LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7943/2015 proposto da:
G.P., elettivamente domiciliata in ROMA VIA TRIONFALE N. 21, presso lo studio dell’Avvocato FEDERICA CASAGNI, rappresentata e difesa dall’Avvocata ANNA MARIA RANALLI;
– ricorrente –
contro
C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEI PARIOLI N. 76, presso lo studio dell’avvocato SEVERINO D’AMORE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE GIALLORETO;
– controricorrente –
e contro
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DELL’AQUILA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 13/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 08/01/2015 R.G.N. 1217/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/06/2021 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.
RILEVATO
che:
1. la Corte d’appello di L’Aquila, previa riunione delle impugnazioni proposte da G.P. e dalla Provincia di L’Aquila, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava l’illegittimità del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato stipulato tra la Provincia e la G. in data 31/12/2010, dichiarava il diritto all’assunzione di C.E., condannava la Provincia a costituire il rapporto con quest’ultima a far data dal 31/12/2010 a tempo indeterminato con inquadramento nella categoria C, livello economico C1 e condannava, altresì, la Provincia al pagamento in favore della C. delle retribuzioni maturate dal 31/12/2010 fino alla data di effettiva assunzione in servizio con versamento contributivo oltre interessi (detratto l’aliunde perceptum);
con il ricorso di primo grado C.E. aveva chiesto che fosse dichiarato il proprio diritto alla conclusione del contratto a tempo indeterminato per istruttore amministrativo sul presupposto della propria utile collocazione nella graduatoria di merito del concorso pubblico indetto dalla Provincia previo accertamento dell’insussistenza del diritto di G.P. (collocatasi in graduatoria dopo la C.) ad essere assunta quale riservataria stante la mancanza dell’iscrizione della stessa nelle liste di collocamento obbligatorio;
il concorso in questione (per quattro posti poi innalzati a sei) prevedeva l’applicazione delle riserve di legge per le categorie protette e, sulla base della graduatoria formata all’esito della procedura concorsuale, era stata assunta (in luogo della C.) la G. (invalida al 46%) che si era posizionata tra gli idonei;
la Corte riteneva infondata l’eccezione di giurisdizione proposta dalla G. e dalla Provincia di L’Aquila per non avere la C. impugnato la procedura concorsuale, evidenziando che la ricorrente aveva chiesto di accertare il proprio diritto alla conclusione del contratto, al posto della G., per l’illegittima applicazione da parte della Provincia di L’Aquila della L. n. 68 del 1999;
rilevava, in particolare, che la C. aveva chiesto che l’ente applicasse le disposizioni di legge in materia di tutela della disabilità e che aveva denunciato l’erronea applicazione della riserva prevista nella L. n. 68 del 1999, mentre non aveva posto in discussione il merito della previsione della riserva in favore delle categorie protette prevista dalla L. n. 68 del 1999; riteneva infondate le pretese della G. e della Provincia perché il bando di concorso emesso il 26/03/2010 risultava comunque successivo all’autorizzazione concessa (con leggi finanziarie) alle pubbliche amministrazioni per la stabilizzazione del personale precario da concludersi entro il 31/12/2009 tramite scorrimento delle graduatorie esistenti da precedenti concorsi;
rilevava che il bando non potesse essere considerato una procedura speciale di reclutamento in grado di derogare alle modalità ordinarie del concorso pubblico ed alla L. n. 68 del 1999;
riteneva che non sussistesse per la G. il requisito previsto dalla L. n. 68 del 1999, art. 7, comma 2, ossia quello dell’iscrizione alle liste di collocamento;
accoglieva il ricorso della Provincia solo quanto ai prospettati limiti cui la statuizione del giudice di primo grado avrebbe dovuto attenersi;
al riguardo riteneva che, se da un lato appariva corretta la dichiarazione di illegittimità del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato concluso tra la Provincia e la G. e l’accertamento del diritto della C. alla conclusione del medesimo contratto, con relativa condanna dell’Amministrazione a tale conclusione, il GO avrebbe dovuto solo disapplicare la Det. Dirig. n. 232 del 2010, di nomina della G. per l’accertata violazione di legge e non dichiararne la nullità;
2. ricorre per la cassazione della sentenza G.P. con due motivi;
3. C.E. ha resistito con regolare controricorso;
4. la Provincia di L’Aquila non ha svolto attività difensiva;
