LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7732-2015 proposto da:
N.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 146, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO MOCCI, rappresentato e difeso dagli avvocati EUGENIO BRIGUGLIO e GIANLUCA BOCCALATTE;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
Nonché da:
contro
N.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 146, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO MOCCI, rappresentato e difeso dagli avvocati EUGENIO BRIGUGLIO e GIANLUCA BOCCALATTE;
– controricorrente all’incidentale –
avverso la sentenza n. 1556/2014 della COMM.TRIB.REG.TOSCANA, depositata il 01/08/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’11/06/2021 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI.
RITENUTO
CHE:
Il contribuente N.P., nato in *****, esponeva di aver ricevuto avviso di accertamento n. ***** e l’atto di irrogazione delle sanzioni n. ***** per omessa compilazione del quadro RW nella dichiarazione, entrambi relativi all’anno di imposta 2006, a seguito di processo verbale di constatazione notificato dalla Guardia di Finanza in data 11.11.2011, nei quali venivano accertati redditi non dichiarati a suo carico, sul presupposto che egli nel 2006 fosse residente in Italia.
Egli, al contrario, assumeva di avere trasferito la residenza in Italia solo nel 2008, mentre nell’anno 2006, pur avendo compiuto numerosi soggiorni in Italia, non vi aveva risieduto per più di 183 giorni.
Il suddetto atto di irrogazione sanzioni n. ***** per omessa compilazione del quadro RW nella dichiarazione relativa all’anno 2006, successivamente, veniva annullato dall’ufficio in autotutela, alla luce della normativa sopravvenuta rappresentata dalla L. n. 97 del 2013, art. 9, comma 1, lett. d) che aveva modificato il D.L. n. 167 del 1990, art. 5.
La verifica fiscale, su cui si basava l’avviso di accertamento, aveva ritenuto che il contribuente fosse residente in Italia anche nell’anno 2006, ritenendo che qui avesse la sua dimora abituale ed il centro dei propri interessi, sulla base di una serie di elementi quali il traffico telefonico, i movimenti del bancomat, la stipula di contratti di locazione di immobili siti ad *****, l’iscrizione dei figli a scuola, l’assunzione di collaboratori domestici, la proprietà di immobili in Italia da parte della moglie.
II contribuente impugnava l’avviso davanti alla CTP di Firenze; nel merito contestava tutti gli indizi riscontrati, deducendo che nessuno di essi rivelava una permanenza in Italia per più di 183 giorni nell’anno in questione.
Altri elementi, come il possesso di una casa e l’attestazione del competente ufficio norvegese, confermavano, invece, che nell’anno in questione il centro dei suoi interessi era in Norvegia e, del resto, la sua unica attività in Italia consisteva nell’essere membro del CdA di una società italiana posseduta da una società norvegese.
Poiché, tuttavia, ai sensi della normativa vigente ratione temporis l’avviso in questione rientrava tra quelli soggetti alla disciplina del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 17-bis e l’ufficio rilevava tale difetto, le parti attivavano comunque la possibile procedura di mediazione tesa ad una definizione della controversia, che non veniva raggiunta. Quindi il contribuente impugnava una seconda volta lo stesso avviso di accertamento.
La CTP di Firenze, su eccezione dell’ufficio, dichiarava allora inammissibile il primo ricorso per il formale mancato esperimento del previo reclamo, e tardivo il secondo.
Il contribuente appellava la decisione e, nel frattempo, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 98 del 2014, dichiarava l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 546 del 1992, suddetto art. 17-bis per contrasto con l’art. 24 Cost., cosicché la ragione della inammissibilità del ricorso dichiarato dalla CTP veniva meno, restando da valutare il merito e la CTR, con la sentenza impugnata, respingeva l’appello.
Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre a questa Corte il contribuente sulla base di tre motivi.
Si costituisce l’ufficio con controricorso e ricorso incidentale condizionato.
In vista dell’udienza odierna, il contribuente ha depositato memoria con cui ha ribadito la propria posizione nel merito sul recupero fiscale per il 2006.
CONSIDERATO
CHE:
Con il primo motivo il contribuente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 43 c.c. e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
La sentenza avrebbe errato sull’interpretazione dell’assolvimento dell’onere della prova in relazione alla permanenza del contribuente per più di 183 giorni in Italia nell’anno 2006.
Con il secondo motivo deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.
La CTR avrebbe omesso l’esame di tutti i documenti prodotti dal contribuente per dimostrare che nell’anno in questione il centro dei suoi interessi era ancora in Norvegia.
Con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della Convenzione Italia – Norvegia contro le doppie imposizioni, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
La CTR non avrebbe preso in considerazione la Convenzione contro le doppie imposizioni Italia – Norvegia sui conflitti di residenza.
Il ricorso è fondato nei termini di cui in motivazione.
La sentenza impugnata si caratterizza per la sua estrema sinteticità.
Ora, se è vero che quest’ultima non necessariamente si traduce in incompletezza, nel caso di specie, tuttavia, come in tutte le controversie di questo tipo, in cui vengono in rilievo numerosi elementi di fatto, è bene che l’analisi sia la più completa possibile, in particolare in relazione ad ogni elemento apportato per dimostrare la fondatezza di una tesi rispetto all’altra.
