Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.30756 del 29/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14172/2019 R.G., proposto da:

M.E., rappresentata e difesa dall’Avv. Raimondo Fulcheri e dall’Avv. Stefano Fulcheri, con studio in Biella, elettivamente domiciliata preso l’Avv. Marina Milli, con studio in Roma, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;

– controricorrente –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 26 ottobre 2018 n. 4554/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, convertito nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, con le modalità stabilite dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) del 13 luglio 2021 dal Dott. Lo Sardo Giuseppe.

RILEVATO

che:

M.E. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 26 ottobre 2018 n. 4554/07/2018, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento per l’IRPEF relativa all’anno 2010, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano il 3 maggio 2016 n. 3855/43/2016, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di prime cure sul presupposto che la contribuente avesse conseguito un reddito dalla plusvalenza realizzata con la vendita – insieme ai rimanenti comproprietari – di un terreno con sovrastante fabbricato da demolire, trattandosi di trasferimento pro quota di un’area edificabile. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta formulata dal relatore è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

CONSIDERATO

che:

Con unico motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1, lett. b, e art. 68, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che la vendita del terreno con sovrastante fabbricato da demolire avesse, in realtà, per oggetto l’area edificabile di risulta, in relazione alla quale si era già proceduto alla presentazione della d.i.a. presso il Comune di Monza per la demolizione del vecchio fabbricato e la costruzione di un nuovo fabbricato, costituendo reddito da plusvalenza ai fini delle imposte dirette.

Ritenuto che:

1. Il motivo è fondato.

1.1 La disposizione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1, lett. b, e art. 68, che assoggetta a tassazione, quali “redditi diversi”, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, non è applicabile alle cessioni aventi ad oggetto, non un terreno “suscettibile di utilizzazione edificatoria”, ma un terreno sul quale insorge un fabbricato e che, quindi, è da ritenersi già edificato; l’entità sostanziale del fabbricato non può essere mutata in terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni derivate da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, e, soprattutto, la cui realizzazione (nel caso di specie, attraverso la demolizione del fabbricato) è futura (rispetto all’atto oggetto di tassazione), eventuale e rimessa alla potestà di soggetto diverso (l’acquirente) da quello interessato dall’imposizione fiscale (Cass., Sez. 5, 21 febbraio 2014, n. 4150; Cass., Sez. 5, 9 luglio 2014, n. 15629; Cass., Sez. 5, 12 novembre 2016, n. 7853; Cass., Sez. 6-5, 23 gennaio 2018, n. 1674; Cass., Sez. 6-5, 12 aprile 2019, n. 10393; Cass., Sez. 6-5, 6 settembre 2019, n. 22409; Cass., Sez. 5, 22 ottobre 2020, n. 23077; Cass., Sez. 6"-5, 8 febbraio 2021, n. 3006; Cass., Sez. 5, 16 marzo 2021, n. 7377; Cass., Sez. 6-5, 19 marzo 2021, n. 7917; Cass., Sez. 5, 12 maggio 2021, n. 12528; Cass., Sez. 5, 10 giugno 2021, n. 13674).

Tanto vale anche qualora l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e la ricostruzione dell’immobile e, successivamente alla compravendita, l’acquirente abbia richiesto la voltura nominativa dell’istanza, in quanto la ratio ispiratrice della disposizione citata tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine non da un’attività produttiva del proprietario o possessore ma dall’avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica (Cass., Sez. 5, 9 luglio 2014, n. 15629; Cass., Sez. 6-5, 23 gennaio 2018, n. 1674; Cass., Sez. 6-5, 12 aprile 2019, n. 10393).

1.2 Ciò che rileva, dunque, ai fini dell’applicabilità della norma in esame, è la destinazione edificatoria originariamente conferita ad area non edificata, in sede di pianificazione urbanistica, e non quella ripristinata, conseguentemente ad intervento – su area già edificata – operata dal cedente o dal cessionario (Cass., Sez. 5, 21 febbraio 2019, n. 5088). Non e’, quindi, possibile porre a carico del venditore dell’edificio sorto su terreno (già) edificabile una (affermata) plusvalenza anche solo commisurata all’ulteriore capacità edificatoria non (ancora) sviluppata, perché si tratterebbe di porre su un soggetto diverso (il venditore) una tassazione che il legislatore ha fissato già in capo al compratore.

Ne’ si deve pensare che in tal modo il venditore si sottragga ai propri obblighi fiscali: infatti, nel prezzo di cessione dell’edificio, come nella rendita catastale, è computata anche la capacità edificatoria inespressa. Detta in altri termini, la norma in oggetto non intende colpire la capacità edificatoria residua (c.d. volumetria, cubatura o superficie coperta rimanente), bensì solo la plusvalenza nella cessione di un terreno a seguito della primigenia edificabilità prevista in sede di pianificazione urbanistica. Diversamente opinando sarebbero da considerare soggette a plusvalenza da cessioni di terreno edificabile tutte le alienazioni a titolo oneroso di edifici che non abbiano sviluppato integralmente la potenzialità edificatoria del lotto su cui insistono, poiché potrebbero sempre essere abbattuti e ricostruiti o semplicemente ampliati, a prescindere dall’intenzione delle parti (tra le tante: Cass., Sez. 5, 21 febbraio 2019, n. 5088; Cass., Sez. 6-5, 8 febbraio 2021, n. 3006).

