LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINI Umberto – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24924-2015 proposto da:
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– ricorrente principale –
contro
V.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO AMERICO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati IRMA CALDERONE, FILIPPO AIELLO;
– controricorrente – ricorrente incidentale –
avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 14/04/2015 R.G.N. 194/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/02/2021 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.
RILEVATO
CHE:
1. il Tribunale di Firenze, con sentenza del 15.1.2014, accertato che V.T., assunta a tempo determinato dopo avere superato apposita procedura selettiva, era in possesso dei presupposti per accedere alla procedura di stabilizzazione presso la Scuola Superiore della P.A., con inquadramento nel profilo C1 del CCNL Autonomie Locali, (tre anni di servizio di natura subordinata maturati nel 2008, in forza di contratti a termine stipulati prima del settembre 2006 ed ancor prima assunzione a termine all’esito di apposita selezione), accoglieva la domanda della predetta ad essere stabilizzata con instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato dal 1.1.2010, con conseguente ricostruzione di carriera ad ogni fine e condanna generica del Ministero dell’Interno al pagamento delle differenze retributive.
1.1. lo stesso Tribunale rigettava, invece, la domanda di risarcimento del danno, sul rilievo che, prima della stabilizzazione, vi era stato un unico contratto di somministrazione dal r.7.2005 al 31.12.2005 e che gli ulteriori contratti di somministrazione erano intervenuti in periodo coperto dalla stabilizzazione, ciò che rendeva incompatibile il risarcimento del danno per mancata conversione del contratto a termine in somministrazione invalido con il contemporaneo status di dipendente a tempo indeterminato;
2. la Corte d’appello di Firenze, con ordinanza depositata il 14.4.2015, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., statuiva nel senso che l’appello principale del Ministro dell’Interno e quello incidentale della V. non avevano ragionevole possibilità di accoglimento, ripercorrendo le argomentazioni del Tribunale;
3. il Ministero dell’Interno propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Firenze, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste con controricorso la V., che propone ricorso incidentale condizionato.
CONSIDERATO
CHE:
1. con il primo motivo, il Ministero denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, commi 519 e 526 nonché del D.L. n. 78 del 2009, art. 17, comma 15;
2. con il secondo motivo, denunziando il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 1, deduce il difetto di giurisdizione del G.0.;
3. con il terzo motivo, lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2096 c.c.;
4. premesso che deve ritenersi preclusa la questione di giurisdizione in sede di legittimità, essendosi formato il giudicato implicito (cfr. Cass. 28.1.2011 n. 2067, Cass. 29.11.2017 n. 28503, Cass. 27.4.2018 n. 10265, Cass. 22.5.2019 n. 13750, quest’ultima riferita alla mancata trascrizione dei motivi di appello con cui si contestava eventualmente la decisione di primo grado sotto il profilo della giurisdizione), va rilevata l’impossibilità di proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della Corte di appello nei casi in cui la parte soccombente in primo grado, il cui appello sia stato dichiarato inammissibile ex artt. 348 bis e ter c.p.c., intenda dedurre ragioni d’impugnazione attinenti al merito della controversia;
5. invero, in questo caso l’impugnabilità della cd. “ordinanza filtro” è esclusa dall’art. 348 ter c.p.c., comma 3 il quale prevede che, dichiarato inammissibile l’appello, è la sentenza di primo grado a potere essere impugnata con ricorso in Cassazione;
6. avverso l’ordinanza pronunciata dal giudice d’appello ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c. è sempre ammissibile ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, limitatamente ai vizi propri della medesima costituenti violazioni della legge processuale che risultino compatibili con la logica (e la struttura) del giudizio sotteso all’ordinanza in questione (cfr. Cass., s. u., 2 febbraio 2016 n. 1914), laddove la ricorribilità diretta per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., senza che possa trovare applicazione l’art. 348-ter c.p.c., comma 3 è stata prevista avverso il provvedimento con il quale il giudice, pur dichiarando l’inammissibilità dell’impugnazione ai sensi degli artt. 348-bis e 348-ter c.p.c., rilevi l’inesattezza della motivazione della decisione di primo grado e sostituisca ad essa una diversa argomentazione in punto di fatto o di diritto, che, sebbene avente la veste formale di ordinanza, ha contenuto sostanziale di sentenza di merito (Cass. 23 giugno 2017 n. 15644);
7. nella specie non ricorre alcuna delle situazioni riconducibili alle ipotesi da ultimo richiamate;
8. pertanto, il ricorso principale va dichiarato inammissibile ed il ricorso incidentale è assorbito;
9. le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo (valore dichiarato indeterminabile);
10. Pur essendo stato il ricorso notificato in data successiva a quella di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 del 2012) non sussistono i presupposti – che ricorrono anche in ipotesi di declaratoria di inammissibilità del ricorso (cfr. Cass., Sez. Un., n. 22035/2014) – per il versamento da parte del Ministero di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, ex D.P.R. n. 115 del 2002, art 158, comma 1, in tema di spese prenotate a debito.
PQM
dichiara l’inammissibilità del ricorso principale, assorbito quello incidentale.
Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese generali in misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R..
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2021