LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29712-2019 proposto da:
COMUNE di MUSSOMELI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MAGLIANO SABINA, 22, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO ONOFRIO CAMPIONE, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
S.M., A.P.M., A.A., in qualità di unici eredi legittimi di A.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANTONIO STOPPANI 1, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO MANGANO, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 157/2019 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 06/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 13/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE PARISE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con sentenza n. 157/2019 pubblicata il 6-3-2019 la Corte D’Appello di Caltanissetta ha determinato l’indennità dovuta ad A.A., A.P.M. e S.M., quali eredi legittimi di A.S., in Euro 6.370,80 per l’occupazione legittima del terreno sito in *****, in catasto al fg. *****, part. *****, ed in Euro 42.684,58 per l’occupazione legittima del terreno sito in ***** in catasto al fg. *****, part. *****, ***** e ***** (valore stimato pari a Euro/mq. 139), oltre agli interessi legali dalla maturazione delle singole annualità all’effettivo pagamento, ordinando al Comune di Mussomeli di depositare presso la Cassa Depositi e Prestiti le somme suddette, detratto quanto già eventualmente versato a titolo di occupazione legittima.
2. Avverso la suddetta sentenza, il Comune di Mussomeli propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti di A.A., A.P.M. e S.M., che resistono con controricorso. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
3. Il Comune ricorrente denuncia, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione prevista dall’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, all’art. 115 c.p.c., comma 1, ed all’art. 116 c.p.c., comma 1. Ad avviso del ricorrente la Corte territoriale ha deciso facendo proprie le conclusioni del C.T.U. con una formula standard, senza prendere in considerazione le osservazioni critiche espresse negli atti difensivi dal ricorrente e dal suo consulente tecnico di parte, così incorrendo anche in vizio motivazionale. Il ricorrente riporta nel testo del ricorso le deduzioni espresse dal proprio consulente tecnico di parte e depositate in data 3-1-2014, con le quali si evidenziava che le aree occupate dal Comune non possedevano, al momento dell’occupazione, i requisiti per consentire l’edificazione ipotizzata dal C.T.U. nel procedimento estimativo, poiché in base alle norme di attuazione del P.R.G., art. 10, dello stesso Comune, era prevista una distanza di 10 m. tra le fronti finestrate delle costruzioni e il valore dell’area avrebbe dovuto essere calcolato non solo in base all’edificabilità legale, ma anche, con la richiesta armonizzazione, in base alle possibilità effettive di edificazione al momento dell’occupazione.
3.1. Con il secondo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione prevista dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in relazione all’art. 153 c.p.c., comma 2, e all’art. 345 c.p.c., comma 3, per avere la Corte territoriale deciso la controversia senza acquisire il provvedimento di acquisizione sanante emesso dal Comune in quanto tardivamente prodotto dalla difesa, senza considerare che detto provvedimento si era formato dopo la scadenza dei termini processuali per la richiesta di prove e la produzione documentale.
3.2. Con il terzo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione prevista dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 20, comma 3. Ad avviso del ricorrente la Corte territoriale ha violato la L. n. 865 del 1971, art. 20, comma 3, in quanto ha erroneamente ritenuto che il valore venale dei fondi fosse quello relativo a fondi edificabili, mentre dalle prove assunte e da quelle erroneamente non assunte risultava dimostrato che i fondi non erano edificabili, così pervenendo la Corte di merito a liquidare l’indennità di occupazione in base a errati parametri.
3.3. Con il quarto motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione prevista dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 91 c.p.c., deducendo che la condanna alle spese è stata comminata al Comune in quanto soccombente, ma, in ragione della fondatezza dei precedenti motivi di ricorso, la pronuncia di soccombenza è ingiusta e andrà revocata.
4. Il primo motivo è fondato.
4.1. Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, “Qualora il giudice del merito aderisca al parere del consulente tecnico d’ufficio, non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni poiché l’accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità, ben potendo il richiamo, anche “per relationem” dell’elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente; diversa è l’ipotesi in cui alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori: in tal caso il giudice del merito, per non incorrere nel vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all’una o all’altra conclusione” (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 15147 del 11/06/2018).
Questa Corte ha altresì precisato che “Nonostante la primazia del criterio dell’edificabilità legale imponga di considerare l’attitudine allo sfruttamento edilizio alla stregua della disciplina urbanistica vigente, l’edificabilità di fatto può costituire criterio integrativo necessario alla verifica della concreta realizzazione di costruzioni e alla quantificazione delle potenzialità di utilizzo del suolo al momento in cui si compie la vicenda ablativa, cosicché va esclusa l’edificabilità di un suolo quando le dimensioni dell’area sono insufficienti per edificare, per l’esaurimento degli indici di fabbricabilità della zona, per la distanza dalle opere pubbliche o per i vincoli legislativi urbanistici. Ne consegue la necessità di tenere conto anche di tale specifico indice regolatore, quale criterio cui rapportare l’indennità dovuta all’effettivo pregiudizio patito, in funzione del principio del giusto ristoro ma anche dell’esigenza di non favorire un’indebita locupletazione, tenuto conto che la potenzialità edificatoria va da un minimo (tendente a zero) ad un massimo, con una gamma di situazioni intermedie su cui incide in misura determinante l’edificabilità effettiva, quale attitudine del suolo ad essere sfruttato e concretamente destinato a fini edificatori (in base a vari fattori: centralità, ubicazione, consistenza, vicinanza a strutture pubbliche, volumetria, ecc.)” (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 17115 del 26/06/2019).
4.2. Ciò posto, il Comune ricorrente deduce di avere sollevato osservazioni critiche in ordine all’effettiva potenzialità edificatoria dei beni come da relazione del C.T.P., il cui contenuto, nella parte di rilevanza, riporta nel ricorso. Nella sentenza impugnata nulla si osserva circa detti rilievi critici e in particolare circa l’incidenza dell’edificabilità effettiva sul valore di stima, avuto riguardo alle dimensioni dell’area e alle prescrizioni delle Norme Attuative del PRG e del piano particolareggiato, essendosi limitata la Corte d’appello, nel riportarsi alle conclusioni del CTU, ad affermare che “le aree interessate hanno pieno potenziale edificatorio perché inserite nel PRG in zone edificabili e tutta la zona è stata urbanizzata” (pag. n. 5 sentenza impugnata).
Ne’ può ritenersi che non abbia rilievo la disciplina introdotta dalle N.A. perché non prodotte in giudizio, come sostengono i controricorrenti, peraltro senza specificamente contestare che le deduzioni del CTP erano state depositate in data 3-1-2014 e che si trattava di deduzioni ritualmente acquisite in causa nel rispetto del contraddittorio, atteso che lo stesso C.T.U. faceva riferimento alle suddette norme attuative (cfr. pag. n. 7 del ricorso, in cui è riportato uno stralcio dell’elaborato peritale d’ufficio).
Ricorre, pertanto, il vizio motivazionale denunciato, nei termini precisati, e l’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento degli altri.
5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, va accolto il primo motivo di ricorso, restando assorbiti gli altri, con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla Corte d’appello di Caltanissetta, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Caltanissetta, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021