Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.31649 del 04/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37619-2019 proposto da:

R.M., RU.MA., R.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO ANGELETTI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato LEONARDO GNISCI;

– ricorrenti –

contro

B.A., BO.AL., elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO TRIESTE, 149, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO MARIA DE ANGELIS, rappresentati e difesi dall’avvocato EDOARDO MAGLIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 300/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 15/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 13/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GRASSO GIUSEPPE.

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la vicenda, per quel che ancora qui residua d’utilità, può riassumersi nei termini seguenti:

– R., M. e Ru.Ma. agirono in giudizio nei confronti di Al. e B.A. in “negatoria servitutis” e i convenuti, costituitisi, contestata la domanda, in via riconvenzionale chiesero dichiararsi l’acquisto per usucapione di una servitù di passaggio;

– il Tribunale, rigettata la domanda principale, accolse quella riconvenzionale, riconoscendo, quindi, il diritto di passaggio a piedi e con mezzi motorizzati in favore del contiguo fondo dei convenuti;

– la Corte d’appello di Perugia, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettò l’impugnazione proposta dagli appellanti;

ritenuto che i R. ricorrono avverso quest’ultima sentenza sulla base di quattro motivi e che Al. e B.A. resistono con controricorso e che entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative;

ritenuto che con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 132c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 156 c.p.c., denunziando apparenza motivazionale e nullità della sentenza, esponendo, in sintesi, che:

– attraverso la esigua esposizione la sentenza d’appello era venuta radicalmente meno al dovere di sorreggere il “decisum” attraverso un impalcato motivazionale che tale potesse dirsi, stante che dai pochi righi spesi dalla statuizione non era dato cogliere le ragioni del decidere, di talché non era neppure possibile procedere a una verifica della correttezza del percorso logico-giuridico fatto proprio dal giudice;

– la Corte di Perugia, in definitiva, omettendo di prendere in puntuale rassegna i motivi d’appello (che i ricorrenti riportano in ricorso) si era limitata laconicamente a condividere la decisione di primo grado; considerato che la doglianza risulta manifestamente fondata, dovendosi osservare quanto segue:

– questi i passaggi che la sentenza impugnata assegna alla funzione motivazionale:

“Alla luce delle risultane della svolta istruttoria questa Corte condivide il ragione giuridico (così testualmente) cui è pervenuto il giudice di primo grado e rilavata la rilevanza probatoria della documentazione in atti con il conforto del confronto della deposizione dei testimoni punteggia che gli stessi assumono elementi di prova a fondamento del libero convincimento di questa Corte della fondatezza della domanda riconvenzionale)piegata dagli odierni appellati già precedentemente convenuti e parimenti la non fondatezza della domanda di appello e della stessa domanda introduttiva del giudizio da qualificabile (così testualmente) quale negatoria servitutis. Nello specifico questo Collegio ritiene provata sia la esistenza della apparenza della servitù dedotta in giudizio che l’animus possidenti sul terreno de quo e di tutti gli elementi per la declaratoria di intervenuta ad usucapionem (così testualmente) della servitù prediale di passaggio, anche carraio, sulla particella in esame di proprietà di parte appellante già attrice”;

– la giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019, Rv. 654145; ma già S.U. n. 22232/2016);

– a tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto;

– siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, ord., n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914);

– la sentenza di appello, motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, deve considerarsi nulla qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Sez. 6, n. 22022, 21/9/2017, Rv. 645333; si veda pure Cass. n. 16057/2018);

– alla luce dei richiamati principi la sentenza della Corte di Perugia deve essere dichiarata nulla, poiché sorretta da un costrutto motivazionale di pura ed evidente apparenza, attraverso il quale il giudice si è illegittimamente sottratto al dovere di spiegare le ragioni della propria decisione, la quale s’impone e giustifica proprio attraverso la piena visibilità del percorso argomentativo, che non può ridursi al nudo atto di libera, anzi arbitraria, manifestazione del volere, avendo il giudice il dovere di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, non essendo bastevole una sommaria evocazione priva di un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (in tal senso, da ultimo, Cass. nn. 9105/2017, 20921/2019, 13248/2020);

considerato che, pertanto, cassata con rinvio la sentenza impugnata, gli altri tre motivi, con i quali i ricorrenti lamentano, rispettivamente, violazione e falsa applicazione degli artt. 1146 e 1158 c.c. e nuovamente violazione dell’art. 132 c.p.c.; degli artt. 1061,1027,1028,1061 e 2697 c.c., oltre all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, restano assorbiti;

considerato opportuno rimettere al Giudice del rinvio il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto motivo e rinvia alla Corte d’appello di Perugia, altra composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

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