LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35467-2019 proposto da:
T.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Barnaba Oriani 85 presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Tamberi, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Mario Tamberi;
– ricorrente –
contro
C.S.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 938/2018 del Tribunale di Grosseto, depositata il 08/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/05/2021 dal Consigliere Annamaria Casadonte
RILEVATO
che:
– l’avvocato T.M. ha impugnato la sentenza del Tribunale di Grosseto che quale giudice d’appello ha confermato il rigetto delle domande di inibizione della turbativa e delle molestie rumorose e di risarcimento dei danni per il pregiudizio derivato ai sensi degli artt. 844 e 2043 c.c. formulate nei confronti di C.S. ed asseritamente derivanti da lavori di ristrutturazione dalla stessa svolti nell’appartamento all’ultimo piano dello stabile di cui il T. è pure condomino;
– il giudice d’appello ha ritenuto, sulla scorta dell’istruttoria svolta ed articolata essenzialmente sui testimoni, che non era stato dimostrato che le immissioni derivanti dagli incontestati lavori di ristrutturazione posti in essere dalla C. superavano il limite della normale tollerabilità nei termini giuridicamente rilevanti e definiti secondo il criterio c.d. comparativo-differenziale richiamato nella pronuncia;
– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta con ricorso affidato a due motivi;
– non ha svolto attività difensiva l’intimata C.;
– la relatrice ha formulato ex art. 380 bis c.p.c. proposta di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO
che:
– il primo motivo con cui si deduce la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia e conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c. è inammissibile;
– secondo il ricorrente, il giudice d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla questione relativa al mancato rispetto dell’obbligazione assunta dalla C. di non effettuare lavori rumorosi nelle prime ore pomeridiane, condotta che integrava un profilo d’inadempimento contrattuale;
-si tratta tuttavia di una critica che, involgendo un error in procedendo consente al collegio di verificare se l’accertamento in questione era stato chiesto dal ricorrente con l’atto di citazione originario;
– dall’esame di detto atto, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente nell’appello avverso la pronuncia del Giudice di pace, non risulta formulata “la domanda di adempimento dell’obbligazione asseritamente assunta e per la decisione della quale non rivestiva alcuna rilevanza l’intensità e la tollerabilità dei rumori dovendo valutarsi solo l’esistenza dell’impegno ed il suo mancato adempimento”;
– le conclusioni dell’atto di citazione contemplano la domanda di condanna della convenuta all’immediata cessazione della turbativa e delle molestie rumorose descritte nella narrativa dell’atto nonché la condanna al risarcimento dei danni-biologici, morali e patrimoniali, subiti e subendi dall’attore, liquidandoli in via equitativa; in subordine l’attore ha chiesto nel caso in cui il giudice ritenga tollerabili le menzionate immissioni, la condanna della convenuta al pagamento di un equo indennizzo oltre alle spese di lite;
– come si comprende, nessuna domanda di accertamento dell’inadempimento contrattuale connesso ad una “diffida” ovvero all’obbligazione asseritamente assunta dalla C. è formulata in citazione con la conseguenza che non è configurabile il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice di appello in relazione ad una domanda nuova, giacché la proposizione di una domanda inammissibile non determina l’insorgere di alcun potere-dovere del giudice adito di pronunciarsi su di essa (cfr. Cass. 7951/2010; id. 6094/2006; id.10489/2009);
– il secondo motivo con cui si denuncia la nullità della sentenza per mancata valutazione di prove testimoniali con conseguente violazione dell’art. 115 c.p.c. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 costituito dall’intollerabilità delle immissioni è parimenti inammissibile;
– come osservato da questa Corte nella sentenza delle Sezioni Unite civili n. 20867/2020 in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio);
– ebbene nel caso di specie il giudice di appello ha esaminato le risultanze probatorie con particolare riguardo alle deposizioni testimoniali e, nell’esercizio del discrezionale potere di apprezzamento, incensurabile nella forma articolata dal ricorrente, le ha ritenute insufficienti a provare l’intollerabilità delle immissioni, fatto costitutivo della domanda che in quanto tale è stato, diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, specifico oggetto dell’accertamento giudiziale;
– in conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile;
– nulla va disposto sulle spese atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata;
– sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile-2, il 19 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2021