LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –
Dott. CASTORINA R.M. – Consigliere –
Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –
Dott. MELE F. – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15454-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
B.R., B.M., B.G., BI.MA., LABORATORIO ORTOPEDICO SENESE DI B. M. & C. SAS;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2445/2017 della COMM. TRIB. REG. TOSCANA, depositata il 21/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/06/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MELE.
Per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana n. 2445/2017, depositata il 21.11.2017, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10 giugno 2021 dal relatore, cons. Francesco Mele.
RILEVATO
che:
– La Guardia di Finanza – all’esito di verifica svolta negli anni 2005/2008 nei confronti del Laboratorio Ortopedico senese di B.M. & C. sas, esercente attività di commercio al dettaglio di articoli medicali ed ortopedici- accertava maggiori ricavi e recuperava somme a titolo di maggiori imposte per le annualità 2006 e 2007 e conseguentemente emetteva vari avvisi di accertamento nei confronti della società e dei soci della medesima, B.R., B.M., Bi.Ma. e B.G., i quali tutti – laboratorio e soci – proponevano distinti ricorsi avverso gli atti impositivi, che, nel contraddittorio tra le parti, erano accolti dalla Commissione Tributaria Provinciale di Siena con distinte sentenze, che – gravate di separati appelli da parte dell’Ufficio – erano confermate dalla CTR, previa riunione degli appelli.
– Per la cassazione della sopra menzionata sentenza, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso. I contribuenti, intimati, non si sono costituiti.
CONSIDERATO
che:
– Il ricorso consta di un unico motivo che reca: “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lette D), e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, nonché degli artt. 2729 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
– Il ricorso censura la sentenza laddove la CTR ha statuito: “…. si evidenzia che non è in contestazione il fatto che la società è risultata in linea con gli studi di settore, anzi ha dichiarato ricavi superiori a quelli ritenuti congrui per analoghe attività. E’ pur vero, come afferma l’Agenzia negli atti di appello, che l’essere in regola con gli studi di settore non costituisce una causa di esclusione di controlli più approfonditi, ma è altrettanto vero che, in una situazione di congruità, la presunta omessa dichiarazione dei ricavi deve essere provata in maniera puntuale, sulla base di prove certe o, per lo meno, di presunzioni gravi precise e concordanti. L’Amministrazione finanziaria, facendo propri gli esiti della verifica della G.d.F., ha fondato le contestazioni alla società e ai soci unicamente sulla base dell’applicazione del metodo di ricarico medio, ritenuto da questo collegio non idoneo ex se a provare la presunta irregolarità. Oltretutto il settore di attività dei contribuenti è caratterizzato da alcune circostanze che non rendono plausibile un rincaro sui prodotti da officina nella misura ipotizzata dall’Amministrazione, quantificato nella misura del 560%, considerando che trattasi di ausili medici (plantari, scarpe ortopediche ecc.), acquistati dietro presentazione di ricetta medica e forniti, di norma, in ragione di una convenzione con le Aziende Sanitarie”.
Ciò premesso, la ricorrente – dopo avere precisato che l’accertamento de quo non era fondato sugli studi di settore, ma sulla ricostruzione induttiva originata dalla dichiarazione di ricavi superiore al livello di congruità – lamenta che la CTR ha errato nel ritenere che l’elemento probatorio costituito dalle percentuali di ricarico non potesse costituire il “fatto noto” da cui dedurre il “fatto ignoto” e che fossero necessarie “specifiche altre circostanze” per potere presumere l’omessa dichiarazione di corrispettivi, come se nella fattispecie l’Ufficio non avesse fornito alcun elemento probatorio circostanziato.
Il ricorso non è fondato.
Il collegio reputa di dare continuità ad una interpretazione consolidata della Corte, secondo cui non è sufficiente “ai fini dell’accertamento di un maggior reddito d’impresa, il solo rilievo dell’applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico diversa da quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza – posto che le medie di settore non costituiscono un ‘fatto notò, storicamente provato, dal quale argomentare, con giudizio critico, quello ignoto da provare, ma soltanto la estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei, risultando quindi inidonee, di per sé stesse, ad integrare gli estremi di una prova per presunzioni – ma occorre, invece, che risulti qualche elemento ulteriore…. incidente sull’attendibilità complessiva della dichiarazione, ovverosia la concreta ricorrenza di circostanze gravi precise e concordanti” (Cass. n. 27488/2013, richiamata da Cass. N. 18627/2018).
Nella fattispecie, la CTR ha premesso che parte contribuente è risultata in linea (circostanza, peraltro, non in contestazione tra le parti) con gli studi di settore, anzi ha dichiarato ricavi superiori a quelli giudicati congrui per attività analoghe; su tale premessa – caratterizzata, dunque, da una conformità agli studi di settore – la presunta omessa dichiarazione di ricavi deve essere assistita da prove certe o, quanto meno, da presunzioni gravi precise e concordanti; l’Ufficio non ha a tanto provveduto, essendosi limitato ad applicare il metodo di ricarico medio, motivatamente ritenuto dalla CTR – non idoneo, ex se, a provare la ipotizzata irregolarità.
Per le ragioni esposte il ricorso va rigettato.
Nulla va disposto in punto spese atteso che parte contribuente non si è costituita.
PQM
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 10 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021