LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. TRISCARI G. – rel. Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria Giuli – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29526 del ruolo generale dell’anno 2015 proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;
– ricorrente principale –
contro
M.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Luca Morani per procura speciale allegata alla memoria di costituzione di nuovo difensore, presso il cui studio in Roma, via Pasubio, n. 15, è
elettivamente domiciliato;
– controricorrente incidentale –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 4533/46/2015, depositata in data 14 maggio 2015;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2021 dal Consigliere Giancarlo Triscari.
RILEVATO
che:
dall’esposizione in fatto della sentenza censurata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei confronti di M.M. un avviso di accertamento, relativo all’anno 2008, con il quale aveva contestato al contribuente, nella sua qualità di amministratore di fatto della società Euronet Consulting s.r.l., la responsabilità solidale conseguente alle violazioni contestate alla società ai fini Ires, Irap e Iva; avverso l’avviso di accertamento il contribuente aveva proposto ricorso che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Caserta; avverso la pronuncia del giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello principale ed il contribuente appello incidentale (limitatamente alla parte della sentenza che aveva statuito sulle spese);
la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato l’appello principale dell’Agenzia delle entrate, in particolare ha ritenuto che: l’atto di appello “rasenta l’inammissibilità”, in quanto, pur contestando genericamente la decisione di primo grado circa la ricostruzione della qualità di amministratore di fatto del contribuente, aveva omesso di specificare le ragioni a sostegno della doglianza; l’avviso di accertamento difettava di motivazione, in quanto il processo verbale di constatazione, in esso richiamato, non era stato posto a conoscenza del contribuente;
l’Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a due motivi di censura, cui ha resistito il contribuente depositando controricorso contenente ricorso incidentale, illustrato con successiva memoria;
l’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso al ricorso incidentale del contribuente;
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dott. Vitiello Mauro ha depositato le proprie osservazioni con le quali ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del quarto motivo di ricorso incidentale;
il contribuente ha, altresì, depositato copia della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 2651/28/2017 ed ha chiesto dichiararsi il giudicato esterno della pronuncia.
CONSIDERATO
che:
va preliminarmente disattesa l’eccezione del contribuente di giudicato esterno conseguente alla pronuncia della Commissione tributaria regionale della Campania n. 2651/28/2017;
questa Corte ha più volte precisato che il giudicato, formatosi in ordine a un periodo, può avere efficacia preclusiva nel giudizio relativo al medesimo tributo per un altro periodo solo nel caso in cui vengano in considerazione elementi rilevanti necessariamente comuni ai distinti periodi d’imposta, onde potersene desumere che l’accertamento di fatto su tali elementi (e solo l’accertamento di fatto) debba fare stato nel giudizio relativo alle obbligazioni sorte in un periodo d’imposta diverso;
in particolare, è stato affermato che “nel processo tributario, l’effetto vincolante del giudicato esterno in relazione alle imposte periodiche concerne i fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di annualità, abbiano carattere stabile o tendenzialmente permanente mentre non riguarda gli elementi variabili, destinati a modificarsi nel tempo.” (Cass. civ., n. 25516 del 2019), e quindi “in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata” (Cass. civ., n. 31084/2019; Cass. civ., 1300/2018);
nel caso di specie, il giudicato di cui alla sentenza prodotta dal contribuente riguarda altra annualità e, inoltre, si basa sulla mancanza di allegazione del processo verbale di costatazione da cui ha fatto discendere, relativamente a quell’avviso di accertamento, il difetto di motivazione, oltre che sulla genericità dell’appello;
sotto tale profilo, non è dato riscontrare alcun accertamento suscettibile di avere efficacia permanente o pluriennale riconducibile a più periodi di imposta, trattandosi, invero, di autonomi avvisi di accertamento, sicché il difetto di motivazione di quello per il quale è stata resa la sentenza passata in giudicato non può estendersi al diverso avviso di accertamento oggetto del presente giudizio;
con il primo motivo di ricorso principale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4), per avere ritenuto inammissibile l’atto di appello proposto dall’Agenzia delle entrate con una motivazione apparente;
il motivo è inammissibile;
la statuizione censurata, in realtà, non ha valenza di autonoma pronuncia decisoria, in quanto tale suscettibile di impugnazione; invero, il giudice del gravame ha affermato che “l’atto di impugnazione rasenta l’inammissibilità”, ma proprio l’utilizzo della espressione “rasenta” esclude che il giudice del gravame volesse esprimere una valutazione di inammissibilità del motivo di appello, tanto che, successivamente, entra nel merito della valutazione della legittimità dell’avviso di accertamento valutando la questione del difetto di motivazione del suddetto atto impositivo, incentrando, quindi, su questo diverso ed un unico profilo la ragione decisoria della controversia;
con il secondo motivo di ricorso principale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omessa considerazione di fatti decisivi e oggetto di discussione tra le parti; in particolare, la ricorrente principale censura la sentenza per avere omesso di considerare gli elementi di fatto da cui evincere che il contribuente era a conoscenza del contenuto del processo verbale di constatazione, segnatamente la circostanza che il suddetto verbale faceva riferimento a sedici emails che erano state inviate al contribuente al fine di ricevere da queste informazioni e richieste di decisioni in ordine a fatti attinenti alla gestione della società Euronet Consulting s.r.l.;
