Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.31652 del 04/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5295-2019 proposto da:

F.S., A.M.A., AL.MI.AR., A.M., rappresentati e difesi dagli avv.ti GIANPIERO ZINGARI ed ELEONORA D’ORTA presso il cui indirizzo di posta elettronica eleggono domicilio;

– ricorrenti –

contro

B.S., B.P.M.G.;

– intimate –

avverso l’ordinanza n. 21244/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 2/0 8/ 2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 13/05/2021 dal Consigliere Dott. VARRONE LUCA.

FATTI DI CAUSA

1. A.M., F.S., Al.Mi.Ar. e A.M.A. hanno proposto ricorso per la revocazione della sentenza della Corte di Cassazione n. 21244 del 2018 che ha dichiarato il ricorso r.g. n. 24504 del 2016 improcedibile.

2. B.S. ha resistito con controricorso.

3. Su proposta del relatore, ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., comma 4, e dell’art. 380-bis c.p.c., commi 1 e 2, che ha ravvisato l’inammissibilità del ricorso, il presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte per la trattazione della controversia in Camera di Consiglio nell’osservanza delle citate disposizioni.

RAGIONI DELLA DECISIONE

La sentenza n. 21244 del 2018 di questa Corte ha dichiarato improcedibile il ricorso proposto dagli odierni ricorrenti avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva rigettato il loro appello avverso la sentenza del Tribunale di Milano con la quale era stata rigettata la loro domanda tesa a far valere la compatibilità del testamento di Bo.Ma.Na. dell’8 febbraio 2011 con il testamento del 3 giugno 2010 con il quale erano stati nominati eredi i coniugi A.M. e F.S. e con il testamento del 3 settembre 2010 con il quale erano stati nominati legatari Al.Mi.Ar. e A.M.A..

Il ricorso è stato dichiarato improcedibile per la violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, in quanto, pur avendo la stessa parte ricorrente dichiarato che la sentenza impugnata era stata notificata in data 03/08/2016, non risultava però depositata copia autentica della stessa con la relazione di notificazione. Peraltro, la mancata costituzione della controparte impediva di poter procedere al riscontro della presenza di tale relata all’interno della produzione del controricorrente, come invece consentito dalla pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. n. 10648/2017).

I ricorrenti hanno dedotto che la copia notificata della sentenza d’appello poteva rinvenirsi nel fascicolo d’ufficio del giudizio di appello e hanno fatto riferimento all’istanza di trasmissione del fascicolo ex art. 369 c.p.c.

Questa Corte ha ritenuto di dare continuità al seguente principio di diritto: “In tema di ricorso per cassazione, quando la sentenza impugnata sia stata notificata e il ricorrente abbia depositato la sola copia autentica della stessa priva della relata di notifica, deve applicarsi la sanzione dell’improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, a nulla rilevando che il ricorso sia stato notificato nel termine breve decorrente dalla data di notificazione della sentenza, ponendosi la procedibilità come verifica preliminare rispetto alla stessa ammissibilità. Parimenti, il deposito di una ulteriore istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio, con ad essa allegata anche la relata di notifica della sentenza gravata, avvenuto in data successiva alla comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale non impedisce la menzionata sanzione, atteso che, da un lato, il detto deposito, a tal fine, deve avvenire entro il termine perentorio di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1 e, dall’altro, non è previsto, al di fuori di ipotesi eccezionali, che nel fascicolo d’ufficio debba inserirsi copia della relata di notifica, trattandosi di attività che non avviene su iniziativa dell’ufficio e che interviene in un momento successivo alla definizione del giudizio (Sez. 6-2, ord. n. 21386 del 2017).