Nel caso di specie, non si può non rilevare che su alcuni dati di fatto, quali, in particolare l’attestazione dell’Amministrazione norvegese sul pagamento delle imposte dirette in Norvegia nell’anno 2006, il fatto che, nell’anno oggetto di accertamento, il contribuente sedesse nei consigli di amministrazione di tre società norvegesi ed avesse il possesso di una casa in Norvegia – dati non contestati neppure dall’ufficio in controricorso, in cui anzi si dà atto che l’abitazione in Norvegia è stata venduta nel 2006, senza specificare in quale mese, ma confermando così implicitamente il dato di base, sui cui occorrerà un approfondimento – la stessa non si è pronunciata.
Certo, si potrebbe anche ritenere che la sentenza impugnata, nella sua sinteticità, ritenga i suddetti elementi implicitamente soccombenti rispetto agli altri, che non si vogliono sminuire, in favore della tesi erariale; tuttavia, a fronte della mancanza della loro menzione anche nella parte narrativa della sentenza (circostanza che avrebbe potuto far dedurre che essi erano stati presi in considerazione dal collegio, ma ritenuti non determinanti), l’omissione non può essere interpretata in questo senso.
Inoltre, ciò che è ulteriormente mancato, a completamento del percorso logico argomentativo che avrebbe dovuto essere seguito, è l’inserimento del materiale probatorio nella “griglia” derivante dalle norme della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia – Norvegia (firmata a Roma il 17.6.1985 e ratificata dall’Italia con L. 2 marzo 1987, n. 108) integrandosi così una erronea, nel senso di mancata, applicazione di legge, come denunciato nel terzo motivo.
Anche in questo caso, esaurire la questione con la sola considerazione, ricavabile peraltro solo implicitamente dalla sentenza, secondo cui la convenzione non viene in rilievo perché gli elementi addotti dall’ufficio sono di per sé sufficienti a far ritenere il contribuente residente solo in Italia nell’anno in questione appare eccessivamente semplicistico, a fronte del fatto che la Convenzione tende proprio a disciplinare la situazione in cui una persona fisica si può considerare fiscalmente residente in entrambi gli Stati.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata, con rinvio della causa alla CTR della Toscana per la riconsiderazione di tutti gli elementi istruttori versati in atti e la relativa applicazione delle norme della Convenzione contro le doppie imposizioni, nonché per la decisione sulle spese del presente giudizio.
Con il ricorso incidentale condizionato l’ufficio ripropone l’eccezione di inammissibilità del ricorso originario perché, come aveva rilevato la CTP, il primo ricorso era stato proposto in violazione del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 17-bis ed il secondo ricorso era tardivo.
Il ricorso incidentale è infondato.
L’art. 17-bis è stato introdotto nel D.Lgs. n. 546 del 1992 in un primo momento dal D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 9, (conv. in L. n. 111 del 2011). La nuova norma ha previsto una ipotesi di giurisdizione condizionata per le controversie di valore non superiore a 20.000 Euro, relative ad atti emessi dall’Agenzia delle entrate, prescrivendo che “chi intende proporre ricorso è tenuto preliminarmente a presentare reclamo”, con lo scopo di provocare un tentativo di mediazione. L’omessa presentazione del reclamo è stata oggetto di due diversi regimi normativi: il primo, quello vigente ab origine, introdotto dalla stessa L. n. 111 del 2011; il secondo, introdotto, in sostituzione del primo, dalla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 611. Nella prima formulazione normativa “la presentazione del reclamo è condizione di ammissibilità del ricorso. L’inammissibilità è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio”; nella versione normativa successiva “la presentazione del reclamo è condizione di procedibilità del ricorso. In caso di deposito del ricorso prima del decorso del termine di novanta giorni, l’Agenzia delle entrate, in sede di rituale costituzione in giudizio, può eccepire l’improcedibilità del ricorso e il presidente, se rileva l’improcedibilità, rinvia la trattazione per consentire la mediazione”.
La Corte costituzionale, con la sentenza 16 aprile 2014, n. 98 si è pronunciata con riguardo esclusivamente alla prima versione normativa della mediazione obbligatoria tributaria e ha concluso per la illegittimità costituzionale.
Nella presente controversia, l’omissione di cui si discute era regolata dalla disciplina originaria del 2011, perché certamente il ricorso in primo grado era anteriore all’entrata in vigore della nuova disciplina di cui alla L. 27 dicembre 2013, n. 147 (applicabile agli atti notificati a partire dall’1.3.2014), essendo stato notificato l’avviso di accertamento nell’ottobre 2012. Tale normativa, però, come detto, è stata dichiarata incostituzionale, cosicché è venuta meno la ragione di inammissibilità.
Il ricorso incidentale deve, pertanto, essere respinto senza doppio contributo (Cass. 20682/20).
PQM
accoglie il ricorso principale.
Cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla CTR della Toscana, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio.
Rigetta il ricorso incidentale condizionato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021