Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27536 del 11/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35957-2019 proposto da:

RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA SPA *****, in persona del Responsabile Amministrativo pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO SANTORI;

– ricorrente –

contro

D.N.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1853/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. BOGHETICH ELENA.

RILEVATO

che:

1. Con sentenza depositata il 20.5.2019, la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, ha accolto la domanda di D.N.A. proposta nei confronti della RAI Radiotelevisione italiana s.p.a., per l’accertamento della qualifica e del trattamento economico di “inviato speciale”, con conseguente condanna – con decorrenza dal 14.5.2007 – al pagamento delle differenze retributive (rispetto alla qualifica di redattore ordinario attribuita il 13.5.2004 in occasione del ripristino del rapporto di lavo presso la redazione di Catania a seguito di statuizione giudiziale relativa alla illegittimità del termine apposto a precedenti contratti di lavoro).

2. La Corte territoriale, per quel che qui interessa, rilevava che – come previsto dall’art. 7 del contratto integrativo Ra-Usigrai 2002-2006 – il quadro probatorio acquisito confermava che il D.N. aveva effettuato sia un numero ampiamente superiore a 90 giornate di lavoro in trasferta per ciascun anno sin dal 2005 (come risultava dalla stessa memoria di costituzione della Rai in primo grado) sia, sulla base della consulenza tecnica d’ufficio espletata (che aveva consultato il catalogo multimediale delle teche Rai, come previsto dal suddetto art. 7), servizi televisivi e radiofonici diffusi su testate nazionali superiori a 30 sin dal 2005.

3. La RAI ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a due motivi, illustrati da memoria, e il D.N. è rimasto intimato.

4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso la RAI lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 7 dell’accordo integrativo Rai-Usigrai, avendo, la Corte territoriale, confuso il requisito del numero di servizi realizzati con il diverso requisito del numero di trasferte per la realizzazione di servizi effettivamente trasmessi dalle testate nazionali. Invero, la Corte pur avendo riportato correttamente la previsione contrattuale in materia di riconoscimento dell’incarico di inviato speciale (ben evidenziando come l’art. 7 dell’accordo integrativo richieda per due anni solari consecutivi il verificarsi dei requisiti concorrenti dell’avere, il giornalista, effettuato almeno 90 giorni di trasferta ogni anno di cui almeno 30 giornate di trasferta per la realizzazione di servizi effettivamente trasmessi dalle testate nazionali), ha tuttavia fatto costante riferimento a 30 servizi e non più a 30 giornate di trasferta per la realizzazione di servizi.

2. Con il secondo motivo di ricorso la RAI deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo, motivazione illogica, perplessa, contraddittoria, avendo, la Corte territoriale, omesso di spiegare la ragione per cui ha considerato eseguiti in trasferta tutti i servizi relativi a fatti verificatisi in località diverse da Catania, posto che tali servizi non sempre richiedevano la trasferta del giornalista (potendo utilizzare, il D.N., immagini di repertorio o acquisite da altri giornalisti) nonché omesso di valutare che un determinato servizio poteva essere andato “in onda” in diverse edizioni di telegiornali “televisivi” e “radiofonici” nazionali ma il giorno di trasferta andava computato come un’unica volta indipendentemente dal numero dei servizi trasmessi dalle testate nazionali.

3. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente correlati, sono inammissibili per plurime ragioni.

Innanzitutto, i motivi sono inammissibili in quanto si sostanziano, anche laddove denunciano la violazione di norme di diritto, in un vizio di motivazione formulato in modo non coerente allo schema legale del nuovo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame.

Come più volte precisato da questa Corte, il vizio di violazione di legge coincide con l’errore interpretativo, cioè con l’erronea individuazione della norma regolatrice della fattispecie o con la comprensione errata della sua portata precettiva; la falsa applicazione di norme di diritto ricorre quando la disposizione normativa, interpretata correttamente, sia applicata ad una fattispecie concreta in essa erroneamente sussunta. Al contrario, l’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr. Cass. n. 26272 del 2017; Cass. n. 9217 del 2016; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; n. 26307 del 2014). Solo quest’ultima censura è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa.

Nel caso di specie, le censure investono tutte la valutazione delle prove come operata dalla Corte di merito, e si sostanziano, attraverso il richiamo al contenuto dei documenti prodotti e della consulenza tecnica di parte, in una richiesta di rivisitazione del materiale istruttorio (quanto al concreto conteggio dei servizi trasmessi dalle Testate nazionali) non consentita in questa sede di legittimità, a maggior ragione in virtù del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Invero, la Corte territoriale – come sottolineato dallo stesso ricorrente – ha correttamente riportato ed interpretato l’art. 7 del contratto integrativo Rai-Usigrai, procedendo, poi, sulla scorta dell’esame della documentazione prodotta, della ricognizione dei fatti non contestati dalla società convenuta nonché dell’ausilio di un consulente tecnico d’ufficio, alla ricognizione delle giornate di trasferta effettuate ogni anno dal D.N. e, nell’ambito di queste giornate (come si evince chiaramente dell’inciso “in trasferta” riportato al penultimo periodo della pagina 5 della sentenza impugnata), dei servizi trasmessi dalle Testate nazionali.

La motivazione, dunque, è completa ed esauriente e i motivi (al di là della rubrica formulata con riguardo al primo motivo) chiedono un vaglio di legittimità sulla ricostruzione fattuale che esorbita dai limiti delineati da Cass. S.0 07/04/2014, n. 8053 e 8054.

4. Le censure, inoltre, sono prospettate con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto della consulenza tecnica d’ufficio, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

Invero, la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che ove vengano in rilievo atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, di carenze motivazionali, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, o anche di un error in procedendo è necessario non solo che il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale sia riprodotto in ricorso, ma anche che ne venga indicata l’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità, senza che possa attribuirsi rilievo al fatto che nell’indice si indicano come allegati i fascicoli di parte di primo e secondo grado (Cass. SU n. 5698 del 2012; Cass. S.U. n. 22726 del 2011; da ultimo, Cass. n. 10992 del 2020).

5. Infine, con riguardo alla omessa valutazione, da parte della Corte territoriale, della coincidenza tra telegiornali “televisivi” e “radiofonici” nazionali, si tratta di questione che non risulta affatto affrontata nella sentenza impugnata e il ricorrente non indica in quale atto difensivo e in quale momento processuale la questione sarebbe stata introdotta, le ragioni del suo rigetto ed i motivi con i quali è stata riproposta al giudice del gravame, con ciò violando gli oneri di specificità dei motivi del ricorso per cassazione dettati dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (Cass. nn. 23073 del 2015, Cass. 23675 del 2013). Anche questa censura e’, pertanto, inammissibile.

6. In conclusione, ricorso va dichiarato inammissibile; nulla sulle spese in assenza del controricorrente.

7. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 4 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021

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