LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20424-2019 proposto da:
R.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLLINENSE 16, presso lo studio dell’avvocato ANGELA COLACURCIO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIO CECERE, CHRISTIAN CECERE;
– ricorrente –
contro
BPER BANCA SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 360/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 25/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 18/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO PORRECA.
CONSIDERATO
che:
R.S. si opponeva a procedimenti esecutivi immobiliari riuniti, instaurati sulla base di titoli giudiziali definitivi, deducendo, per quanto qui ancora rileva, l’esistenza di molteplici rapporti contrattuali con il creditore intervenuto Banca Popolare dell’Irpinia, poi Banca della Campania, s.p.a., in base alla ricostruzione dei quali eccepiva la compensazione dei crediti sottesi all’intervento in parola;
il Tribunale rigettava l’opposizione dichiarando, in particolare, inammissibile la proposta istanza istruttoria ex art. 210 c.p.c., avente ad oggetto la documentazione bancaria, stante la mancata prova dell’inerzia o del rifiuto della banca, e la genericità della stessa;
la Corte di appello dichiarava inammissibile il gravame, osservando in specie, che l’eccezione di compensazione giudiziale, così qualificata già dal Tribunale, era risultata infondata per mancanza di documentazione a supporto, non essendo utilizzabile quella acquisita autonomamente dal consulente contabile nominato in prime cure, e, conclusivamente, poiché il rigetto dell’istanza di esibizione era stato censurato solo quanto alla pretesa mancata prova dell’inerzia o del rifiuto della banca, ma non quanto alla pure rilevata genericità;
avverso questa decisione ricorre per cassazione R.S. articolando due motivi, corredati da memoria.
RITENUTO
che:
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del testo unico bancario, art. 119,artt. 112 e 116 c.p.c., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che nei rapporti tra correntista e banca l’istanza di esibizione non avrebbe dovuto essere assoggettata ai limiti di cui all’art. 210 c.p.c., ma alla maggiore ampiezza della normativa speciale evocata, essendo sufficiente, al riguardo, la prova del rapporto bancario, nel caso pacifica;
con il secondo motivo si prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso poiché il Tribunale avrebbe mancato di constatare che nella citazione in appello era stato dedotto che non avrebbe potuto ritenersi necessaria un’istanza formale alla banca, per ottenere copia degli estratti, formulata in modo espresso e tecnico, così come nell’originaria opposizione si era chiesta la verifica degli estratti conto e, dunque, chiaramente, come osservato dallo stesso Tribunale, della documentazione relativa ai rapporti in essere;
Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
Rilevato che:
i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati;
la Corte di appello ha osservato che il rigetto della decisiva istanza istruttoria ex art. 210 c.p.c., pronunciato in primo grado, era fondato su duplice “ratio decidendi” – quella della mancata prova dell’inerzia o del rifiuto della banca alla consegna della documentazione rilevante, e quella della genericità dell’istanza stessa – di cui la seconda non censurata;
in questo quadro, la deduzione di violazione del testo unico bancario, art. 119, risulta preclusa dal giudicato interno;
per superare il profilo ostativo parte ricorrente articola la seconda censura che però si rivela inidonea, posto che, nella cornice di quanto riportato nel ricorso ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, richiama per un verso deduzioni dell’originaria opposizione, mentre il rilievo della Corte di appello afferisce alle censure di seconde cure, e, per altro verso, riporta il gravame di merito in una parte in cui, per converso, discorre dell’istanza rivolta alla banca (pag. 10 del ricorso, ripresa in memoria) e non al giudice perché pronunciasse l’ordine istruttorio verso l’istituto di credito;
per quanto appena osservato non può venire in gioco la giurisprudenza di questa Corte, richiamata in memoria, concernente in specie in rapporti tra l’art. 210 c.p.c., e il testo unico bancario, art. 119;
non deve provvedersi sulle spese stante la mancata difesa di parte intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tane da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 18 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021