5. G.P. ha depositato memoria con contestuale costituzione di nuovo difensore.
CONSIDERATO
che:
1. con il primo motivo la ricorrente denuncia il difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 3;
censura la decisione della Corte territoriale per aver ritenuto la riserva mero presupposto di legge per l’assunzione anziché presupposto del concorso e della graduatoria;
sostiene che la riserva, prevista dal bando e da successiva delibera di assunzione, ritenuta dalla Corte territoriale contra legem per la mancanza del requisito dell’iscrizione nelle liste di collocamento obbligatorio, abbia condizionato l’intera graduatoria e dunque necessariamente la posizione degli altri riservisti (non presenti nel giudizio quali litisconsorti);
sostiene che il GO ha indebitamente riformato il bando di concorso, diretto ad un posto con specifica destinazione alla quota d’obbligo, riservata agli invalidi, di cui la C. non fa parte;
2. con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 68 del 1999, art. 16, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;
censura la sentenza, in quanto, avendo ritenuto illegittima la riserva, non avrebbe dovuto incidere sulla stessa solo ai fini di nomina della G. perché ogni sindacato sulla riserva è in realtà un sindacato sul bando e sulla interpretazione letterale della L. n. 68 del 1999, art. 16; quest’ultimo articolo infatti prevede la possibilità espressa per gli invalidi di essere assunti, se risultati idonei in concorso, anche se non disoccupati;
3. si deve preliminarmente dare atto che questa sezione semplice è legittimata alla piena decisione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1, sulle questioni di giurisdizione in materia di pubblico impiego, in forza di decreto di assegnazione del Primo Presidente in data 10-14 settembre 2018;
4. tanto premesso, il primo motivo è infondato; può dirsi ius receptum (v. Cass., Sez. Un., 22 agosto 2019, n. 21607; Cass. 20 ottobre 2017, n. 24878; Cass., Sez. Un., 29 dicembre 2016, n. 27460) che i candidati utilmente collocati in una graduatoria finale di un concorso pubblico sono legittimati a ricorrere alla giurisdizione del giudice ordinario nel caso in cui possano vantare un diritto perfetto all’assunzione, ad esempio derivante da una decisione dell’Amministrazione di coprire i posti vacanti mediante scorrimento della graduatoria ancora efficace e la contestazione abbia ad oggetto le modalità di attuazione di tale scorrimento;
al contrario, se la pretesa al riconoscimento del suddetto diritto è consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione di un nuovo concorso, la contestazione investe l’esercizio di un potere autoritativo dell’Amministrazione, al quale corrisponde una situazione di interesse legittimo del singolo candidato idoneo, la cui tutela spetta al giudice amministrativo, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4 (vedi per tutte: Cass., Sez. Un., 28 maggio 2013, n. 13177, con ampi richiami; Cass., Sez. Un., 6 maggio 2013, n. 10404; Cass., Sez. Un., 31 ottobre 2012, n. 18697);
più specificamente, si è affermato (Cass., Sez. Un., 20 ottobre 2017, n. 24878) che, in tema di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a procedure concorsuali nell’ambito del pubblico impiego c.d. privatizzato, quando la pretesa al riconoscimento del diritto allo scorrimento della graduatoria sia consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento che disponga di non coprire più (o di coprire diversamente) il posto resosi vacante, anziché avvalersi dello scorrimento della graduatoria del concorso anteriormente espletato, si è in presenza d’una contestazione che investe l’esercizio del potere dell’amministrazione, cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, tutelabile innanzi al giudice amministrativo ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4 (v. Cass., Sez. Un., 20 dicembre 2016, n. 26272; Cass., Sez. Un., n. 10404/13, cit.; Cass., Sez. Un., 16 novembre 2009, n. 24185);
e’ stato anche affermato che, in materia di assunzione di disabili e con riferimento alla riserva prevista in loro favore, le controversie nelle quali non si contesta la graduatoria, ma l’attribuzione del posto in favore di un riservatario sono riconducibili all’ambito privatistico e spettano alla giurisdizione del giudice ordinario, venendo in questione la fase successiva rispetto al procedimento amministrativo ed all’attività autoritativa che si esaurisce con l’approvazione della graduatoria (v. Cass., Sez. Un., 13 febbraio 2008, n. 3409);
