LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25285/2019 R.G. proposto da:
M.A. (in proprio e nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale sui figli minori L.B.
(cl. 2002) e L.G.), L.B. (cl. 1958) e C.F., tutti rappresentati e difesi dall’avv. Alfredo Genovese con domicilio eletto in Roma, Via Nomentana, n. 905 presso il Dott. Vittorio Cerracchio;
– ricorrente –
contro
Axa Assicurazioni S.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. Luigi Delle Rose, con domicilio eletto in Roma, via Vespasiano n. 17/a, presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Incannò;
– controricorrente –
e contro
Comune di Pagani, rappresentato e difeso dall’Avv. Silvia Mastrangelo, con domicilio eletto in Roma, via Pasubio, n. 4, presso lo studio dell’Avv. Lucilla Forte;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
Provincia di Salerno, rappresentato e difeso dall’Avv. Vincenzo Vanacore, con domicilio eletto in Roma, via Ugo De Carolis, n. 86, presso lo studio dell’Avv. Alfonso Ferraioli;
– controricorrente –
e nei confronti di Dina Gas S.r.l. e C.S.;
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 2020/2018, depositata il 31 dicembre 2018;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 26 maggio 2021 dal Consigliere Emilio Iannello.
FATTI DI CAUSA
1. M.A. (in proprio e quale esercente la responsabilità genitoriale sui figli minori L.B. (cl. 2002) e L.G.), L.B. (cl. 1958), C.F. e C.S. convennero in giudizio avanti il Tribunale di Nocera Inferiore l’amministrazione provinciale di Salerno, la Dina Gas S.r.l. e la Axa Assicurazioni S.p.a. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni rispettivamente subiti a seguito del sinistro occorso in data ***** nel quale L.V. – convivente more uxorio della prima, padre di L.B. e L.G., figlio di L.B. (cl. 1958) e C.F. – aveva perso la vita e l’auto su cui lo stesso viaggiava, di proprietà di C.S., era andata distrutta.
Secondo quanto accertato in sentenza era accaduto che la vittima, mentre percorreva via ***** alla guida dell’auto Fiat Punto di proprietà del C., finiva in “una serie di buche” presenti sul manto stradale, non visibili in quanto colme di acqua che sgorgava da una perdita sotterranea; perdeva quindi il controllo dell’auto andando a impattare contro un autocarro di proprietà della Dina gas ed assicurato per la r.c.a. con la AXA Assicurazioni, proveniente dal senso opposto, nonostante il divieto di transito per i detti autoveicoli.
2. Esteso il contraddittorio nei confronti del Comune di Pagani, chiamato in causa dalla Provincia di Salerno, all’esito della espletata istruttoria, il tribunale, accertata la responsabilità concorrente della vittima, pari al 20%, accolse, in proporzione alla restante percentuale, le pretese risarcitorie dei congiunti, liquidando (a carico solidale dei convenuti e del comune chiamato in causa):
A) a titolo di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale: Euro 200.000,00 a favore della M.; Euro 160.000,00 a favore di ciascuno dei due figli; Euro 120.000,00 a favore di ciascuno dei genitori;
B) a titolo di risarcimento del danno morale: Euro 50.000 in favore di ciascuno dei predetti;
C) a titolo di risarcimento del danno biologico: Euro 48.000,00 in favore della M.; Euro 40.000,00 in favore del minore L.B.; Euro 38.500,00 in favore dell’altro figlio minore; Euro 40.000,00 in favore del padre; Euro 39.000,00 in favore della madre.
3. In accoglimento dei gravami interposti dalla Axa Assicurazioni S.p.a. e dalla Provincia di Salerno la Corte d’appello di Roma:
– ha ridotto gli importi come sopra liquidati, escludendo la spettanza dell’ulteriore importo di Euro 50.000 liquidato dal primo giudice in favore di ciascuno dei congiunti della vittima a titolo di danno morale, in quanto integrante indebita duplicazione del già liquidato danno parentale;
– ha ridotto altresì l’importo spettante a ciascuno dei predetti istanti a titolo di danno biologico, escludendo l’aumento personalizzante applicato in primo grado, in difetto dei relativi presupposti.
Ha invece rigettato il gravame proposto, sull’an della affermata loro responsabilità solidale, dalla Provincia di Salerno e dal Comune di Pagani.
