Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.27572 del 11/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19003-2015 proposto da:

M.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’, 20, presso lo studio degli avvocati ALESSANDRA GULLO, GIUSEPPE MAGARAGGIA, UMBERTO MAGARAGGIA, che lo rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3053/2C14 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 30/01/2015 R.G.N. 2492/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/04/2021 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS.

RILEVATO

che con sentenza del 30 gennaio 2015, la Corte d’Appello di Lecce, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Lecce, rigettava la domanda proposta da M.V. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto del ricorrente a conservare, nonostante il passaggio del lavoratore dall’ETI – Ente Nazionale Tabacchi alle dipendenze del Ministero predetto, dell’elemento accessorio della retribuzione denominato “compenso per la produttività collettiva”, compenso questo ritenuto computabile nell’assegno personale riassorbibile di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 232 e 233;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata la pretesa del M. in ragione del configurarsi dell’emolumento quale retribuzione di risultato esulante dal trattamento accessorio fisso e continuativo e come tale insuscettibile di essere ricompreso tra le voci retributive utili ai fini della determinazione della retribuzione in godimento presso l’amministrazione di provenienza da portare in differenza rispetto al trattamento economico spettante presso l’amministrazione di destinazione ed includerla nell’assegno personale riassorbibile di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 232 e 233;

che per la cassazione di tale decisione ricorre il M., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c. e art. 416 c.p.c. e art. 167 c.p.c., comma 1, in combinato disposto, imputa alla Corte territoriale l’error in procedendo dato dalla ritenuta ammissibilità dell’eccezione sollevata dal Ministero solo in sede di gravame relativa al difetto di prova dell’assunto del ricorrente per cui l’emolumento accessorio in questione era stato erogato mensilmente e nella stessa misura;

che, con il secondo motivo, denunciando il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente lamenta a carico della Corte territoriale la mancata considerazione della circostanza, da ritenersi provata in quanto non contestata, relativa all’erogazione del compenso per la produttività collettiva sino al momento del passaggio nei ruoli del Ministero in misura fissa e periodica;

che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 232 e 233, e degli artt. 52-57 e 60-65 del CCNL per il Comparto Aziende Autonome rispettivamente conclusi il 5.4.1996 ed il 24.5.2000, il ricorrente lamenta la non conformità a diritto del pronunciamento della Corte territoriale che limita la computabilità ai fini della determinazione dell’assegno personale riassorbibile alle sole voci retributive fisse e continuative, con conseguente esclusione del compenso per la produttività collettiva;

che rilevata l’inammissibilità dei primi due motivi atteso che, stante l’irrilevanza delle modalità di fatto di erogazione del compenso per la produttività collettiva, per essere il thema decidendum limitato alla quaestio iuris circa la computabilità o meno ai fini della determinazione dell’assegno personale riassorbibile dell’emolumento in relazione alla previsione di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 232 e 233, risultano inconferenti le censure relative alla tardività dell’eccezione concernente l’erogazione saltuaria e variabile dell’emolumento e l’omesso esame della circostanza opposta, da ritenersi provata per mancata contestazione, è a dirsi come il terzo motivo, che censura l’impugnata sentenza sotto il predetto profilo, da ritenersi rilevante, si riveli infondato alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale per cui sono sottratte alla sfera di efficacia del divieto di reformatio in peius del trattamento retributivo in caso di passaggio in mobilità tra pubbliche amministrazioni tutte le componenti retributive provvisorie aventi carattere precario e accidentale, vale a dire quegli emolumenti che, essendo connessi a situazioni congiunturali e a fatti occasionali o all’avverarsi di condizioni o di eventualità imprevedibili e non del tutto indipendenti dalla casualità, cui per sua natura è riconducibile il compenso per produttività collettiva, non possono essere considerati componenti della retribuzione definitivamente ed irreversibilmente acquisite, né comunque componenti fisse e invariabili di essa;

che, pertanto, il ricorso va rigettato;

che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021

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