e’ stato ulteriormente precisato che qualora nell’impiego pubblico privatizzato ricorrano le condizioni previste dalla L. 12 marzo 1999, n. 68, art. 3, in materia di previsione delle quote di riserva relative alle assunzioni obbligatorie, la conseguente graduatoria che viene formata in presenza dei requisiti di legge vincola in modo assoluto il datore di lavoro ad individuare gli aventi diritto all’assegnazione dei posti “riservati”(Cass., Sez. Un., 22 febbraio 2007, n. 4110);
nella specie, non sono impugnati il bando o la graduatoria e la questione riguarda il diritto soggettivo della ricorrente all’applicazione delle disposizioni in materia di disabilità che avrebbero determinato, nell’assunto attoreo, l’applicazione della riserva;
la disciplina invocata non lascia alla P.A. alcun criterio di discrezionalità in relazione alla posizione soggettiva dell’invalido, che si configura come diritto al posto riservato quale appartenente a categoria protetta (v. anche infra);
non vi è dubbio, allora, che sussista la giurisdizione del giudice ordinario;
5. è fondato il secondo motivo di ricorso;
la ricorrente denuncia la mancata applicazione da parte della Corte territoriale della L. n. 68 del 1999, art. 16;
5.1. va, al riguardo, evidenziato che, con riferimento alle modalità di avviamento al lavoro, il legislatore ha tenuto conto delle peculiarità del lavoro pubblico contrattualizzato rispetto a quello privato e, in particolare, dell’insuperabile principio dell’accesso mediante concorso, fissato dall’art. 97 della Carta fondamentale e a più riprese ribadito dalla Consulta come cardine di portata generale, derogabile solo in casi eccezionali dalla legge, nei limiti della ragionevolezza;
la L. n. 68 del 1999, art. 7, mentre al comma 1, ha stabilito che i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici adempiono l’obbligo imposto dall’art. 3, “mediante richiesta nominativa di avviamento agli uffici competenti o mediante la stipula delle convenzioni di cui all’art. 11”, al comma 2 ha previsto distinte ipotesi di assunzione per le pubbliche amministrazioni, che tengono conto delle diverse modalità di reclutamento disciplinate del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 36, poi trasfuso del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35;
la norma, infatti, dopo avere richiamato dell’art. 36, comma 2 (che testualmente recita: “Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui della L. 2 aprile 1968, n. 482, art. 1, come integrato dalla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 19, avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della vigente normativa, previa verifica della compatibilità della invalidità con le mansioni da svolgere”), del quale prevede l’applicazione salva l’ipotesi disciplinata della stessa L. n. 68 del 1999, art. 11 (che riguarda le “convenzioni di integrazione lavorativa”), aggiunge che per le assunzioni effettuate tramite procedure selettive “i lavoratori disabili iscritti nell’elenco di cui all’art. 8, comma 2, della presente Legge hanno diritto alla riserva dei posti, nei limiti della complessiva quota d’obbligo e fino al cinquanta per cento dei posti messi a concorso”. In tal modo il legislatore ha inteso armonizzare la disciplina del collocamento dei disabili con il principio, fissato dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 36, nel testo vigente a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 80 del 1998, e poi ribadito dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, secondo cui è consentito alle pubbliche amministrazioni il ricorso all’avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento solo per le qualifiche e i profili per i quali è richiesto il requisito della scuola dell’obbligo;
per le qualifiche più elevate, invece, è necessaria la procedura concorsuale, in occasione della quale l’ente, ove non abbia già adempiuto l’obbligo del necessario rispetto delle quote, è tenuto ad osservare la riserva in favore del disabile, che sia incluso nell’elenco di cui all’art. 8 della Legge, nel quale possono essere iscritte “le persone di cui dell’art. 1, comma 1, che risultano disoccupate e aspirano ad una occupazione conforme alle proprie capacità lavorative”;