4. Avverso tale decisione M.A., in proprio e nella predetta qualità, L.B. (cl. 1958) e C.F. propongono ricorso per cassazione con tre mezzi, cui resistono Axa Assicurazioni S.p.a., Provincia di Salerno e Comune di Pagani depositando controricorsi; quest’ultimo propone ricorso incidentale affidato ad unico motivo.
Dina Gas S.r.l. e C.S. non svolgono difese nella presente sede.
Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380-bis, comma 2, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Devesi preliminarmente dare atto che, benché sia il ricorso principale che quello incidentale risultino diretti anche nei confronti di C.S., non vi è prova tuttavia che allo stesso – rimasto intimato nel presente giudizio – siano stati notificati.
La circostanza tuttavia rimane priva di conseguenze processuali, avuto riguardo in particolare all’esito reiettivo cui – per le ragioni che saranno appresso esposte – vanno incontro entrambi i ricorsi e, in particolare, quello incidentale del comune, l’unico a potere, in ipotesi, maggiormente coinvolgere la posizione del C..
Come noto, infatti, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone infatti al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti.
Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (v. Cass. Sez. U. 22/03/2010, n. 6826; Cass. 21/05/2018, n. 12515; 10/05/2018, n. 11287; 17/06/2013, n. 15106).
2. Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “erronea esclusione del danno morale; violazione e falsa applicazione dell’art. 2059 c.c.”.
Lamentano che erroneamente la corte campana ha ritenuto costituire indebita duplicazione la separata liquidazione di ulteriore importo a titolo di danno morale, sul rilievo che “la sofferenza subita per la perdita del rapporto parentale esaurisce il danno morale patito dai superstiti”.
Argomentano che, così decidendo, i giudici a quibus hanno omesso di valutare che la perdita di un parente integra un vulnus alla sfera dinamico-relazionale, intaccando chiaramente gli aspetti relazionali della vita dei superstiti e, segnatamente, sconvolgendo la loro vita familiare conseguenza della lesione dei diritti inviolabili della famiglia e che distinta considerazione deve farsi tuttavia con riferimento al danno morale, “rappresentativo delle conseguenze e degli aspetti interiori dell’evento”, secondo la ricostruzione ormai acquisita nella giurisprudenza di legittimità anche sulla base del modificato testo degli artt. 138 e 139 cod. ass..
3. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, “erronea censura della liquidazione del danno biologico; violazione e falsa applicazione dell’art. 2059 c.c. in uno all’omesso esame di un fatto decisivo; violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.”.
Si dolgono della scissione dell’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno biologico, ascrivendolo ad erronea esclusione della personalizzazione che dello stesso era stata operata dal primo giudice.
Questa – affermano – era giustificata, da un lato, dagli elementi emergenti dalla c.t.u. che, confermando “il disagio psico-fisico accusato” dai congiunti della vittima, aveva dimostrato l’esistenza di menomazioni peculiari e straordinarie, tali da rendere il danno più grave, dall’altro, dalla necessaria “attualizzazione” del credito.
Lamentano che, peraltro, in tal modo, la corte d’appello è andata oltre quanto chiesto dall’appellante principale con il proprio gravame.
4. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione dell’art. 112 c.p.c.; “erronea esclusione dell’attualizzazione senza essere stata richiesta” (così nell’intestazione).
Il motivo ripete, in sostanza, la medesima censura già svolta all’interno del secondo, sul rilievo che né l’appellante principale né quelli incidentali avevano mosso alcuna censura sul tema della “attualizzazione” del danno.
5. Con l’unico motivo del ricorso incidentale il Comune di Pagani censura come “non corretta, illogica e non motivata” la sentenza nella parte in cui ha riconosciuto ad esso una concorrente responsabilità nella causazione del sinistro per non aver provveduto ad eliminare, a poche ore dalla segnalazione, la fuoriuscita da una condotta idrica comunale di acqua poi riversatasi sulla strada.
Evidenzia che, come si evince dal rapporto di servizio del Corpo di Polizia Locale, la pozzanghera si trovava a 60 metri dalla posizione ove sono stati rinvenuti i veicoli.
6. Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile.
