Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.28748 del 18/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35495-2019 proposto da:

CONGREGAZIONE DELLE FIGLIE DI GESU’, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 77, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA BARNESCHI, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO LATTANZI;

– ricorrenti –

COMUNE DI CARRARA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato LESSONA STUDIO LEGALE, rappresentato e difeso dagli avvocati MARINA VANNUCCI, SONIA FANTONI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 646/6/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositata il 15/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 22/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CROLLA COSMO.

CONSIDERATO IN FATTO

1. La Congregazione delle Figlie di Gesù (di seguito denominato per brevità “Ente religioso”) proponeva distinti ricorsi davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Carrara avverso gli avvisi di accertamento con il quale veniva richiesto alla contribuente dal Comune di Carrara il pagamento dell’ICI, relativa agli anni di imposta 2009 e 2010, per il possesso di quattro immobili.

2. La Commissione Tributaria Provinciale, riuniti i ricorsi, dopo aver dato atto dell’annullamento in autotutela degli accertamenti concernenti le unità immobiliari di ***** e *****, accoglieva i ricorsi.

3. La sentenza veniva impugnata dall’Ente comunale e la Commissione Regionale della Lombardia accoglieva parzialmente l’appello rilevando che era stata fornita la prova dell’utilizzazione degli immobili per i fini di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), solo con riferimento al fabbricato di ***** che, quindi, era esente dall’applicazione dell’imposta.

4. Avverso la sentenza della CTR l’Ente religioso ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a tre motivi. Il Comune si è costituito depositando controricorso e ricorso incidentale.

5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo, secondo e terzo motivo di impugnazione la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i) e del D.L. n. 205 del 2003, art. 7, comma 2 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si sostiene che erroneamente la CTR abbia ritenuto la natura commerciale dell’attività didattica svolta nell’immobile di ***** in quanto le rette versate dagli alunni non coprivano neanche i costi sostenuti dall’Istituto per lo svolgimento delle attività

2. I motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la loro intima connessione, sono infondati.

2.1 La norma di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i), è stata oggetto di ripetuti interventi legislativi, e precisamente, per quanto in questa sede interessa: a) L. 2 dicembre 2005, n. 248 (di conversione del D.L. 30 settembre 2005, n. 203), che ha inserito nel D.L. convertito, art. 7, il comma 2 bis del seguente tenore testuale: “l’esenzione disposta dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse”; b) L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 2, comma 133, che, a sua volta, ha aggiunto, in fine al comma 2 bis detto, il seguente periodo: “con riferimento ad eventuali pagamenti effettuati prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto non si fa comunque luogo a rimborsi e restituzioni di imposta”; c) D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 39 (convertito in L. 4 agosto 2006, n. 248), specificamente rubricato modifica della disciplina di esenzione dall’ICI, che, infine, ha sostituito il riprodotto testo originario del comma 2bis con il seguente: “l’esenzione disposta dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale”.

2.2 Con riferimento all’avverbio “esclusivamente” la Circolare ministeriale 26 gennaio 2009, n. 2/DF, ha chiarito che un’attività o è commerciale o non lo è non essendo possibile individuare una terza categorie sicché tale inciso deve essere riferito non alla natura dell’attività, ma alle specifiche modalità di esercizio di tale attività; in sostanza le attività svolte negli immobili non dovrebbero essere disponibili sul mercato oppure dovrebbero essere svolte per rispondere a bisogni rilevanti che non sono sempre soddisfatti dalle strutture pubbliche né dagli operatori privati commerciali.

2.3 Ciò premesso, risultando pacifico il presupposto soggettivo per poter usufruire dell’esenzione costituito dalla natura non commerciale dell’ente religioso, la contestazione è sulla sussistenza dell’elemento oggettivo e cioè se l’unità immobiliare di ***** fosse destinata esclusivamente allo svolgimento di una delle attività tassativamente elencate dalla norma e che dette attività non debbano essere gestite con modalità commerciali.

2.4 Va precisato che, con riferimento alle disposizioni, applicabili anche alla Tasi, che regolamentano l’esenzione ICI, di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), deve tenersi conto della decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, secondo cui tale disposizione, nelle sue formulazione succedutesi nel tempo, concretizza un aiuto di Stato in violazione del diritto dell’Unione, sicché anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè offrire beni o servizi sul mercato; la Commissione ha osservato che anche laddove un’attività abbia una finalità sociale, questa non basta da sola a escluderne la classificazione di attività economica. E’ necessario, quindi, al fine dell’esclusione del carattere economico dell’attività, che quest’ultima sia svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un importo simbolico.

