LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10043-2020 proposto da:
Y.B., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO BIONDINO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
contro
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI MILANO;
– intimato –
avverso il decreto n. cronol. 1378/2020 del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 14/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Milano, con decreto n. cronol. 1378/2020, depositato il 14/2/2020, ha respinto la richiesta di Y.B., cittadina nigeriana, di riconoscimento, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria o umanitaria.
In particolare, i giudici di merito hanno sostenuto che il racconto della richiedente (essere fuggita dal Paese d’origine sia per problemi famigliari, essendo maltrattata dal marito che, per pressioni di uno zio, ella, orfana dei genitori, era stata costretta a sposare, sia perché era riuscita a fuggire da quattro uomini che, dopo avere sparato al marito, l’avevano sequestrata e temeva quindi di essere ricercata sia dal marito sia dai malviventi che l’avevano rapita) non era credibile, per estrema genericità, inverosimiglianza e quindi non sussistevano i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato (richiesta peraltro neppure reiterata dinanzi al giudice) o della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. a), b) ed anche c), atteso che nell’Ondo State, regione di provenienza del ricorrente, non sussisteva una situazione di conflitti interni o violenza generalizzata (come dai Report consultati, Refworld.org, vanguardngr, 20172018; EASO 2017); non ricorrevano i presupposti per la protezione umanitaria, in difetto di condizioni di particolare vulnerabilità, anche in relazione allo stato di salute, valutata la documentazione medica prodotta, e non essendo da sola sufficiente l’attività lavorativa avviata in Italia.
Avverso la suddetta pronuncia, comunicata il 20/2/2020, Y.B. propone ricorso per cassazione, notificato il 19/3/2020, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno (che dichiara di costituirsi al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione). E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per non avere il Tribunale rilevato una situazione di pericolo derivante da violenza indiscriminata nel Paese d’origine, sulla base di fonti aggiornate ed in relazione alla regione di provenienza della richiedente; b) con il secondo motivo, sia la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 5T.U.I., sia il difetto di motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, in ordine alla mancata valutazione del bilanciamento di interessi, in relazione al diniego di protezione umanitaria, malgrado il particolare radicamento della ricorrente in Italia, ove lavora come addetta alle pulizie in diversi alberghi milanesi; c) con il terzo motivo, sia la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3,5,6,7,8,14 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e 27, sia l’omesso esame di fatto decisivo, in relazione alla ritenuta non credibilità del racconto della richiedente, sia la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5, comma 6, e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, in relazione al diniego del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
2. Preliminarmente, va rilevato che, in data 1/6/2021, è stata pubblicata la sentenza n. 15177 delle Sezioni Unite di questa Corte.
Le Sezioni Unite, componendo un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato i seguenti principi di diritto: a) “il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, nella parte in cui prevede che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima” ha richiesto, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore”; b) “La procura speciale per il ricorso per cassazione per le materie regolate dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, e dalle disposizioni di legge successive che ad esse rimandano deve contenere in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente”.
Le Sezioni Unite hanno altresì affermato che: “Il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza”, considerato che l’inammissibilità del ricorso è conseguente all’assenza di un elemento – la certificazione della data da parte del difensore – che il legislatore ha ritenuto rilevante, cosicché il negozio unilaterale di conferimento del mandato non è inesistente ma invalido.
Va ricordato, invero, che, in sede di conversione del D.L. n. 13 del 2017, con modificazioni, ad opera della L. 13 aprile 2017, n. 46, per quanto riguarda l’art. 35 bis cit., – avente ad oggetto il regime processuale in sede di impugnazione dei provvedimenti delle Commissioni territoriali relativi al rifugio politico ed alla protezione sussidiaria, vale a dire le controversie disciplinate dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3, e da quelle che allo stesso hanno successivamente rinviato rimasto invariato il comma 2, il comma 13 è stato parzialmente sostituito nel senso che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”.
Al paragrafo n. 49 della pronuncia, le Sezioni Unite hanno precisato che “non occorre, infatti, che il difensore operi due autonome attestazioni, l’una relativa all’autentica della firma e l’altra alla certificazione della data, risultando sufficiente che anche solo attraverso un’unica asseverazione il difensore dia espressamente conto, anche senza l’uso di formule sacramentali, del fatto che la procura indichi una data successiva alla comunicazione, occorrendo soltanto che risulti in modo esplicito che detto difensore abbia asseverato l’esistenza di una data di rilascio in epoca successiva alla comunicazione del provvedimento”.
3. Nella specie, facendo applicazione dei principi di diritto qui rassegnati, il ricorso per cassazione proposto dalla ricorrente va dichiarato inammissibile, in quanto la procura non contiene alcuna espressione dalla quale risulti che il difensore abbia inteso certificare che la data di conferimento della procura sia stata successiva alla comunicazione provvedimento impugnato – nemmeno risultante dalla procura speciale – recando unicamente l’autenticazione della firma con la seguente formula “E’ firma vera ed autentica”.
4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021