Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.31592 del 04/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35897-2019 proposto da:

COMUNE di NOVARA di SICILIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’avocato SEBASTIANO ACCETTA;

– ricorrente –

contro

B.F., L.M.S., elettivamente domiciliati presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentati e difesi dall’avvocato NUNZIATINA STARVAGGI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 945/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 17/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 13/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE PARISE.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Comune di Novara di Sicilia proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo del 14-3-2003 avente ad oggetto il pagamento di Euro 12.248,65, oltre interessi, emesso nei suoi confronti su ricorso per ingiunzione di L.M.S., citando in giudizio quest’ultima e B.F., terzo chiamato in causa, che aveva ceduto alla prima il credito ingiunto, relativo alla rata di saldo del contratto di appalto stipulato tra il Comune ed il B., i cui lavori erano stati ultimati nel marzo del 1990.

Con sentenza n. 88/2012 il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto accoglieva parzialmente le domande avanzate dal Comune opponente, dichiarava il difetto di legittimazione attiva di L.M.S. e condannava il Comune al pagamento in favore di B.F. della somma di Euro 12.248,65, oltre i. v. a. come per legge ed oltre gli interessi con i tassi di cui al C.G.A. n. 1063 del 1962, artt. 33 e ss., come modificato dalla L. n. 741 del 1981, con decorrenza dal 30 agosto 1990 al soddisfo. Il Tribunale rigettava le altre domande proposte dal Comune di Novara di Sicilia (di risarcimento danni, quantificati in Euro10.000, nei confronti della L.M. per risarcimento danni e rimborso spese causati dal comportamento illegittimo della stessa; di risarcimento danni, quantificati in Euro50.000, nei confronti del B. per risarcimento danni causati dal comportamento illegittimo dello stesso), ponendo le spese della c.t.u. definitivamente a carico del suddetto Comune. Il Tribunale compensava le spese di lite tra l’opponente e la L.M. e condannava il Comune alla rifusione delle spese di lite in favore del B..

2. Con sentenza n. 945/2018 del 12 ottobre 2018, depositata il 17 ottobre 2018, la Corte d’appello di Messina ha rigettato l’appello proposto dal Comune di Novara di Sicilia, che ha condannato alla rifusione in favore degli appellati delle spese del grado.

3. Avverso la suddetta sentenza, il Comune di Novara di Sicilia propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di L.M.S. e B.F., che resistono con controricorso.

3. Il Comune ricorrente denuncia, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c. (nel testo previgente applicabile al presente giudizio promosso, in primo grado, con atto di citazione notificato il 19.5.2003), all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonché all’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si duole della statuizione di rigetto del motivo d’appello concernente la compensazione delle spese di giudizio di primo grado tra il Comune medesimo e L.M.. Deduce che quella statuizione è illogica e illegittima, atteso che erano state accolte le domande formulate dal Comune nei confronti della presunta creditrice, di cui era stata dichiarata la carenza di legittimazione e la cui buona fede nel proporre l’azione monitoria era stata erroneamente affermata dal Tribunale, considerate la qualità della L.M. di coniuge del B. e la sua consapevolezza sia dell’inefficacia della cessione del credito, effettuata dal marito solo al fine di evitare la compensazione tra i crediti del Comune e quelli del B., sia dell’irregolarità contributiva in cui versava l’impresa B.. Rimarca l’illogicità delle due sentenze per non avere i giudici di merito ritenuto sussistente anche la buona fede del Comune, che si era opposto al decreto ingiuntivo azionato da un creditore non legittimato, e per non avere, di conseguenza, compensato le spese di lite anche nel rapporto processuale con il B..

3.1. Con il secondo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione della Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici 9 novembre 1948, n. 11907, e successive modificazioni, del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 80 (codice degli appalti), degli art. 2697 e ss. c.c., dell’art. 115c.p.c., e ss., all’artt. 184, 187, 188 c.p.c. e ss., all’art. 191 c.p.c. e ss., e all’art. 196 c.p.c. e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Il Comune censura la sentenza impugnata nella parte in cui il Comune stesso è stato condannato a versare le somme pretese dal B. in violazione del codice degli appalti, il quale impone agli enti pubblici di verificare la regolarità contributiva della impresa prima di pagare la rata di saldo, regolarità a suo avviso non sussistente, e per violazione di alcune norme procedurali, non avendo il Tribunale prima e la Corte di Appello poi rispettato le norme che regolano la ammissione dei mezzi istruttori, la richiesta di rinnovo della C.T.U. e la valutazione delle prove acquisite.

4. Il primo motivo è inammissibile.

4.1. Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, “Il giudizio sulla sussistenza di giusti motivi per la compensazione delle spese processuali, nella vigenza dell’art. 92 c.p.c., nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, è rimesso al giudice di merito ed è di norma incensurabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione che lo sorregge non sia illogica, tautologica, inesistente o apparente”(Cass. n. 17816/2019; Cass. n. 25594/2018).

La Corte d’appello, nel richiamare la parte della motivazione con cui il Tribunale aveva ritenuto sussistenti giusti motivi di compensazione nel rapporto processuale tra il Comune e la L.M., ne ha condiviso le ragioni, facendo applicazione dell’art. 92 c.p.c., vigente ratione temporis, e la censura si risolve in una inammissibile richiesta di rivisitazione di una valutazione rimessa al giudice di merito, adeguatamente motivata con riferimento sia alla buona fede del soggetto ingiungente, cessionario del credito del B., sia all’andamento della causa, considerato che il Comune aveva proposto domanda di risarcimento danni, quantificato in Euro 10.000, nei confronti della L.M. (pag. 3 ricorso), che era stata rigettata.

5. Anche il secondo motivo è inammissibile.

5.1. Occorre premettere che la regolarità contributiva è stata accertata dai giudici di merito tramite la C.T.U. (pag. 3 sentenza impugnata) e il mancato collaudo è stato ritenuto imputabile all’Ente, che svolge censure volte, inammissibilmente, a sindacare la valutazione delle prove e delle risultanze peritali. Il Comune richiama quanto affermato nella propria consulenza di parte, che giuridicamente si configura come mera argomentazione difensiva, motivatamente disattesa dalla Corte d’appello, che non era tenuta, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova c.t.u., atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito (Cass. n. 22799/2017; Cass. n. 21525/2019). Nella specie, la Corte di merito ha indicato gli elementi di convincimento tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e valutate con un giudizio immune da vizi logici e giuridici ed ha espressamente affermato l’irrilevanza o la superfluità dell’indagine richiesta.

5.2. Neppure è conducente il riferimento alla violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., che non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. n. 1229/2019), il che non è nella specie.

6. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 2.600, di cui Euro 100 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

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