Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.31602 del 04/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25234/2019 R.G. proposto da:

M.L., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giovanni Francesco Biasiotti Mogliazza e Daniela Gambardella, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Piazza Adriana n. 8;

– ricorrente –

contro

Generali Italia S.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo Gelli, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, Via Carlo Poma n. 4;

– controricorrente –

e nei confronti di Generali Assicurazioni S.p.a.;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3725/2019, depositata il 3 giugno 2019;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 26 maggio 2021 dal Consigliere Emilio Iannello.

FATTI DI CAUSA

1. M.L. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Roma e con citazione notificata il 27/04/2006, la Generali Assicurazioni S.p.a. per conseguirne la condanna al pagamento di Euro 32.312,53 a titolo di indennizzo per l’infortunio – da lui patito il ***** – coperto dalla polizza con quella stipulata.

La convenuta vi si oppose eccependo, preliminarmente, la prescrizione del diritto dell’assicurato e, nel merito, l’inoperatività della polizza stante la mancata prova della modalità dell’evento.

2. Il tribunale rigettò la domanda accogliendo la preliminare eccezione di prescrizione e tale decisione fu confermata dalla corte d’appello, con sentenza sul punto cassata dalla S.C. (con sentenza n. 8489 del 27/04/2015), con rinvio al giudice del gravame perché, esclusa la carenza di atti interruttivi della prescrizione, lo esaminasse “sotto ogni altro profilo in rito e nel merito”.

3. Pronunciando dunque in sede di rinvio la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 3725/2019, depositata il 3 giugno 2019, ha rigettato la domanda di indennizzo condannando l’attore/appellante alle spese giudizio di rinvio in favore della resistente Generali Italia S.p.a..

Ha infatti ritenuto che il M. non avesse fornito la prova del fatto storico dell’infortunio, al riguardo svolgendo i seguenti testuali rilievi:

“nell’atto di citazione introduttivo del primo grado di giudizio l’attore non ha neppure allegato né il luogo in cui l’infortunio si sarebbe verificato, indicandolo del tutto genericamente con l’espressione “presso il circolo sportivo di cui è socio” senza, peraltro, indicare nei capitoli di prova articolati alcuna circostanza di luogo, né il tipo di attività sportiva che stava praticando.

“I testi escussi nel presente grado, dal canto loro, hanno espressamente dichiarato di non ricordare in quale campo di calcio il sinistro fosse occorso.

“Il M., inoltre, ha dedotto in citazione che il sinistro si era verificato nel corso di un “allenamento”, mentre nei capitoli di prova articolati ha mutato la versione in fatto allegando che l’incidente era accaduto nel corso di una “partita di calcetto”.

“In occasione della richiesta di indennizzo inviata alla compagnia di assicurazione ha riferito le seguenti circostanze: “facevo uno scatto poi di colpo cercavo di cambiare direzione ma il ginocchio dx ruotò verso l’interno coscia e caddi a terra”, laddove entrambi i testimoni escussi hanno dichiarato che l’infortunio è accaduto durante un “contrasto di gioco”, circostanza del tutto differente da quella riferita dall’attore alla compagnia”.

4. Avverso tale decisione M.L. propone ricorso per cassazione con quattro mezzi, cui resiste Generali Italia S.p.a., depositando controricorso.

Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

La controricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, “nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4 (recte: comma 2, num. 4), in relazione all’accertamento dell’effettivo verificarsi dell’infortunio”.

Rileva che: le considerazioni svolte in sentenza non escludono affatto il verificarsi del sinistro e sono quindi completamente illogiche; l’essersi l’infortunio verificato in un campo piuttosto che in un altro certamente non esclude il fatto storico; meno che mai esclude il fatto la circostanza che si stesse trattando di un allenamento piuttosto che una partita di calcetto e che sia mutato l’oggetto del capitolato rispetto alle indicazioni contenute in citazione; le dichiarazioni rese alla compagnia circa le modalità per le quali si sia rotto il legamento (“facevo uno scatto poi di colpo cercavo di cambiare direzione ma il ginocchio dx ruotò verso l’interno coscia…”) non possono logicamente escludere il verificarsi dell’infortunio solo perché non coinciderebbero con quanto affermato dai testi escussi, e cioè che l’infortunio è accaduto durante un “contrasto di gioco”; anche il fatto che i testi non hanno ricordato in quale campo di calcio il sinistro fosse occorso, logicamente non esclude il verificarsi dell’evento; del resto il contrasto di gioco non esclude che l’attore abbia fatto uno scatto in corsa cercando di cambiare direzione, perché tale circostanza lungi dall’escludere l’evento, logicamente lo conferma.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti “in relazione al referto del pronto soccorso dell'*****, al referto della risonanza magnetica del *****, alla lettera dell'***** ed alla c.t.u. dell'*****”.

