figli minori del richiedente rappresenta uno degli elementi che devono essere considerati nell’apprezzamento circa la sussistenza della vulnerabilità del genitore, atteso che la presenza della prole minore in Italia si risolve in una condizione familiare idonea a dimostrare da un lato una peculiare fragilità, tanto dei singoli componenti della famiglia che di quest’ultima nel suo complesso, e dall’altro lato uno specifico profilo di radicamento del nucleo sul territorio nazionale, in dipendenza dell’inserimento dei figli nei percorsi sociali e scolastici esistenti in Italia e, quindi, della loro naturale tendenza ad assimilare i valori ed i concetti fondativi della società italiana (v., da ultimo, Cass., ord. n. 5506 del 2021).
Da tale principio di diritto, cui il Collegio intende dare continuità, si discosta la decisione della Corte di merito, che, pertanto, va cassata sul punto.
3. – Resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo l’esame del secondo motivo del ricorso.
Pertanto, accolto il primo motivo, assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, che la riesaminerà alla luce del principio di diritto enunciato sub 2.3., pronunciandosi anche sul regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2021