Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.30389 del 27/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37261-2019 proposto da:

A.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO n. 9, presso lo studio dell’avvocato MUCCARI PIERLUIGI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6752/23/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata il 10/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI RAFFAELE.

RILEVATO

che A.C. propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza CTR Campania, di accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso una sentenza CTP Napoli, che aveva accolto il suo ricorso avverso un avviso di accertamento IRPEF, IVA ed IRAP 2012, di recupero a tassazione dei costi relativi alle fatture emesse nei suoi confronti dalla ditta “NAPOLI MA.MA.”, titolare della gestione della promozione pubblicitaria della “SSD NAPOLI FSM SCAFATI A R.L.”, per sponsorizzazioni di eventi sportivi, essendosi la ditta anzidetta impegnata a diffondere il marchio dello studio legale, di cui la ricorrente era titolare; la CTR ha ritenuto che la ricorrente avesse omesso di provare la congruità delle spese di sponsorizzazione sostenute rispetto ai propri ricavi ed agli utili conseguiti.

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 53, 54 e 109, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto l’Agenzia delle entrate aveva fondato i propri rilievi sul fatto che solo una minima parte delle prestazioni di sponsorizzazione rese dalla ditta “NAPOLI MA.MA.” erano state giustificate, mancando alcun valido riscontro circa le prestazioni relative alla registrazione degli eventi sportivi trasmessi all’interno della trasmissione televisiva “Punto 5”, in onda sulle emittenti televisive locali; era stata prodotta documentazione attestante l’effettività delle operazioni di sponsorizzazione fatturate; e la sentenza impugnata, più che contestare l’effettività dei costi, aveva erroneamente escluso l’inerenza dei costi di sponsorizzazione da essa sostenuti; invero il giudizio sull’inerenza prescindeva da valutazioni di tipo utilitaristico, non potendosi ritenere che le spese di sponsorizzazione sostenute fossero deducibili solo se avessero arrecato qualche vantaggio economico o qualche utilità all’attività professionale dello studio legale, di cui era titolare; al contrario, per la deducibilità dei costi di sponsorizzazione era sufficiente che essi fossero intrinsecamente connessi all’attività professionale svolta; essa ricorrente aveva sopportato le spese di sponsorizzazione contestate allo scopo di implementare e mutare la tipologia di clientela, come in effetti era avvenuto; e l’ingerenza dell’ufficio non poteva spingersi fino a valutare le strategie commerciali dell’imprenditore, essendo le stesse di esclusiva competenza di quest’ultimo e potendo le medesime essere messe in discussione dall’ufficio solo in caso di macroscopica antieconomicità; il che nella specie non era ravvisabile; d’altra parte la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 8, prevedeva una sorta di presunzione assoluta di inerenza e quindi di deducibilità per le spese di sponsorizzazione sostenute a fronte di corrispettivi erogati a favore di società sportive dilettantistiche fino alla soglia di Euro 200.000;

che l’Agenzia delle entrate non si è costituita;

che la ricorrente ha altresì presentato memoria;

che l’unico motivo di ricorso proposto dalla contribuente è infondato, avendo la CTR correttamente applicato i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di deducibilità dei costi di sponsorizzazioni (cfr. Cass. n. 27391 del 2020; Cass. n. 25021 del 2018; Cass. n. 10914 del 2015);

che occorre invero distinguere fra le spese di rappresentanza, cioè quelle sostenute per iniziative finalizzate ad accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa ed a potenziarne la possibilità di sviluppo, e le spese pubblicitarie o di propaganda (nel cui ambito rientrano le spese di sponsorizzazione), che sono quelle erogate per pubblicizzare prodotti, marchi e servizi, in vista di una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale; ora, nella specie, non è dubbio che il contratto di sponsorizzazione intercorso fra la ricorrente e la ditta “NAPOLI MA.MA.”, consistito nella pubblicizzazione dello studio legale di cui la ricorrente era titolare nel corso di eventi sportivi trasmessi nella trasmissione televisiva “Punto 5”, in onda su alcune emittenti locali, aveva la finalità di conseguire un incremento della platea dei propri clienti; ed in tal caso la più recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 33346 del 2019; Cass. n. 22165 del 2017) è ferma nel ritenere che incombe sul contribuente l’onere di provare l’esistenza e la coerenza economica dei costi di pubblicità sostenuti con i propri ricavi ed utili e che occorre esaminare il complessivo quadro probatorio, al fine di verificare non solo l’esistenza o meno delle operazioni fatturate, ma anche il loro ritorno commerciale rispetto all’attività sponsorizzata;

che, nella specie, la CTR ha applicato i principi di diritto sopra evidenziati, avendo rilevato:

– che non vi fosse alcuna certezza della data del contratto di sponsorizzazione intercorso con la ditta “NAPOLI MA.MA.”, che aveva emesso le fatture di sponsorizzazione disconosciute;

– che i costi di sponsorizzazione non fossero stati determinati nel loro preciso ammontare e fossero altresì privi di documentazione a supporto;

-che la ricorrente non avesse ottemperato all’onere probatorio su di essa incombente, di provare l’effettiva inerenza di dette spese pubblicitarie, sotto lo specifico profilo del concreto vantaggio che ne avrebbe potuto conseguire in termini di ampliamento della clientela e di incremento dei ricavi;

che la sentenza impugnata ha pertanto rilevato:

I) -la mancanza di data certa del contratto di sponsorizzazione;

II) -la mancata precisa determinazione dei costi di sponsorizzazione, nel senso che, pur essendo state specificate le otto fatture, ciascuna di importo di Euro 8.500, che l’azienda sponsor avrebbe emesso nei confronti della ricorrente, non è chiara quale attività di sponsorizzazione l’azienda sponsor ha svolto a fronte di ciascuna di dette otto fatture;

III) -la mancata prova, da parte della ricorrente, del ritorno economico delle spese di sponsorizzazione sostenute, per avere la stessa conseguito, nei tre anni successivi a quello oggetto dell’accertamento (2011) una significativa riduzione del reddito netto conseguito (reddito netto conseguito nel 2011 pari ad Euro 155.176,00; reddito netto conseguito nel 2012 pari ad Euro 88.148,00; reddito netto conseguito nel 2013 pari ad Euro 102.896,00; reddito netto conseguito nel 2014 pari ad Euro 58.348,00); che detti tre rilievi, valutati unitariamente, non consentono di ritenere effettiva e validamente eseguita l’attività di sponsorizzazione, di cui alle fatture disconosciute dall’Agenzia delle entrate, sicché la censura proposta dalla ricorrente attinge solo in parte la ratio decidendi che ha sostenuto la decisione impugnata, erroneamente ipotizzando che il giudice di merito si sia limitato a fondare la decisione sul solo requisito dell’inerenza, tralasciando, invece, gli altri elementi che il giudice di appello ha analiticamente richiamato per giustificare il rigetto dell’impugnazione proposta dal contribuente;

che da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, quantificate come in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis.

PQM

la Corte respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del presente giudizio, quantificate in Euro 5.000,00, oltre alle spese generali nella misura forfettaria del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2021

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