2.5 Vanno pertanto considerate irrilevanti ai fini tributari le finalità solidaristiche che connotano le attività ricettive religiose, essendo necessario verificare se l’attività ricettiva è rivolta ad un pubblico indifferenziato o, invece, a categorie predefinite e che il servizio non sia offerto per l’intero anno solare. Il fornitore di servizi e’, inoltre, tenuto ad applicare tariffe di importo ridotto rispetto ai prezzi di mercato e la struttura non deve funzionare come un normale albergo (Cass. n. 7415, 19072 e 22227 del 2019).

2.6 Con specifico riferimento all’attività scolastica il D.M. Finanze 19 novembre 2012, n. 200, recante “Regolamento da adottare ai sensi del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 91-bis, comma 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27 e integrato dal D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, art. 9, comma 6”, dispone, all’art. 4, comma 3, lett. c), che, ai fini dell’esenzione di cui è causa, l’attività didattica deve essere “svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione”.

2.7 Va, inoltre, precisato che secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, essendo le norme agevolatrici derogative di principi generali e, quindi, di stretta interpretazione (art. 14 preleggi), incombe al contribuente, l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti oggettivi dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti non sia svolta con le modalità di una attività commerciale. (Cass. n. 6711 del 2015; Cass. n. 7415 del 2019).

2.8 L’impugnata sentenza è in linea con la normativa e i principi giurisprudenziali sopra indicati in quanto, ha accertato che nell’immobile di ***** si svolgeva attività didattica con pagamento di rette scolastiche da parte degli utenti in misura congrua e comunque non per importi simbolici ma sufficienti a coprire oltre la metà dei costi complessivi.

2.9 La circostanza che la gestione operi in perdita è stata ritenuta irrilevante da questa Corte in quanto ” la nozione di imprenditore, ai sensi dell’art. 2082 c.c., va intesa in senso oggettivo, dovendosi riconoscere il carattere imprenditoriale all’attività economica organizzata che sia ricollegabile ad un dato obiettivo inerente all’attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, che riguarda il movente soggettivo che induce l’imprenditore ad esercitare la sua attività e dovendo essere, invece, escluso il suddetto carattere imprenditoriale dell’attività nel caso in cui essa sia svolta in modo del tutto gratuito, dato che non può essere considerata imprenditoriale l’erogazione gratuita dei beni o servizi prodotti. Peraltro, ai fini dell’industrialità dell’attività svolta (art. 2195 c.c., comma 1), per integrare il fine di lucro è sufficiente l’idoneità, almeno tendenziale, dei ricavi a perseguire il pareggio di bilancio; né ad escludere tale finalità è sufficiente la qualità di congregazione religiosa dell’ente” (Cass. n. 14225/2015 16612/ 2008).

3. Con il motivo di ricorso incidentale l’Ente comunale denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), e del D.L. n. 205 del 2003, art. 7, comma 2 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; si argomenta che, in relazione all’immobile di *****, la CTR non ha in concreto e con rigore verificato l’assenza dell’attività di natura economica dell’attività scolastico-didattica dell’Ente religioso.

3.1 Il motivo è infondato.

3.2 La CTR ha ritenuto provato, attraverso un articolo comparso sulla rivista Filo d’Oro, l’utilizzo dell’immobile con finalità assistenziali mediante la messa a disposizione, in via gratuita, da parte dell’Ente ecclesiastico dello stabile di ***** alle famiglie bisognose e alle famiglie non in grado si concedersi un periodo di riposo e di mare. Hanno anche precisato i giudici di secondo cure che tale circostanza non è stata contestata dal Comune.

3.3 Si tratta di accertamenti e valutazioni degli elementi probatori sindacabili in questa sede entro i ristretti limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e non attraverso la censura di violazione di legge.

4. I ricorsi principale ed incidentale vanno, quindi, rigettati, 5. Le spese vanno compensate tra le parti avuto riguardo all’esito del giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso principale e quello incidentale;

dispone compensarsi tra le parti le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2021

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