LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria M. – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
Dott. LEUZZI S. – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 9122 del ruolo generale dell’anno 2013, proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, elettivamente si domicilia;
– ricorrente –
contro
Brasolin s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Beniamino Migliucci, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Mincio n. 4, presso lo studio dell’Avv. Francesco Tagliaferri;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria di Secondo Grado di Bolzano, depositata in data 1 ottobre 2012, n. 32/1/12;
sentita la relazione svolta dal consigliere Salvatore Leuzzi nella camera di consiglio del 10 giugno 2021.
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia ha impugnato per cassazione la sentenza della CTR che ne ha respinto l’appello avverso la sentenza di primo grado che, in accoglimento del ricorso della contribuente, ha annullato l’avviso di accertamento mediante il quale l’Ufficio, previo p.v.c. della Guardia di Finanza, aveva contestato alla società, esercente la attività di commercio di autoveicoli, per l’anno 2004, ai fini delle imposte dirette e dell’IVA, un maggior reddito di impresa per indebita deduzione di costi e detrazione di IVA in relazione ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti, relative all’importazione intracomunitaria di autoveicoli per il tramite di società “cartiere” fittiziamente interposte all’effettivo cedente comunitario.
Il ricorso per cassazione dell’Agenzia è affidato a un solo motivo.
La contribuente resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia adduce la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 17, 19 e 21 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR, per un verso evidenziato come la Brasolin avesse intrattenuto rapporti con soggetti creati “allo scopo di evadere l’IVA”, per altro verso incoerentemente escluso la significatività di detta circostanza e di altri elementi oggettivi ai fini della consapevolezza della Brasolin di partecipare ad un meccanismo di “frode carosello”.
Il motivo è fondato.
Questa Corte ha incisivamente affermato che “In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi” (Cass. n. 27566 del 2018; Cass. n. 9851 del 2018).
Su queste premesse, se l’Amministrazione è naturalmente tenuta a provare che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione si inseriva in una evasione IVA, senza che sia necessaria la prova della partecipazione all’evasione (v. Corte Giust. Bonik, C-285/11; Corte Giust, Ppuh, C277/14), è anche vero che detta prova ben può essere somministrata attraverso indizi, idonei ad integrare una presunzione semplice, come prevede per l’IVA il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, (v. Cass. n. 14237 del 2017; Cass. n. 20059 del 2014; Cass. n. 10414 del 2011; Corte Giust. Kittel, C-439/04; Corte Giust. Mahage’ben e David, C-80/11 e C-142/11). In altri termini, l’onere dell’Amministrazione finanziaria sulla consapevolezza del cessionario può senz’altro incentrarsi nella individuazione, a cura dell’Amministrazione, di elementi obbiettivi e specifici in ordine al fatto che la contribuente-cessionaria dei beni o dei diritti conoscesse o avrebbe dovuto conoscere, secondo i criteri dell’ordinaria diligenza ed alla luce della qualificata posizione professionale ricoperta, e tenuto conto delle circostanze esistenti al momento della conclusione dell’affare ed afferenti alla sua sfera di azione, che la realtà documentalmente espressa non corrispondeva a quella effettiva (Cass. n. 15369 del 2020; Cass. n. 24490 del 2015). Una volta che l’Amministrazione abbia fornito elementi oggettivi sul fatto che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente aveva, con l’emissione della relativa fattura, evaso l’imposta o partecipato a una frode, e cioè che il contribuente disponeva di indizi idonei ad avvalorare un tale sospetto ed a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente, passa al contribuente medesimo l’onere di fornire la prova contraria (Cass. n. 23560 del 2012; Cass. n. 25575 del 2014).
La CTR non si è attenuta ai riassunti principi.
Invero, nella specie, gli elementi presuntivi venivano indicati nella natura di “cartiere” delle società con le quali la Brasolin aveva intrattenuto rapporti commerciali, nei pagamenti effettuati all’estero in favore di soggetti fittizi e nella peculiare circostanza della consegna “diretta” ricavabile dai modelli CMR.
Ad onta dei profili esposti, la CTR pur evidenziando che la Brasolin ha “intrattenuto rapporti commerciali con altre aziende implicate nella frode carosello e create allo scopo di evadere l’Iva”, valorizza come assorbente la circostanza -irrilevante in rapporto alla contestazione dell’inesistenza solo soggettiva e non oggettiva delle operazioni – per cui “le vetture sono realmente state acquistate dalla società oggi appellata”.
A tale argomentazione il giudice d’appello affianca il rilievo apodittico per cui “i prezzi praticati sia per l’acquisto che per le vendite delle autovetture” erano “pressoché in linea con le quotazioni di mercato e con i prezzi praticati dalla concorrenza”, mentre “i pagamenti all’estero” non evidenziavano “anomalie di sorta”.
Infine, il giudice a quo genericamente svaluta la pregnanza dell’elemento relativo all’avvenuto trasporto delle vetture “dall’estero direttamente alla Brasolin s.r.l.”, come evincibile dai modelli CMR, liquidandolo attraverso la criptica ed assiomatica asserzione per cui “non appare molto significativa atteso i medesimi prevedono espressamente l’indicazione del luogo di destinazione se diverso dall’indirizzo del destinatario”.
In definitiva, la CTR da un lato ritiene che l’Ufficio abbia fornito la prova della fittizietà del fornitore intermedio, dall’altro trascura del tutto di accertare, alla luce degli esposti principi, se la contribuente – operatore professionale – abbia assolto o meno all’obbligo di verifica, nei limiti dell’esigibile, in presenza dei segnalati indici personali e operativi, della eventuale connotazione anomala dei propri interlocutori commerciali e della potenziale perpetrazione di un meccanismo di evasione d’imposta.
La censura va, in ultima analisi, accolta. La sentenza d’appello va cassata e la causa rimessa per un nuovo esame al lume dei principi nomofilattici sopra compendiati e per la regolazione delle spese del giudizio alla Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano in diversa composizione.
PQM
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata. Rinvia per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 10 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021