la L. n. 68 del 1999, art. 16, disciplina, poi, l’assunzione delle persone di cui dell’art. 1, comma 1, mediante concorso pubblico ed al riguardo prevede, al comma 1, che: “Ferme restando le disposizioni di cui all’art. 3, comma 4 e art. 5, comma 1, i disabili possono partecipare a tutti i concorsi per il pubblico impiego, da qualsiasi amministrazione pubblica siano banditi. A tal fine i bandi di concorso prevedono speciali modalità di svolgimento delle prove di esame per consentire ai soggetti suddetti di concorrere in effettive condizioni di parità con gli altri”;
la medesima disposizione al comma 2, stabiliva che: “I disabili che abbiano conseguito le idoneità nei concorsi pubblici possono essere assunti, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di cui all’art. 3, anche se non versino in stato di disoccupazione e oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso”: l’inciso “anche se non versino in stato di disoccupazione” è stato eliminato dalla L. n. 114 del 2014, art. 25, comma 9 bis (modifica che, nella fattispecie in esame, non si applica ratione temporis);
5.2. l’ordinamento prevede, quindi, tre diverse modalità di assunzione dei soggetti con disabilità: la chiamata numerica per le categorie e i profili per cui è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo in base del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, comma 2; il concorso (con riserva di posti) per le altre qualifiche secondo la L. n. 68 del 1999, art. 16; le convenzioni ai sensi della medesima L. n. 68 del 1999, art. 11;
5.3. nel caso in esame si discute di un concorso per l’assunzione nel profilo di “istruttore amministrativo/supporto istruttorio assistenza progetti UE ed altri – cat. C” (4 posti full time oppure 8 posti part time al 50% dell’orario di lavoro) il cui bando prevedeva espressamente l’applicazione della riserva di legge per le categorie protette “mediante assunzione di soggetti che risulteranno idonei nelle relative graduatorie e che siano in condizione di disabilità con una percentuale minima del 45%”;
il bando non richiedeva, dunque, che al requisito dell’invalidità si accompagnasse anche quello della disoccupazione e cioè dell’inserimento nelle liste di avviamento al lavoro delle categorie protette;
5.4. come affermato da questa Corte nella sentenza n. 12441 del 12 giugno 2016 (con principi sostanzialmente ribaditi anche da Cass. 10 luglio 2020, n. 14790, pur con adattamenti richiesti dal tipo di situazione e di azione che lì rilevava), la disposizione di cui all’art. 16 cit., letta alla luce dell’intero contesto nel quale si iscrive, non è finalizzata ad attribuire all’ente una facoltà discrezionale, ma persegue, invece, l’obiettivo di garantire il necessario adempimento da parte delle Pubbliche Amministrazioni dell’obbligo imposto dall’art. 3, nella ipotesi in cui, all’esito delle operazioni concorsuali, non vi siano idonei in possesso del requisito prescritto dal combinato disposto degli artt. 7 e 8 della Legge, ma sia comunque possibile garantire la tutela della disabilità, attraverso l’assunzione del o dei candidati affetti da handicap che siano stati positivamente valutati dalla commissione esaminatrice: la norma in tal caso autorizza la deroga al requisito della disoccupazione, perché giustificata da esigenza primaria ed indifferibile;
la norma va, dunque, valutata nella sua interezza – poiché la disposizione si riferisce non solo alla disoccupazione, ma anche al limite numerico della riserva -, e ne va ricostruita la ratio tenendo conto della tassatività del rispetto delle quote di cui all’art. 3, delle peculiarità proprie del sistema del reclutamento nell’impiego pubblico, della necessità di armonizzare la tutela del disabile, imposta dall’art. 38 della Carta fondamentale, dal diritto dell’Unione e dagli obblighi internazionali assunti dallo Stato Italiano, con altri valori di rilievo costituzionale come quelli consacrati nell’art. 97 Cost.;
5.5. non vi è dubbio, infatti, che la legge attribuisca la qualità di “riservista” alla persona disabile in possesso dei requisiti di cui agli artt. 1 e 8, alla quale l’assunzione deve essere garantita, ove ritenuta idonea all’esito del concorso pubblico;
5.6. è parimenti indubbio che, per le ragioni evidenziate dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale (si rimanda a Corte Cost. n. 251 del 2010), un eguale diritto debba essere riconosciuto al disabile che, iscritto nell’elenco al momento della partecipazione alle operazioni concorsuali, sia comunque interessato all’assunzione, anche se abbia nel frattempo trovato occupazione;
