LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2515-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
PAMIR IMMOBILIARE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dagli avvocati GIUDITTA MERONE e LORENA DI FIORE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6954/2014 della COMM.TRIB.REG.CAMPANIA, depositata il 14/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’11/06/2021 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI.
RITENUTO
CHE:
La società Pamir Immobiliare srl, con sede in *****, presentava interpello per la disapplicazione della normativa sulle società non operative di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 30 adducendo di avere ad oggetto l’attività di compravendita di immobili, di essere proprietaria di due complessi in Napoli non produttivi di alcun reddito se non previa ristrutturazione per la quale non sussistevano le condizioni nonché, per uno dei due, la definizione di una controversia con il Demanio.
L’Agenzia respingeva l’interpello e notificava alla società avviso di accertamento per l’anno di imposta 2006 attribuendole maggior reddito non dichiarato, a fronte delle perdite dichiarate dalla società.
Quest’ultima impugnava l’avviso e la CTP di Napoli rigettava il ricorso.
La società proponeva appello che veniva accolto dalla CTR, ritenendo quest’ultima che la società avesse offerto la prova delle situazioni oggettive che avevano giustificato la bassa redditività.
Contro quest’ultima sentenza proponeva pertanto ricorso l’ufficio sulla base di tre motivi.
Si costituisce la società con controricorso. Il difensore, successivamente, comunicava a questa Corte di avere rinunciato al mandato e la società si costituiva con nuovi difensori.
Il ricorrente ufficio ha depositato memoria per l’udienza odierna.
CONSIDERATO
CHE:
Con il primo motivo l’ufficio deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.
La sentenza impugnata sarebbe nulla per totale omessa esposizione della vicenda processuale.
Con il secondo motivo l’ufficio deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 741 del 1994, art. 30 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
La società aveva addotto degli argomenti per dimostrare l’impossibilità di produrre reddito, ma gli stessi non sono stati ritenuti validi dall’ufficio perché non rientranti tra quelli in base ai quali può operare la disapplicazione.
La CTR avrebbe errato nel ritenere validi tali argomenti, facendo riferimento solo al fatto che gli stessi erano stati presentati senza alcun riferimento alla correttezza o meno della decisione dell’ufficio di negare la disapplicazione; tra essi, avrebbe errato nel negare rilievo alla mancanza di personale dipendente ed alla mancanza di appalti.
Con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
La CTR avrebbe violato la disciplina dell’onere probatorio. Il primo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti.
La sentenza impugnata è carente nell’esposizione delle ragioni oggettive che la CTR considera provate e sufficienti per accogliere la domanda della società; dopo una lunga dissertazione sul principio per cui il contribuente può offrire la prova contraria alla presunzione sulla quale si basa la disciplina delle società non operative, la sentenza, a pag. 4, afferma che la società avrebbe fornito tale prova, dimostrando le ragioni che hanno impedito la produzione di imponibile, ma senza esplicitare quali siano e, soprattutto, senza esplicitare in che modo le stesse possono avere influito sulla mancata produzione di ricavi, che è il motivo per cui era stato respinto l’interpello.
Il fatto che tali circostanze siano, almeno in parte, ipotizzabili dal complesso degli atti, che fanno riferimento alla mancanza di autorizzazione amministrativa per ristrutturare uno dei due immobili ed ad una controversia in merito all’altro immobile (il cui contenuto, peraltro, non emerge in maniera chiara), non esclude il vizio intrinseco della sentenza impugnata che compie un mero riferimento a “situazioni di carattere oggettivo”, ma, di per sé, non permette di ricostruire la vicenda e di comprendere il percorso logico seguito per la decisione.
Non e’, quindi, irragionevole sostenere che, rispetto a quanto controdedotto dall’ufficio in appello, la motivazione sul punto è apodittica e apparente, perché afferma semplicemente che “la società ha provato l’esistenza di situazioni di carattere oggettivo che hanno reso impossibile il conseguimento di ricavi minimi”, ma non si sofferma ad esporle ed analizzarle.
In particolare, ciò che l’ufficio contesta è che, a fronte del rigetto dell’interpello basato sulla considerazione per cui, per un immobile, la società doveva dimostrare di avere chiesto le autorizzazioni o essersi attivata, e per l’altro, la società non aveva provato in che modo la controversia col Demanio poteva influire sulla redditività, la CTR conclude affermando che la prova contraria è stata fornita dal contribuente, senza soffermarsi ad illustrare in cosa è consistita e come abbia avuto rilevanza.
Ne’ vale la tesi, sostenuta dalla società in controricorso, per cui si è in presenza di un rigetto implicito di quanto sostenuto dall’ufficio.
Se, infatti, si volesse anche ricondurre la motivazione della CTR sul punto a quanto contenuto negli atti delle parti, per cui quel riferimento si sostanzia con gli elementi di fatto in atti, tuttavia, a fronte degli argomenti dell’ufficio, la motivazione della CTR doveva dare conto specificamente del motivo per cui, a suo dire, essi meritavano di essere disattesi.
La sentenza della CTR, invece, è più incentrata sul negare valore ai due elementi a sostegno della presunzione a favore dell’ufficio (mancanza dipendenti e mancati appalti) che sul valorizzare la prova contraria del contribuente, rispetto alla quale, con la frase sopra riportata, si limita a disattendere le argomentazioni dell’ufficio, senza altra specifica spiegazione.
Tale motivazione integra, così, ciò che questa Corte definisce “motivazione apparente”, che ricorre quando essa pur se graficamente esistente ed, eventualmente, sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6 (sez. I, ord. n. 13248 del 2020; sez. IV, ord. n. 3819 del 2020; sez. un., n. 22232 del 2016).
L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento dei restanti.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata, con rinvio degli atti alla CTR della Campania, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo.
Cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla CTR della Campania, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.
Dichiara assorbiti il secondo e terzo motivo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021
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