Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.29903 del 25/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25890/2016 proposto da:

I.S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, V. MONTE SENARIO 8, presso lo studio dell’avvocato LUCA LA MARCA, rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO CUTRERA, giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

R.L.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AVICENNA 97, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO ROSSI, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO LO BIANCO, giusta procura in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1240/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 18/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/06/2021 dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO.

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la vicenda giudiziaria, per quale che ancora residua d’utilità, può riassumersi nei termini seguenti:

– il Tribunale di Nicosia, all’esito della svolta istruttoria, che aveva visto l’espletamento di due consulenze tecniche, dispose la divisione d’una area di sedime in proprietà dell’attore I.S.G. e dal convenuto R.L.A., previa determinazione delle quote (60,44% per l’ I. e il 39,56% per il R.), assegnandola per intero al primo, con obbligo di pagamento del conguaglio, quantificato in Euro 11.452,81, al secondo;

– la Corte d’appello di Caltanissetta rigettò l’appello principale del R. e quello incidentale dell’ I.;

– la Corte di cassazione, con la sentenza n. 6993/2010, accolto per come in motivazione il ricorso di R.A.L., cassò con rinvio l’impugnata sentenza;

– la sentenza di legittimità, accogliendo per quanto di ragione il primo e il secondo motivo, rimise al Giudice del merito, di verificare a) la utilizzabilità delle aree, tenuto conto degli spazi da destinarsi inderogabilmente a parcheggio; b) “la realizzabilità di una costruzione a carattere commerciale su via Roma (e quindi nella porzione dell’ I.)”; c) la concreta divisibilità dell’area, che, secondo le conclusioni peritali, avrebbe dato vita a “due distinte sfere di operatività, legate a due manufatti, l’uno volto a scopi residenziali e l’altro a fini commerciali”;

– la Corte d’appello di Palermo in sede di rinvio, con la sentenza di cui in epigrafe, dispose lo scioglimento della comunione, con attribuzione dell’area di sedime di cui si discute ad R.L.A., con obbligo per costui di corrispondere a I.S.G. il conguaglio, quantificato in Euro 4.441,00;

– avverso quest’ultima decisione insorge nuovamente l’ I., con ricorso fondato su unitaria censura, ulteriormente illustrata da memoria, e il R. resiste con controricorso;

– venuto il processo all’adunanza camerale del 4 febbraio 2021, perveniva istanza di I.S.T., il quale, premesso che il padre, I.S.G., era deceduto il *****; che costui, in quanto avvocato, era difensore di se stesso in uno all’avv. Guido Corso; che quest’ultimo aveva rinunziato al mandato; che egli aveva accettato l’eredità paterna con beneficio d’inventario, chiedeva che la causa fosse rinviata, così da consentirgli la nomina di un nuovo difensore;

– in accoglimento dell’istanza la causa veniva rinviata a nuovo ruolo;

– rimessa la stessa in trattazione all’adunanza camerale dell’8 giugno 2021, a firma dell’avv. Claudio Cutrera, il quale dichiarava di essere difensore di I.S.T., venivano depositati certificato di morte di I.S.G. e atto di accettazione con beneficio d’inventario del figlio;

considerato che la denunzia del decesso del ricorrente non è foriera di conseguenze processuali, essendo ignoto al giudizio di legittimità l’istituto dell’interruzione per morte della parte (ex multis, da ultimo, Sez. L., n. 1757, 28/1/2016);

considerato, in via di preliminarietà, doversi affermare la tempestività del ricorso, così disattendendosi l’eccezione mossa sul punto dal controricorrente, valendo quanto segue:

– non risponde al vero l’affermazione del ricorrente, secondo la quale la sentenza d’appello resa in sede di rinvio non gli sarebbe stata notificata, poiché dagli atti messi a disposizione dal controricorrente consta che indubitabilmente lo fu giorno 2 settembre 2016;

– tuttavia, la notifica del ricorso, effettuata il 4 novembre 2016, non può dirsi tardiva per la ragione che il notificante, esperito un primo tentativo, andato a vuoto, il 27 ottobre 2016, per trasferimento del destinatario, con tempestività riavviò il procedimento di notificazione, portato a compimento, come si è anticipato, il 4 novembre successivo (cfr., da ultimo, Cass. n. 17577/2020);

ritenuto che il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 720,1116 e 1118 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, assumendo che la Corte d’appello, pur avendo accertato che la quota del R. ammontava a 401,56 millesimi, mentre quella del ricorrente a 598,844 millesimi, aveva reputato che l’immobile, non comodamente divisibile, andasse assegnato al quotista minoritario, sul presupposto che la maggiore caratura millesimale spettante all’ I. non corrispondeva a un maggior valore di trasformazione del bene, nel mentre, per il ricorrente, “a seguito della demolizione dell’edificio, non esiste nell’area, una proprietà Ira ci e non esiste una proprietà R. fra loro distinte: esiste un bene indiviso fra due comproprietari ciascuno dei quali è titolare di una quota ideale “proporzionale al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene”;

considerato che la doglianza non merita di essere accolta, valendo quanto segue:

a) l’art. 720 c.c., non impone l’assegnazione del bene non comodamente divisibile al quotista maggioritario, ma ciò configura come ipotesi che può essere motivatamente disattesa, in quanto il giudice ha il potere discrezionale di derogare il criterio, indicato nell’art. 720 c.c., della preferenziale assegnazione al condividente titolare della quota maggiore, purché assolva all’obbligo di fornire adeguata e logica motivazione della diversa valutazione di opportunità adottata (Sez. 2, 24053, 25/09/2008, Rv. 605510; conf., ex multis, Cass. nn. 22857/2009, 11641/2010, 16376/2014, 24832/2018);

b) l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (si rimanda alla sentenza delle S.U. n. 8053/2014); non residuano spazi per ulteriori ipotesi di censure che investano il percorso motivazionale, salvo, appunto, l’ipotesi, che qui non ricorre, del difetto assoluto di motivazione;

c) appare, quindi, evidente che la critica mossa alla decisione col ricorso qui al vaglio è inammissibilmente diretta al riesame del merito, addebitandosi alla motivazione del Giudice del riesame l’errata valutazione delle circostanze di fatto, per avere tenuto conto della situazione antecedente alla demolizione dell’immobile, quindi contestando, al più, un vizio della motivazione, ma giammai la sua inesistenza o mera apparenza;

d) le circostanze addotte dal ricorrente risultano in questa sede insondabili per difetto di specificità sotto il profilo dell’autosufficienza;

e) quanto alle dedotte violazioni di norme sostanziali deve osservarsi che piuttosto palesemente la critica, nella sostanza, risulta inammissibilmente diretta al controllo motivazionale, in spregio al contenuto dell’art. 360 c.p.c., vigente n. 5, in quanto, la deduzione del vizio di violazione di legge non determina, per ciò stesso, lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, occorrendo che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (da ultimo, S.U. n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459);

considerato che il ricorrente va condannato a rimborsare le spese in favore del controricorrente, tenuto conto del valore, della qualità della causa e delle attività svolte, siccome in dispositivo;

che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2021

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