Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.31633 del 04/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – rel. Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19843-2019 proposto da:

G.K., rappresentato e dieso dall’avv. MARIO DI FRENNA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, ***** IN PERSONA DEL MINISTRO PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3090/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 14/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/02/2021 dal Consigliere e Presidente Dott. MANNA Felice.

RITENUTO IN FATTO

G.K., cittadino ***** nato nel *****, proponeva ricorso innanzi al Tribunale di Bologna avverso la decisione della locale Commissione territoriale, che aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale o umanitaria.

Il Tribunale respingeva la domanda, con ordinanza dell’1.2.2017.

Contro la quale il richiedente proponeva con citazione, innanzi alla Corte distrettuale di Bologna, un primo appello, rubricato al n. 623/17 RG, cui rinunciava ancor prima dell’udienza, avendo ravvisato un errore di compilazione dell’atto introduttivo (mancanza della vocatio in ius), precisando nell’atto di rinuncia che non intendeva rinunciare all’azione, avendo provveduto alla notificazione di un nuovo atto d’appello. Seguiva, quindi, declaratoria di estinzione del processo con ordinanza del 21.4.2017.

Tale secondo appello (anch’esso proposto con citazione), notificato il 6.3.2017 e rubricato sub n. 646/17 RG, era dichiarato inammissibile dalla medesima Corte territoriale con sentenza n. 3090 pubblicata il 14.12.2018, in applicazione del principio di cui a Cass. n. 20112/17, per cui la rinuncia all’appello produce i suoi effetti (estinzione del processo e passaggio in giudicato della sentenza impugnata) indipendentemente dagli eventuali diversi effetti scopi che il rinunciante si fosse proposto.

Avverso quest’ultima sentenza il richiedente propone ricorso, affidato ad un solo motivo.

Il Ministero della Giustizia si è limitato a depositare un “atto di costituzione”, in vista dell’eventuale discussione orale del ricorso.

Il quale ultimo è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380-bis.1 c.p.c.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – E’ indispensabile premettere che nel vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19 così come modificato dal D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 27, comma 1, lett. F l’appello ex art. 702-quater c.p.c. proposto avverso la decisione di primo grado sulla domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale deve essere introdotto con ricorso e non con citazione, in aderenza alla volontà del legislatore desumibile dal nuovo tenore letterale della norma. Tale innovativa esegesi, in quanto imprevedibile e repentina rispetto al consolidato orientamento pregresso, costituisce un overrulling processuale che, nella specie, assume carattere peculiare in relazione al momento temporale della sua operatività, il quale potrà essere anche anteriore a quello della pubblicazione della prima pronuncia di legittimità che praticò la opposta esegesi (Cass. n. 17420 del 2017), e ciò in dipendenza dell’affidamento sulla perpetuazione della regola antecedente, sempre desumibile dalla giurisprudenza della Corte, per cui l’appello secondo il regime dell’art. 702-quater c.p.c. risultava proponibile con citazione. Resta fermo il principio che, nei giudizi di rinvio riassunti a seguito di cassazione, il giudice del merito è vincolato al principio enunciato a norma dell’art. 384 c.p.c., al quale dovrà uniformarsi anche se difforme dal nuovo orientamento della giurisprudenza di legittimità (S.U. n. 28575/18).

2. – L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 310 e 338 c.p.c., poiché – si afferma – la rinuncia agli atti estingue il processo, ma non l’azione, viepiù nel caso di specie, ove la rinuncia stessa era stata accompagnata da un’espressa riserva di riproposizione del gravame. Segue una doglianza di omesso esame del merito dell’impugnazione.

3. – Il motivo, nei diversi termini e limiti che seguono, è fondato.

Del tutto inconferente il richiamo (contenuto tanto nel ricorso, quanto nella sentenza impugnata) all’art. 310 c.p.c., che è applicabile unicamente al processo di primo grado (per i giudizi d’impugnazione vige, invece, l’art. 338 c.p.c.), va osservato che il divieto di riproposizione di un secondo appello quando il primo sia inammissibile o improcedibile è correlato – a norma dell’art. 358 c.p.c. – non al momento in cui è stato proposto il primo appello inammissibile o improcedibile, bensì alla dichiarazione di tali inammissibilità o improcedibilità da parte del giudice dell’appello, con la conseguenza che la riproposizione non è impedita dalla pregressa verificazione di una fattispecie di inammissibilità o di improcedibilità del precedente appello che non sia stata ancora dichiarata dal giudice (n. 4658/20).

Ed infatti, è costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che la consumazione del potere di impugnazione non si verifica in virtù della sola proposizione dell’impugnazione sulla quale incida una causa di inammissibilità o, in genere, un fatto estintivo del processo, bensì per effetto della dichiarazione giudiziale dell’inammissibilità o dell’improcedibilità della impugnazione stessa o dell’estinzione (per rinuncia o per altra causa) del relativo processo. Ne consegue che, fintanto che la detta dichiarazione non sia intervenuta, la pura e semplice pendenza della precedente impugnazione non preclude, sempre che il relativo termine non sia decorso, la valida rinnovazione dell’impugnazione o la proposizione di altro mezzo di gravame (ex multis, cfr. nn. 9475/99, 5045/02 e 9058/10).

3.1. – Nella specie, la Corte d’appello si è discostata da tale univoco e indiscusso indirizzo, operando una falsa applicazione di altro principio – quello di cui alla sentenza n. 20112/17 – il quale, però, è stato formulato in una situazione processuale diversa, connotata dalla contestuale notificazione di un atto di rinuncia e di nuova impugnazione. Per contro, nel caso di specie sono stati proposti due distinti e consecutivi appelli, il primo dei quali ha dato luogo ad una dichiarazione di estinzione del processo d’impugnazione pronunciata (il 21.4.2017) mentre era già pendente la seconda impugnazione (proposta con citazione notificata il 6.3.2017).

4. – S’impone, pertanto, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna, la quale: a) preliminarmente, dovrà verificare se il secondo appello, quello proposto con citazione notificata il 6.3.2017, sia tempestivo rispetto al termine di cui all’art. 702-quater c.p.c.; e, solo in caso affermativo, b) dovrà esaminare nel merito l’impugnazione.

5. – Il regolamento delle spese di cassazione è rimesso, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3, seconda ipotesi, allo stesso giudice di rinvio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

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