non potrebbe sostenersi, facendo leva sul solo tenore letterale dell’art. 16 (ed in particolare sul termine “possono” utilizzato dal legislatore), che la Pubblica Amministrazione non avrebbe alcun obbligo di assumere il disabile dichiarato idoneo all’esito della procedura concorsuale, solo perché non in possesso del requisito della disoccupazione e possa, quindi, discrezionalmente sottrarsi al rispetto dei limiti percentuali imposti dall’art. 3;
detta interpretazione contrasta, infatti, sia con la natura incondizionata dell’obbligo imposto dal richiamato art. 3, sia con la previsione dell’art. 7, comma 2, che, come si è già detto, prevede che per le qualifiche più elevate la Pubblica Amministrazione debba procedere alla selezione del personale mediante pubblico concorso, e, quindi, esclude che per dette qualifiche ci possa essere alternatività con le altre forme di avviamento richiamate nello stesso articolo;
5.7. la disposizione, dunque, letta alla luce dell’intero contesto nel quale si iscrive, non è finalizzata ad attribuire all’ente una facoltà discrezionale, ma persegue, invece, l’obiettivo di garantire il necessario adempimento da parte delle Pubbliche Amministrazioni dell’obbligo imposto dall’art. 3, nell’ipotesi in cui, all’esito delle operazioni concorsuali, non vi siano idonei in possesso del requisito prescritto dal combinato disposto degli artt. 7 e 8 della Legge, ma sia comunque possibile garantire la tutela della disabilità, attraverso l’assunzione del o dei candidati affetti da handicap che siano stati positivamente valutati dalla commissione esaminatrice;
la norma in tal caso autorizza la deroga al requisito della disoccupazione, perché giustificata dall’esigenza primaria ed indifferibile di ottemperare al precetto dettato dall’art. 3;
in altri termini il legislatore, consapevole della necessità di conciliare la tutela della disabilità con il principio dell’accesso al pubblico impiego mediante concorso, ha voluto restringere ai massimo le ipotesi in cui la regola della selezione pubblica potrebbe costituire ostacolo alla necessaria copertura delle quote ed ha, quindi, sostanzialmente voluto affermare con l’art. 16, nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis, che queste ultime possono rimanere non attribuite solo qualora non ci siano né riservisti in senso stretto né altri disabili idonei ma non vincitori;
il principio costituisce, quindi, ulteriore sviluppo di quanto già affermato da questa Corte a Sezioni Unite nella sopra citata Cass. n. 4110/2007 ed ancora da Cass. 29 agosto 2011, n. 17740 e Cass. 20 novembre 2014, n. 24723 nelle quali si e’, come detto, sottolineato che “nell’impiego pubblico privatizzato ogni tipo di graduatoria vincola in modo assoluto il datore di lavoro ad individuare gli aventi diritto all’assegnazione dei posti “riservati”, essendosi in presenza di un principio generale che non può essere in alcun modo violato (si veda anche Cass. 9 settembre 2008, n. 23112);
5.8. che si tratti di un diritto da osservarsi, stante la sua inderogabilità, dalla Pubblica amministrazione – tenuta in materia, come i privati datori di lavoro, al rispetto del principio fissato dall’art. 38 Cost., insuscettibile di essere disatteso – emerge con certezza anche dal contenuto della L. n. 68 del 1999, art. 16, riguardante i “concorsi presso le pubbliche amministrazioni”;
detta disposizione, infatti, ad ulteriore dimostrazione dell’assoluta vincolatività dell’assegnazione dei posti riservati inderogabilmente ai disabili, riconosce (anche al fine di contribuire a rendere nella realtà fattuale l’art. 38 Cost., norma precettiva) la possibilità di assumere i disabili (che abbiano conseguito l’idoneità in pubblici concorsi) anche se non versino in stato di disoccupazione e oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso;
5.9. agli argomenti sopra sviluppati, che valorizzano il collegamento sistematico fra la disposizione e le altre norme della L. n. 68 del 1999, si deve aggiungere che nell’interpretazione della disciplina sul diritto al lavoro dei disabili non si può prescindere dalle previsioni del diritto dell’Unione, posto che, allorquando il diritto nazionale riguardi una materia oggetto di direttiva, il Giudice è tenuto ad interpretare la norma interna alla luce del testo e delle finalità della direttiva stessa, al fine di raggiungere i risultati perseguiti da quest’ultima;
