LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3714-2020 proposto da:
H.M.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CATERINA BOZZOLI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 4045/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 01/10/2019 R.G.N. 3383/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/05/2021 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO.
RILEVATO
CHE:
H.M.A., cittadino del *****, chiedeva alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui AL D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:
a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;
b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);
la Commissione Territoriale rigettava l’istanza;
avverso tale provvedimento proponeva ricorso tardivo dinanzi alla Corte d’Appello di Venezia che, previa reiezione della istanza di rimessione in termini, lo dichiarava inammissibile;
a fondamento della decisione assunta, la Corte distrettuale osservava che l’atto di appello era stato notificato in data 18 settembre 2018, dopo oltre tre mesi dalla comunicazione integrale della ordinanza emessa fuori udienza da parte della cancelleria (6 giugno 2018), relativa al rigetto, da parte del primo giudice, delle domande proposte;
soggiungeva che neanche poteva ritenersi accoglibile l’istanza di rimessione in termini proposta dal richiedente e motivata dal suo trasferimento che si assume avrebbe reso impossibile al precedente difensore, di mettersi in contatto con lui;
il provvedimento è stato impugnato per cassazione con ricorso fondato su tre motivi;
il Ministero dell’Interno, non costituito nei termini di legge con controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea.
CONSIDERATO
CHE:
1. con il primo motivo è denunciata violazione dell’art. 153 c.p.c., comma 2;
si ribadisce che il ricorrente non aveva potuto dimostrare documentalmente di non aver potuto rispettare il termine perentorio per causa a sé non imputabile, “non avendo comunicato per mera non conoscenza delle leggi italiane”;
2. il motivo è inammissibile;
esso non si conforma ai canoni di specificità che governano il ricorso per cassazione; manca una confutazione puntualmente idonea, in violazione della prescrizione a pena di inammissibilità contenuta nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che esige l’illustrazione del motivo, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 22/9/2014, n. 19959; Cass. 19/9/2009, n. 18421; Cass. 3/7/2008 n. 18202);
le generiche allegazioni poste a fondamento del motivo, non sono idonee ad inficiare a statuizione della Corte distrettuale, che ha rigettato l’istanza di rimessione in termini proposta dal ricorrente in assenza dei presupposti sanciti dall’art. 153 c.p.c., comma 2, in coerenza con i principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità secondo i quali l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 153 c.p.c., comma 2, come novellato dalla L. n. 69 del 2009, opera anche con riguardo al termine per proporre impugnazione e richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà che presenti i caratteri dell’assolutezza e non della mera difficoltà vedi (Cass.3/12/2020 n. 27726, Cass. S.U. 4/12/2020 n. 27773);
l’inammissibilità del motivo rende superflua la disamina delle ultime due ragioni di censura (attinenti alla violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 8,artt. 112,113 e 156 c.p.c., D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 8 e 27, nonché del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5), logicamente assorbite;
3. in definitiva, deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
nulla va disposto per le spese del presente giudizio di cassazione, in quanto il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede;
si dà infine atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, quanto al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ivi previsto, se dovuto giacché le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale non sono annoverate tra quelle esentate dal contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 9 e 10 (vedi ex aliis, Cass. 8/2/2017 n. 3305).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 26 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021
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