1.3 Dalla ricognizione dei precedenti sul D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1, lett. b, se ne può concludere che: a) la distinzione fra edificato e non ancora edificato si pone in termini di alternativa esclusiva che in via logica non ammette un tertium genus; b) la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto su cui insiste; c) nella cessione di edificio, la pattuizione delle parti di demolire e ricostruire, anche con ampliamento di volumetria, non può essere riqualificata come cessione di terreno edificabile; d) il potere generale dell’amministrazione finanziaria di riqualificare un negozio giuridico in ragione dell’operazione economica sottesa trova un limite nell’indicazione precisa di carattere tassativo del legislatore, ove – nell’esercizio di discrezionalità politica che non trascende i limiti costituzionali di cui agli artt. 3 e 53 Cost. – ha previsto per la cessione di edifici un regime fiscale/temporale e per la cessione di terreni edificabili un diverso regime fiscale (Cass., Sez. 6-5, 8 febbraio 2021, n. 3006).

1.4 Peraltro, l’orientamento favorevole all’amministrazione finanziaria, che era maturato in materia di imposta di registro (Cass., Sez. 5, 19 agosto 2015, n. 16983; Cass., Sez. 5, 21 novembre 2014, n. 24799; Cass., Sez. 6-5, 9 gennaio 2018, n. 313), è ormai superato dai più recenti arresti (da ultima: Cass., Sez. 5, 22 aprile 2021, n. 10688), essendo approdata la riflessione giurisprudenziale ad una ricostruzione uniforme della fattispecie sia ai fini delle imposte dirette che ai fini delle imposte indirette.

1.5 Tale ripensamento si pone in linea con la giurisprudenza Eurounitaria, la quale ritiene che, tra gli elementi oggettivi pertinenti da prendere in considerazione ai fini della qualificazione di un’operazione data ai fini dell’IVA, figurano lo stato di avanzamento, alla data di cessione di un bene immobile composto da un terreno e da un fabbricato, dei lavori di demolizione o di trasformazione effettuati dal venditore, l’uso di tale proprietà alla stessa data nonché l’impegno del venditore alla realizzazione dei lavori di demolizione al fine di permettere una costruzione futura (Corte Giust., 12 luglio 2012, causa n. C-326/11, punto 34; Corte Giust., 17 gennaio 2013, causa n. C-543/11, punto 33). Per cui, si deve applicare il regime IVA previsto per le cessioni di fabbricati alla vendita di fabbricati demoliti solo in parte ed utilizzati ancora come fabbricati alla data della cessione, le cui opere di demolizione sono completate dall’acquirente; mentre, nel caso in cui, all’atto della cessione, la demolizione era solo iniziata e non completata, ma l’obbligo di demolizione sia stato assunto dal venditore, le operazioni di cessione e di demolizione formano un’operazione unica sotto il profilo IVA, avente ad oggetto non la cessione del fabbricato esistente e del suolo attiguo, ma quella di un terreno, indipendentemente dallo stato di avanzamento dei lavori di demolizione del vecchio fabbricato al momento dell’effettiva cessione del terreno (Corte Giust., 19 novembre 2009, causa n. C-461/08, punti 40, 41 e 44; Corte Giust., 4 settembre 2019, causa n. C-71/18, punti 42, 43, 61, 62 e 63). Per cui, un’operazione di cessione di un terreno che incorpora, alla data di tale cessione, un fabbricato non può essere qualificata come cessione di un “terreno edificabile” quando tale operazione è economicamente indipendente da altre prestazioni e non forma, con queste ultime, un’unica operazione, anche se l’intenzione delle parti era che il fabbricato fosse totalmente o parzialmente demolito per fare posto ad un nuovo fabbricato.

1.6 All’orientamento univoco della giurisprudenza di legittimità si è di recente uniformata la Circolare dell’Agenzia delle Entrate 29 luglio 2020, n. 23/E, che ha escluso, ai fini della tassazione delle plusvalenze, che la cessione di un edificio possa essere riqualificata come cessione del terreno edificabile, in tal modo, superando le indicazioni contenute nella Risoluzione della stessa Agenzia delle Entrate 22 ottobre 2008, n. 395/E, con la quale era stato precisato che la vendita a titolo oneroso di fabbricati ricadenti in un’area oggetto di un piano di recupero, approvato in via definitiva dal Comune, fosse riconducibile alla fattispecie della cessione di area edificabile, con conseguente plusvalenza tassabile indipendente dal periodo di possesso del cespite. L’amministrazione finanziaria, pertanto, ha ormai escluso che possa attribuirsi rilievo ad elementi di fatto, quali, ad esempio, l’avvenuto rilascio del permesso di demolizione e di ricostruzione, l’esistenza di un piano di recupero o di riqualificazione dell’area, o il prezzo di cessione del fabbricato superiore al valore venale dello stesso e che i richiamati elementi possano portare a qualificare la cessione di un fabbricato come una cessione di terreno, con conseguente tassazione della plusvalenza.

2. Nella specie, il giudice di appello non si è attenuto al principio enunciato, avendo ritenuto che la d.i.a. presentata dall’alienante per la demolizione del vecchio fabbricato e la costruzione di un nuovo fabbricato sul terreno alienato e l’esercizio professionale dell’attività edilizia da parte dell’acquirente fossero sintomatici della comune volontà delle parti di trasferire, in realtà, l’area risultante dalla futura demolizione, senza dar conto se la demolizione e la ricostruzione rientrassero o meno tra le pattuizioni intercorse tra le parti. Là dove, la testuale descrizione dell’oggetto della compravendita (secondo la trascrizione fattane alle pagine 6, 8 e 9 del ricorso, in ossequio al canone dell’autosufficienza) conferma la volontà comune di cedere ed acquistare fabbricati ed autorimesse con cortili e giardini pertinenziali, non rilevando l’eventuale presentazione della d.i.a. presso gli uffici comunali per la futura demolizione e ricostruzione sull’area di risulta.

3. Stante la fondatezza del motivo dedotto, dunque, il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 13 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2021

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