Esso non si confronta, infatti, con la ratio decidendi posta a fondamento della sentenza impugnata, la quale ha escluso la spettanza di ulteriore danno risarcibile da perdita del rapporto parentale non perché abbia escluso la risarcibilità della sofferenza morale derivante da detta lesione, né perché abbia al contrario individuato, a priori e in astratto, nel danno morale, l’unica conseguenza risarcibile derivante dalla lesione del rapporto parentale, ma ben diversamente perché ha ritenuto che, nel caso concreto, quello già liquidato dal primo giudice a titolo di “danno non patrimoniale per la perdita parentale” si identificasse o, comunque, comprendesse già il pregiudizio rappresentato dalla sofferenza morale, “non essendo emersa la sussistenza di una forma ulteriore di danno ad esso riconducibile” (v. sentenza, pag. 12).
In tal senso può intendersi il successivo passaggio della sentenza, là dove si osserva che “nemmeno… (il tribunale)… aveva evidenziato la sostanziale differenza tra il danno parentale sofferto dai congiunti della vittima, in relazione al loro vivere nell’ambiente familiare e sociale, sconvolto dal tragico evento che li ha coinvolti (considerato, tra l’altro, che due figli neonati ed una donna di giovanissima età – 18 anni al momento dell’evento – o i genitori di un giovane figlio, già padre di famiglia, subiscono un danno relazionale sicuramente riferibile al notorio e comunque presumibile) e la sofferenza intima sofferta da ciascuno di loro, a causa della perdita del marito, del padre e del figlio”.
Varrà rammentare al riguardo che dalla lesione del rapporto parentale (così come da qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica) possono derivare due distinti pregiudizi di carattere non patrimoniale: il danno morale e il danno di tipo dinamico-relazionale (v. Cass. 17/01/2018, n. 901; 27/03/2018, n. 7513; 28/09/2018, n. 23469).
Si tratta di danni ben distinti e autonomi, l’uno afferente alla sfera interiore del danneggiato e rappresentato dalla sofferenza morale (dolore dell’animo), l’altro relativo alla proiezione esterna della persona nelle relazioni umane, nelle abitudini e nello stile di vita (pregiudizio di tipo dinamico-relazionale).
Nel caso della lesione del rapporto parentale non è detto che debbano sussistere entrambi; può ravvisarsi il primo ma non il secondo; deve anzi ritenersi che, in tale ipotesi, il tipico e più frequentemente apprezzabile pregiudizio è proprio quello morale che ben può sussistere ed essere particolarmente profondo anche se non si verifichi un effettivo e rilevante mutamento delle abitudini di vita.
Tale distinzione si radica sul piano ontologico della diversa natura e fenomenologia dei due tipi di pregiudizio e si riflette inevitabilmente su quello degli oneri probatori.
Quanto in particolare al pregiudizio di natura relazionale sarà necessaria la dimostrazione di “fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, che è onere dell’attore allegare e provare”, non potendo esso ritenersi sussistente per il solo fatto che il superstite lamenti la perdita delle abitudini quotidiane (v. Cass. 11/11/2019, n. 28989, in motivazione p. 26, pag. 13; Cass. 19/10/2016, n. 21060; 20/08/2015, n. 16992; 13/05/2011, n. 10527).
Secondo criteri inevitabilmente diversi andrà invece modulato l’apprezzamento del danno morale, che, vivendo in interiore homine, ben può sussistere anche se quello sconvolgimento dello stile di vita non sia oggettivamente rilevabile, fermo restando naturalmente che anch’esso deve essere allegato e concretamente provato, seppure, necessariamente, per mezzo di presunzioni.
Coerente con tali principi e con la ricostruzione concettuale ad essi sottesa si appalesa dunque la sentenza impugnata in quanto leggibile, in parte qua, nel senso che l’importo liquidato dal primo giudice a titolo di danno da perdita del rapporto parentale deve ritenersi esaustivo di ogni tipo di pregiudizio risarcibile in quanto concretamente comprovato, in mancanza di sufficienti elementi probatori che possano giustificarne un ulteriore incremento, quale quello riconosciuto in primo grado a titolo di (ulteriore) danno morale.
I ricorrenti come detto non colgono tale ratio decidendi e la loro censura va pertanto, sul punto, ritenuta inammissibile.
7. Il secondo motivo del ricorso principale è altresì inammissibile, con riferimento a tutte le diverse censure nelle quali si articola.