Il ricorso per revocazione si fonda sul dedotto errore di fatto dell’ordinanza circa l’applicabilità del principio di diritto di cui alla ordinanza n. 21386 del 2017, limitato alla sola ipotesi della presenza di una doppia istanza di trasmissione del fascicolo ex art. 369 c.p.c., mentre nel caso di specie vi era tata una sola istanza di trasmissione e la copia della sentenza notificata era stata effettivamente depositata nel fascicolo di secondo grado. Inoltre, i ricorrenti lamentano l’errore di fatto sulla mancanza di certificazione della cancelleria della Corte d’Appello di Milano dell’avvenuto deposito della sentenza notificata, mentre dal fascicolo telematico, risulterebbe tale deposito.

Il ricorso si appalesa inammissibile in quanto i motivi sono palesemente estranei al parametro dell’errore revocatorio di fatto, rilevante ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c.. Per consolidata interpretazione, invero, in materia di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, l’errore di fatto di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, deve consistere in una disamina superficiale di dati di fatto che abbia quale conseguenza l’affermazione o la negazione di elementi decisivi per risolvere la questione, ovvero in un errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale. E’ invece inammissibile il ricorso ex art. 395 c.p.c., n. 4, ove vengano dedotti errori di giudizio concernenti i motivi di ricorso esaminati dalla sentenza della quale è chiesta la revocazione, ovvero l’errata valutazione di fatti esattamente rappresentati o, ancora, l’omesso esame di atti difensivi, asseritamente contenenti argomentazioni giuridiche non valutate (Cass. 22/09/2014, n. 19926; Cass. 09/12/2013, n. 27451; Cass. Sez. Un. 28/05/2013, n. 13181; Cass. 12/12/2012, n. 22868; Cass. 18/01/2012, n. 714; Cass. Sez. Un. 30/10/2008, n. 26022).

Non sono perciò neppure astrattamente idonee ad integrare errore revocatorio, rilevante ai sensi ed agli effetti di cui all’art. 391-bis c.p.c. e all’art. 395 c.p.c., n. 4), le deduzioni, che il ricorrente riporta nelle censure, attinenti, nella specie ad ipotizzati errori di giudizio compiuti. Infatti, la tesi del ricorrente si fonda sul fatto che sia sufficiente ai fini del rispetto dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, il deposito nel fascicolo di ufficio presso la Corte d’Appello della relata di notifica della sentenza impugnata e la richiesta di trasmissione di detto fascicolo ex art. 369 c.p.c..

Come riportato nella sentenza oggetto di ricorso per revocazione per non incorrere nella sanzione di improcedibilità non è sufficiente la mera richiesta di trasmissione del fascicolo ex art. 369 c.p.c., comma 3, per supplire al mancato deposito della relata di notifica della sentenza oggetto del ricorso per cassazione in quanto la presenza del fascicolo di ufficio di tale relata è del tutto eventuale, salvo il caso in cui il termine per impugnare decorra dalla comunicazione del relativo provvedimento, ovvero quando è posto a carico della stessa cancelleria l’onere di dar corso al decorrere del termine di cui all’art. 325 c.p.c. (cass. n. 21386 del 2017). Solo in questi casi nel fascicolo di ufficio deve trovarsi necessariamente la suddetta comunicazione. Nel caso di termine breve ex art. 325 c.p.c. decorrente dalla notifica della sentenza ex art. 326 c.p.c., l’onere di depositare copia della relata di notifica del provvedimento impugnato non può essere soddisfatto mediante la richiesta di trasmissione del fascicolo, a prescindere dalla eventuale o effettiva presenza di tale relata nel fascicolo di ufficio oggetto della richiesta di trasmissione.

In ogni caso, risulta evidente che la Corte ha esaminato il punto controverso affermando che, anche nel caso in cui nel fascicolo di ufficio fosse stata inserita copia della sentenza con la relata della sua notifica, tale deposito non avrebbe sanato la violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, che, in tal caso, prevede espressamente l’improcedibilità del ricorso. Risulta evidente che, nella specie, non vi sia stato alcun errore riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4.

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile senza provvedere sulle spese non avendo svolto difese le controparti rimaste intimate.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta-2 Sezione Civile, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

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