Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.31729 del 04/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13575-2020 proposto da:

SPM SCARL, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 114, presso lo studio dell’avvocato VALLEBONA ANTONIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COSTA IVANO;

– ricorrente –

contro

DIREZIONE TERRITORIALE LAVORO CALTANISSETTA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 463/2019 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 16/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/05/2021 dal Consigliere Dott. VARRONE LUCA.

FATTI DI CAUSA

RILEVATO CHE:

1. La società S.P.M. s.c.a.r.l. ha proposto ricorso avverso la pronuncia della Corte di Appello di Caltanissetta di accoglimento dell’appello della direzione Territoriale del lavoro di Caltanissetta e di rigetto dell’opposizione alle ordinanze ingiunzione n. 14/469, 15/470, 15/471, e 15/472 del 5 novembre 2015 per violazione del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3, del D.L. n. 112 del 2008, art. 40, comma 2, e della L. n. 608 del 1996, art. 9-bis, comma 2, del D.L. n. 112 del 2008, art. 39 comma 1, e della L. n. 4 del 1953, art. 1;

Il ricorso si fonda su due motivi: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c. e art. 105 c.p.c., comma 2, per avere erroneamente affermato la validità della deposizione della teste Noto; 2) violazione e falsa applicazione dell’art. 2904 c.c. per avere erroneamente affermato che esisteva un rapporto di lavoro subordinato tra la ricorrente e le lavoratrici N. e D. a partire dal 16 maggio 2011;

Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “I motivi di ricorso sono palesemente infondati perché la sentenza ha ritenuto provato l’illecito principalmente sulla base testimonianza della lavoratrice D. che non aveva alcuna pendenza giudiziaria con la ricorrente avente ad oggetto la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato. La testimonianza della teste N., peraltro, è stata richiamata dalla Corte d’Appello solo come conferma di quanto dichiarato dall’altra testimone e tenendo anche conto del suo interesse di fatto all’esito del giudizio.

Peraltro: la nullità della testimonianza resa da persona incapace, ai sensi dell’art. 246 c.p.c., essendo posta a tutela dell’interesse delle parti, è configurabile come nullità relativa e, in quanto tale, deve essere eccepita subito dopo l’assunzione della prova, rimanendo altrimenti sanata ai sensi dell’art. 157 c.p.c., comma 2; qualora detta eccezione venga respinta, l’interessato ha l’onere di riproporla in sede di precisazione delle conclusioni e nei successivi atti di impugnazione, dovendosi altrimenti ritenere rinunciata, con conseguente sanatoria della nullità per acquiescenza, rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo. Il ricorrente non indica nel ricorso di aver sollevato la relativa eccezione tempestivamente. Il secondo motivo richiede una rivalutazione in fatto della vicenda ed è pertanto inammissibile”;

Considerato che:

– il Collegio condivide la proposta del Relatore;

– la memoria depositata dal difensore non offre argomenti nuovi rispetto ai motivi di ricorso, essendo meramente reiterativa degli stessi e confermando peraltro la tardività dell’eccezione di incapacità a testimoniare;

In relazione al secondo motivo deve specificarsi che, anche se il ricorrente censura la violazione dell’art. 2094 c.c., in realtà sotto l’ombrello della violazione di legge richiede una diversa valutazione degli elementi istruttori sulla base dei quali la Corte d’Appello ha ritenuto provata la sussistenza degli illeciti amministrativi contestati al ricorrente dalla direzione territoriale del lavoro.

– il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile;

– nulla va statuito sulle spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva;

– ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta-2 Sezione Civile, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021

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