7.1. La prima di essa, che come detto contesta l’esclusa personalizzazione del danno biologico, richiede in sostanza, peraltro assertivamente, una rivisitazione della valutazione di merito circa la mancanza di “circostanze specifiche ed eccezionali” che potessero tale personalizzazione giustificare.
Va al riguardo ribadito che in presenza d’un danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (oggi secondo il sistema c.d. del punto variabile) può essere aumentata, nella sua componente dinamico-relazionale, solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale, eccezionali ed affatto peculiari: le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l’id quod plerumque accidit (ovvero quelle che qualunque persona con la medesima invalidità non potrebbe non subire) non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento. Le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l’id quod plerumque accidit (ovvero quelle che qualunque persona con la medesima invalidità non potrebbe non subire) non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento (v. giurisprudenza dianzi cit., p. 6, cui adde Cass. 11/11/2019, n. 28988 e, da ultimo, Cass. 10/11/2020, n. 25164).
A tale principio si uniforma la sentenza impugnata, avendo escluso la possibilità di aumentare l’importo liquidabile sulla base delle tabelle milanesi (aumento peraltro operato in primo grado in misura di gran lunga superiore alla percentuale del 30% dell’importo risultante dall’applicazione delle dette tabelle).
La critica dei ricorrenti, lungi dall’evidenziare un error iuris nella ricognizione o nella concreta applicazione di detti principi, si muove sul piano della ricognizione del fatto, assumendo che la fattispecie concreta avrebbe dovuto ricostruirsi come idonea a far emergere i presupposti della personalizzazione.
Tanto essi deducono, però, in termini meramente apodittici e assai lontani dal paradigma censorio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, limitandosi a richiamare del tutto genericamente la relazione di c.t.u. (richiamo anche inosservante dell’onere di specifica indicazione imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 6) e, peraltro, postulando quale emergenza a tal fine sufficiente la conferma, da essa traibile, dell’esistenza del “disagio psico-fisico accusato” dai congiunti della vittima: dato questo che però costituisce esso stesso nulla più che l’ubi consistam del danno biologico standard.
7.2. Nella seconda parte del motivo la statuizione in esame è censurata perché la corte d’appello: a) non avrebbe tenuto conto della necessaria “attualizzazione” (recte rivalutazione), dell’importo liquidato; b) perché tale rivalutazione avrebbe conseguentemente negato in mancanza di alcun motivo di gravame sul punto.
Quest’ultima censura è poi riproposta, in termini sostanzialmente identici, con il terzo motivo, che va quindi congiuntamente esaminato.
Tutte tali censure si appalesano inammissibili perché aspecifiche.
Omettono, infatti, i ricorrenti, di fornire alcuna specifica indicazione che consenta di ritenere che: a) la rivalutazione fosse stata riconosciuta in primo grado ed eventualmente in che misura; b) i diversi importi liquidati in appello siano il risultato di una esclusione di tale componente.
Essi omettono inoltre di indicare, nel rispetto degli oneri di specificità dettati all’art. 366 c.p.c., n. 6, quale fosse il contenuto degli appelli sul punto proposti da Axa Ass.ni S.p.a. e dalla Provincia di Salerno.
8. L’unico motivo del ricorso incidentale proposto dal Comune di Pagani è anch’esso inammissibile.
Si chiede con esso, invero, una mera rivalutazione del fatto, senza nemmeno evocare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e senza peraltro confrontarsi con la specifica motivazione sul punto spesa in sentenza, ma censurando la stessa in termini meramente assertivi e oppositivi, in palese violazione dell’onere imposto dall’art. 360 c.p.c., n. 4.
9. Sia il ricorso principale che quello incidentale vanno pertanto dichiarati inammissibili.
Le spese del presente giudizio vanno conseguentemente compensate tra i ricorrenti principali e il Comune di Pagani, stante la reciproca soccombenza.
I ricorrenti principali dovranno invece sopportare l’onere di quelle sostenute dalle altre controricorrenti, liquidate come da dispositivo.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, principali e incidentale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.
P.Q.M.
dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale. Compensa le spese tra i ricorrenti principali e il Comune di Pagani, ricorrente incidentale. Condanna i ricorrenti principali, in solido, al pagamento, in favore delle controricorrenti Axa Assicurazioni S.p.a. e Provincia di Salerno, delle spese processuali, che liquida, per ciascuna, in Euro 7.800 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021