Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.27563 del 11/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13011/2017 proposto da:

EDISUD S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 73, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO AUGUSTO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VINCENZO TROYA, 12, presso lo studio 1707 dell’avvocato ANTONIO GUARIGLIA, rappresentato e difeso dall’avvocato SAVERIO FATONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 960/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 31/05/2016 r.g.n. 3527/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/09/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO.

RILEVATO

che la Corte di Appello di Bari, con sentenza pubblicata il 31.5.2016, ha accolto il gravame interposto da G.F., nei confronti della S.p.A. Edisud, avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede resa il 28.6.2012, con la quale era stata respinta la domanda del lavoratore diretta ad ottenere il pagamento della somma di Euro 2.167,74 a titolo di riposi compensativi non goduti; che, pertanto, la Corte di merito, in riforma della pronunzia impugnata, ha condannato la parte datoriale al versamento, in favore del G., della somma richiesta;

che per la cassazione della sentenza ricorre la Edisud S.p.A. articolando due motivi, cui resiste con controricorso G.F.;

che il P.G. non ha formulato richieste.

CONSIDERATO

che, con il ricorso, si censura: 1) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2113 e 1362 c.c., nonché vizi di motivazione” ed in particolare, si lamenta che i giudici di merito avrebbero ritenuto che la quietanza liberatoria sottoscritta dal G. il 31.10.1996, in occasione della risoluzione del rapporto di lavoro, e dallo stesso mai impugnata, non integrasse gli estremi della rinunzia; 2) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 c.c.n.l. per i dipendenti di aziende stampatrici di giornali quotidiani ed agenzie di stampa”, per errata e distorta interpretazione della detta norma che disciplina i riposi oggetto di causa;

che il motivi, da trattare congiuntamente perché affetti dalle medesime carenze, sono inammissibili, poiché – oltre alla genericità della seconda censura del primo motivo, inerente a non meglio specificati “vizi di motivazione” e formulato in modo non più consono con le modifiche introdotte dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012, applicabile, ratione temporis, al caso di specie poiché la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata pubblicata, come riferito in narrativa, il 31.5.2016 – le doglianze sono direttamente ancorate all’esame di documentazione – la quietanza sottoscritta dal G. il 31.10.1996 (primo motivo) ed il CCNL per i dipendenti di aziende editrici e stampatrici, di cui si denunzia la violazione dell’art. 11 (secondo motivo) – non prodotta, né indicata tra i documenti offerti in comunicazione con il ricorso di legittimità, né trascritta, in violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, ed in spregio del principio, più volte ribadito da questa Corte, che definisce quale onere della parte ricorrente quello di indicare lo specifico atto precedente cui si riferisce, in modo tale da consentire alla Corte di legittimità di controllare ex actis la veridicità delle proprie asserzioni prima di esaminare il merito della questione (tra le molte, con arresti costanti, Cass. n. 14541/2014), poiché il ricorso per cassazione deve contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed a consentire la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza che sia necessario fare rinvio a fonti esterne al ricorso e, quindi, ad elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di merito (cfr., tra le molte, Cass. nn. 10551/2016; 23675/2013; 1435/2013); per la qual cosa, questa Corte non è stata messa in grado di poter apprezzare la veridicità delle doglianze svolte dal ricorrente;

che per le considerazioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, secondo quanto specificato in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.800,00 per compenso professionale ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021

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