con la sentenza 4 luglio 2013, in causa C – 312/11, la Corte di Giustizia ha statuito che “per trasporre correttamente e completamente l’art. 5 della direttiva 2000/78 non è sufficiente disporre misure pubbliche di incentivo e di sostegno, ma è compito degli Stati membri imporre a tutti i datori di lavoro l’obbligo di adottare provvedimenti efficaci e pratici, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, a favore di tutti i disabili, che riguardino i diversi aspetti dell’occupazione e delle condizioni di lavoro e che consentano a tali persone di accedere ad un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione”:
la direttiva 2000/78, al pari della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006 e ratificata dall’Italia con L. 3 marzo 2009, n. 18, tutela la persona affetta a disabilità non solo in relazione al primo inserimento nel mondo del lavoro, ma anche nel corso della vita lavorativa, in quanto impone agli Stati membri di adottare misure finalizzate a promuovere le opportunità di impiego e l’avanzamento nella carriera;
non risponde, quindi, allo spirito della direttiva un’interpretazione del diritto nazionale che, nel contesto di cui sopra si è detto, legittimi il datore di lavoro pubblico a non rispettare le quote di riserva in favore dei disabili, facendo leva solo sull’assenza del requisito della disoccupazione, posto che la tutela dell’invalido non si esaurisce nel garantire allo stesso il primo accesso nel mondo del lavoro;
5.10. infine, vanno ricordati i principi enucleabili dall’art. 97 Cost., che non solo privilegia il pubblico concorso, limitando ai casi espressamente previsti dalla legge la possibilità di forme diverse di reclutamento, ma prevede anche che l’agire della Pubblica Amministrazione debba essere sempre finalizzato a realizzare gli obiettivi previsti dallo stesso art. 97, ossia l’equilibrio del bilancio, il buon andamento e l’imparzialità;
proprio valorizzando le finalità alla cui realizzazione deve essere ispirata la condotta dello Stato e degli enti pubblici, la giurisprudenza amministrativa e di questa Corte ha affermato, sia pure con riferimento al diverso tema dell’indizione di un nuovo concorso in presenza di una graduatoria valida ed efficace, che la scelta della P.A. sulle modalità del reclutamento deve muovere dal presupposto che la procedura selettiva concorsuale è strumento di individuazione imparziale dei più meritevoli e deve dare conto delle ragioni di interesse pubblico che, pur in presenza di una graduatoria ancora efficace, giustificano il ricorso ad una nuova procedura, che di per sé comporta un aggravio di spesa, una dilatazione dei tempi di copertura delle vacanze, con evidente vulnus dell’efficienza dell’azione amministrativa, una mortificazione della posizione soggettiva degli aspiranti idonei, già selezionati per mezzo di procedura concorsuale (C.d.S. Adunanza Plenaria 28 luglio 2011, n. 14 e Cass. 12 gennaio 2016, n. 280);
5.11. i medesimi principi, mutatis mutandis, inducono ad escludere che, ove la Pubblica Amministrazione possa adempiere immediatamente l’obbligo del necessario rispetto della quota di cui all’art. 3, attraverso l’assunzione del disabile positivamente valutato all’esito delle operazioni concorsuali, ma non in possesso del requisito della disoccupazione, sia rimessa alla sua insindacabile discrezionalità il ricorso a forme diverse di reclutamento che, oltre a non garantire l’individuazione imparziale dei più meritevoli, differiscano immotivatamente l’adempimento degli obblighi imposti al datore di lavoro pubblico in relazione all’assunzione dei disabili;
5.12. secondo l’interpretazione offerta da questa Corte, dunque, non è richiesto quale requisito necessario per l’assunzione l’obbligo di iscrizione;
5.13. nella specie, il posto in questione era riservato alla categoria protetta ed è stato attribuito alla C. che, però, a differenza della G., non era invalida;
6. da tanto consegue che va accolto il secondo motivo e rigettato il primo;
7. la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Roma che procederà ad un nuovo esame e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità;
8. non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma.
Così deciso in Roma, all’adunanza Camerale, il 9 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2021