3. Con il terzo motivo deduce, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione del combinato disposto degli artt. 115 e 167 c.p.c., in relazione all’effettivo accadimento dell’infortunio”.

Rileva che la convenuta non ha mai contestato l’effettivo accadimento dell’infortunio, essendosi limitata ad eccepire l’inoperatività della polizza per non essere provato che la lesione non derivasse da un pregresso infortunio o che questo non fosse accaduto durante lo svolgimento di una partita organizzata da una Federazione Sportiva (unico caso in cui l’evento non sarebbe stato indennizzabile a termini di polizza). L’evento in quanto tale ed il luogo preciso in cui questo fosse accaduto (vale a dire in quale campo di calcetto a Roma), non erano quindi contestati.

4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia, infine, “violazione dell’art. 112 c.p.c., e conseguente violazione dell’art. 81 c.p.c., relativamente al difetto di legittimazione passiva di Generali Italia S.p.a.”.

Premette che nel giudizio di rinvio, preliminarmente dichiarata la contumacia di Assicurazioni Generali S.p.a., si costituiva nel giugno del 2018 Generali Italia S.p.a. così testualmente identificandosi nella comparsa di costituzione: “Generali Italia S.p.a. (PI *****), (già Assicurazioni Generali S.p.a.)”; con note autorizzate l’appellante M. rilevò che non era provata alcuna successione tra Assicurazioni Generali S.p.a. e Generali Italia S.p.a., la prima risultando, dal proprio sito internet, ancora esistente con propria diversa partita Iva. Ciò premesso, lamenta che, sul punto, nulla abbia detto, così violando l’art. 112 c.p.c., la sentenza impugnata, ma anzi Generali Italia viene beneficiata del favore delle spese sebbene nessuna domanda sia mai stata formulata nei suoi confronti.

Soggiunge che il mancato accertamento del difetto di legittimazione passiva comporta la violazione dell’art. 81 c.p.c., perché Generali Italia S.p.a. agisce in giudizio per un diritto altrui, ricevendo il beneficio del rimborso delle spese.

5. Va preliminarmente disattesa l’eccezione – sulla quale la controricorrente insiste in memoria – di inammissibilità del ricorso per mancanza di valida procura speciale.

5.1. L’eccezione si appalesa anzitutto generica poiché non specifica le ragioni per le quali la procura – che nella specie risulta conferita dal ricorrente in foglio separato ma congiunto materialmente al ricorso – sia da considerarsi nulla, limitandosi a trascrivere uno stralcio di una sentenza di questa Corte (Cass. n. 17708 del 2019) che ha affermato l’inidoneità della procura in quel caso conferita per il ricorso in foglio separato in calce all’atto, senza però esplicitare in alcun modo le ragioni per le quali il caso qui in esame sia da ritenere simile a quello considerato in quel precedente tanto da giustificare la medesima valutazione (si trattava in quel caso di procura: a) mancante di alcun riferimento alla sentenza impugnata; b) mancante di data; c) conferita testualmente “per tutte le fasi e gradi del presente giudizio”, espressioni giudicate “incompatibili con la proposizione dell’impugnazione e con la specialità richiesta ed anzi dirette ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali”).

5.2. L’esame della procura, cui questa Corte è comunque chiamata ex officio trattandosi di requisito d’ammissibilità del ricorso, consente di rilevare la non pertinenza del precedente richiamato e, per converso, l’idoneità del suo contenuto a palesare la specialità della procura, come richiesta per il giudizio di cassazione.

Essa, infatti, bensì mancante di data e di una specifica indicazione degli estremi della sentenza impugnata, risulta tuttavia conferita “per il presente giudizio di cassazione” e non contiene alcun diverso riferimento che possa lasciarne intendere la finalizzazione ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali.

