Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.31068 del 02/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29155/2017 preposto da:

MATERASSIFICIO MONTALESE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSENZA 8, presso lo studio dell’avvocato ANDREA SURATA, rappresentata e difesa dall’avvocato CHIARA LANZILLOTTA;

– ricorrente –

contro

F.E., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difesa dall’avvocato ROBERTA BECHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 970/2017 del 05/10/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, R.G.N. 672/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/03/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

RILEVATO

Che:

1. con sentenza 5 ottobre 2017, la Corte d’appello di Firenze dichiarava tenuta e condannava la s.p.a. Materassificio Montalese al pagamento, in favore di F.E. a titolo di differenze retributive, della somma di Euro 18.100,45 oltre accessori: così riformando la sentenza di primo grado, che ne aveva invece rigettato la domanda di accertamento di un rapporto, in luogo di quello formalizzato di apprendistato, di lavoro subordinato dal febbraio 2007 al febbraio 2010;

2. in esito ad argomentato scrutinio delle risultanze istruttorie, essa escludeva l’effettivo svolgimento di un rapporto di apprendistato triennale nella confezione di materassi, sulla base del convenuto piano formativo (a carattere interno, con affidamento ad un tutor e la previsione, per la formazione esterna, della frequenza di un corso di 120 ore gestito da società idonea secondo quanto stabilito dalla Provincia di Pistoia), invece disatteso per l’affidamento del ricorrente ad un tutor in una mansione assolutamente marginale nel percorso di confezionamento del prodotto: di fatto, avendo il predetto svolto per tre anni in azienda un’attività di lavoro non differente da quella degli altri operai dipendenti, senza ricevere l’addestramento coerente con la professionalità indicata nel piano formativo;

3. egli aveva pertanto diritto alla corresponsione delle differenze retributive tra il trattamento percepito da apprendista e quello ordinario, liquidato nella somma suindicata;

4. con atto notificato il 1 (5) dicembre 2017, la società datrice ricorreva per cassazione con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., cui il lavoratore resisteva con controricorso.

CONSIDERATO

Che:

1. la ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 47, 49, art. 2697 c.c. e nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per inosservanza delle norme denunciate in materia di apprendistato, applicabili ratione temporis, essendo risultata, in esito a critica valutazione delle emergenze istruttorie, la corrispondenza del percorso del lavoratore al piano di formazione professionalizzante, per l’affiancamento interno triennale da un tutor aziendale e la frequentazione di un corso all’esterno in varie fasi, secondo le modalità previste dalla Provincia di Pistoia, ai sensi dell’art. 44 del Regolamento regionale n. 22/2005: in assenza di un inadempimento datoriale snaturante la causa del contratto (formativa e lavorativa) di apprendistato (primo motivo); omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in riferimento all’assunto della natura routinaria delle mansioni svolte dal lavoratore apprendista, invece tutt’altro che ripetitive ed alla presenza costante del tutor per tutto il periodo (di tre anni) della formazione e non solo per uno, “contro ogni dato fattuale emerso dall’istruttoria e dunque” avendo la Corte “omesso di esaminare fatti decisivi per il giudizio” (secondo motivo);

2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili;

3. in tema di contratto di apprendistato, l’inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la trasformazione, fin dall’inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto: ferma la necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di valutare, in base ai principi generali, la gravità dell’inadempimento ai fini della declaratoria di trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non scarsa importanza (Cass. 1 febbraio 2006, n. 2247; Cass. 17 marzo 2014, n. 6068; Cass. 26 gennaio 2015, n. 1324; Cass. 3 agosto 2020, n. 16595); essendo comunque consentito al datore di lavoro l’uso di una circoscritta discrezionalità nel realizzare il programma di formazione, che si traduce nella possibilità di alternare la fase teorica con la fase pratica tenendo conto delle esigenze dell’impresa: senza tuttavia potersi mai spingere all’eliminazione di una delle due fasi dalla esecuzione del contratto, entrambe coessenziali (Cass. 3 agosto 2020, n. 16595);

3.1. non sussiste la denunciata violazione delle norme di diritto, in difetto dei requisiti suoi propri (Cass. 31 maggio 2006, n. 12984; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010; Cass. 26 giugno 2013, n. 16038), consistendo essa nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge, necessariamente implicante un problema interpretativo della stessa, non mediato dalla contestata valutazione delle risultanze di causa, riservata alla tipica valutazione del giudice di merito (Cass. 16 luglio 2010, n. 16698; Cass. 12 ottobre 2017, n. 24054);

3.2. la corte territoriale ha esattamente applicato le norme di diritto regolanti la materia, con accertamento in fatto coerente con le scrutinate risultanze istruttorie e congruamente argomentato (per le ragioni esposte dal quarto capoverso di pg. 3 al secondo di pg. 5 della sentenza);

3.3. la censura consiste pertanto in una contestazione del suddetto accertamento in fatto e della valutazione probatoria alla sua base, con una sollecitazione ad una sostanziale rivisitazione del merito, insindacabile in sede di legittimità, per la detta argomentazione congrua;

3.4. né si configura alcuna omissione di esame di fatti, per carenza del carattere della decisività proprio in virtù della deduzione plurale, che esclude ex se la portata risolutiva di ciascuno (Cass. 5 luglio 2016, n. 13676; Cass. 28 maggio 2018, n. 13625): sicché, il vizio denunciato non si colloca nel nuovo paradigma normativo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; neppure, in ogni caso, esso avendo ad oggetto un fatto storico, quanto piuttosto la valutazione delle risultanze istruttorie, esclusa dal più rigoroso ambito devolutivo del novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 26 giugno 2015, n. 13189; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439; Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940);

4. per le suesposte ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 3 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2021

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