Va quindi ribadito il principio, affermato da questa Corte in un caso analogo (e persino più carente di indicazioni del presente, nel quale la procura è espressamente riferita al “presente giudizio di cassazione”), secondo cui “la procura per il ricorso per cassazione è validamente conferita, soddisfacendo il requisito di specialità di cui all’art. 365 c.p.c., anche se apposta su di un foglio separato, purché materialmente unito al ricorso e benché non contenente alcun riferimento alla sentenza impugnata o al giudizio da promuovere, in quanto, ai sensi dell’art. 83 c.p.c. (come novellato dalla L. 27 maggio 1997, n. 141), si può ritenere che l’apposizione topografica della procura sia idonea – salvo diverso tenore del suo testo (che, nella specie, non è dato desumere…) – a fornire certezza della provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e a far presumere la riferibilità della procura medesima al giudizio cui l’atto accede. Ne’ la mancanza di data produce nullità della predetta procura, dovendo essere apprezzata con riguardo al foglio che la contiene alla stregua di qualsiasi procura apposta in calce al ricorso, per cui la posteriorità del rilascio della procura rispetto alla sentenza impugnata si desume dall’intima connessione con il ricorso cui accede e nel quale la sentenza è menzionata, mentre l’anteriorità rispetto alla notifica risulta dal contenuto della copia notificata del ricorso (così Cass. n. 22164 del 05/09/2019, in motivazione, p. 6, pag. 25).

6. Il primo motivo è fondato.

La motivazione della sentenza impugnata si sofferma su circostanze che appaiono marginali e non decisive, di tal che rimane incomprensibile l’espresso convincimento circa la mancanza di prova del verificarsi del rischio assicurato: il dubbio e’, infatti, motivato con riferimento a modalità, peraltro secondarie, del fatto che ha causato le lesioni, mentre non si dubita del verificarsi di queste ultime.

Non è spiegata, dunque, la ragione per cui la mancata esatta indicazione del luogo dell’infortunio (ovvero del campo in cui lo stesso si è verificato, all’interno del “circolo sportivo” di cui l’infortunato è socio) e le modalità del fatto lesivo (se per effetto di un allenamento o di uno scarto nel corso di una partita di calcetto o per uno scontro di gioco) debbano condurre a negare la storicità del sinistro e/o la sua riconducibilità al rischio assicurato.

Le lesioni al ginocchio subite dall’assicurato non sono in sé negate, né affermate come indimostrate, né poste in dubbio in sentenza.

Il fatto che le ha causate può assumere rilievo ai fini di una eventuale delimitazione del rischio, ma su tale tema in sentenza non è spesa alcuna argomentazione. Non è detto che rilevanza possa avere, a tal fine, l’essersi verificato in un campo piuttosto che in un altro, nel corso di una partita di calcetto anziché di un allenamento, né se la lesione sia conseguita ad un movimento di gioco piuttosto che ad un altro.

Non si spiega quale conseguenza comporta la mutata descrizione, nei capitoli di prova, del contesto sportivo nel quale l’infortunio si è verificato (“partita di calcetto” rispetto a quella iniziale di “allenamento”); spiegazione tanto più necessaria ove si consideri: a) l’ampia portata semantica di tale ultimo termine; b) la natura di fatto secondario di tale circostanza come tale suscettibile di essere introdotto per la prima volta anche nell’articolazione dei capitoli di prova (v. Cass. 06/05/2020, n. 8525).

Nemmeno si dice che le incongruenze siano tali da far dubitare dell’attendibilità dei testi, né tanto meno se ne spiega la ragione (considerato che, peraltro, le incongruenze segnalate non riguardano le dichiarazioni dei testi, ma queste in raffronto alle allegazioni iniziali dell’attore).

Tutto ciò rende la motivazione meramente apparente e comunque ben al di sotto del “minimo costituzionale” richiesto per riconoscerla come tale, ossia come esplicazione delle ragioni del convincimento raggiunto rispetto al tema di lite (ossia della non spettanza dell’indennizzo assicurativo preteso).

Va al riguardo ricordato che “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass., Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053-8054).

7. In accoglimento del primo motivo, la sentenza impugnata va pertanto cassata, restando assorbito l’esame dei restanti motivi.

La causa va rinviata al giudice a quo, al quale va anche demandato anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

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