evidenzia a tal proposito che il contribuente, nel suo ricorso, aveva contestato solo tre emails, mostrando, in tal modo, di essere venuto a conoscenza delle stesse e che, in altro giudizio, erano state contestate anche le altre emails sicché, da tali circostanze, poteva evincersi che, sia delle une che delle altre emails, il contribuente era venuto a conoscenza e, quindi, mostrando, con valenza confessoria, di avere avuto piena conoscenza del contenuto del processo verbale di constatazione;
evidenzia infine che il contenuto dell’accertamento non derivava dal verbale di constatazione, ma da quanto riportato espressamente nel suddetto atto impositivo;
il motivo è inammissibile;
va, in primo luogo, evidenziato che non correttamente il ricorrente incidentale prospetta la formazione del giudicato interno per non avere l’Agenzia delle entrate proposto alcuna ragione di censura avverso l’autonoma decisione del giudice di primo grado con la quale era stata ritenuta la violazione del diritto di difesa a causa della mancata allegazione del processo verbale di constatazione all’avviso di accertamento;
in realtà, lo stesso ricorrente incidentale evidenzia che l’Agenzia delle entrate aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva disconosciuto che il contribuente non poteva non essere a conoscenza del contenuto del processo verbale di constatazione il che implica che la ragione di doglianza atteneva alla completezza dell’avviso di accertamento sotto il profilo motivazionale, circostanza che comporta anche la doglianza circa 1"insussistenza della violazione del diritto di difesa quale corollario della insufficienza motivazionale dell’atto impositivo;
ciò precisato, va comunque ritenuto inammissibile il presente motivo di censura ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c.;
la circostanza di fatto, in relazione alla quale si orienta il presente motivo di censura, attiene alla sufficienza motivazionale dell’avviso di accertamento e, in particolare, alla conoscenza da parte del contribuente del contenuto del processo verbale di constatazione in esso richiamato;
dalla sentenza censurata si evince che il giudice di primo grado aveva, sul punto, ritenuto che la mancata allegazione all’atto di accertamento del processo verbale di constatazione aveva vulnerato il diritto di difesa del contribuente, posto che non era stato portato alla sua conoscenza, e che tale circostanza era determinante, in quanto avrebbe dovuto contenere, come indicato nel medesimo atto, i numerosi elementi che avrebbero potuto consentire di ricondurre al contribuente l’amministrazione di fatto della società;
il giudice del gravame si e’, sostanzialmente, orientato sulla medesima falsariga, avendo accertato che il processo verbale non era stato posto a conoscenza del contribuente e, sotto tale profilo, nessuna prova era stata dedotta dall’Agenzia delle entrate;
in entrambi i giudizi, dunque, si è accertata la mancata conoscenza da parte del contribuente dei contenuti del processo verbale di constatazione, ritenuti essenziali in quanto solo sulla base degli stessi poteva essere consentito al contribuente di avere piena conoscenza degli specifici fatti sulla cui base era stata ipotizzata, dall’amministrazione finanziaria, la sua responsabilità quale amministratore di fatto, con conseguente applicabilità, al caso di specie, del limite, posto dall’art. 384 ter c.p.c., alla censurabilità della sentenza per vizio di motivazione;
ne consegue, per quanto evidenziato, il rigetto del ricorso principale; con il primo motivo di ricorso incidentale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c., comma 1, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 73, comma 1, del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, del D.L. n. 269 del 2003, art. 7, per non avere statuito sulla illegittimità della pretesa per difetto di legittimazione del contribuente, non potendo questi essere considerato soggetto passivo della pretesa riguardante la società né destinatario delle sanzioni;
il motivo è inammissibile;
parte ricorrente è risultata totalmente vittoriosa dalla pronuncia del giudice del gravame, sicché la prospettazione, in questa sede, della questione del difetto di legittimazione sostanziale del contribuente relativamente alla pretesa ed alla sanzione, sulle quali il giudice di appello non si è pronunciato, in quanto assorbita dalla statuizione relativa al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento per mancata notifica del processo verbale di constatazione, avrebbe dovuto essere compiuta mediante mera riproposizione della questione, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., non dovendosi, invece, proporre ricorso incidentale;
con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53 e 56, degli artt. 324 e 329 c.p.c., e dell’art. 2909 c.c., per non essersi il giudice del gravame pronunciato sulla questione relativa alla formazione del giudicato interno sull’autonoma ratio decidendi consistente nella violazione del diritto di difesa per mancata allegazione del processo verbale di constatazione;
con il terzo motivo di ricorso incidentale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53 e 56, degli artt. 324 e 329 c.p.c., e dell’art. 2909 c.c., per avere implicitamente rigettato la questione relativa alla formazione del giudicato interno sull’autonoma ratio decidendi consistente nella violazione del diritto di difesa per mancata allegazione del processo verbale di constatazione;
le considerazioni espresse in sede di esame dell’eccezione proposta dalla controricorrente al secondo motivo di ricorso principale ha valore assorbente dei motivi di ricorso in esame;
con il quarto motivo di ricorso si censura la sentenza per violazione del D.L. n. 1 del 2012, art. 112, art. 9, comma 2, nonché del D.M. n. 140 del 2012, art. 1, art. 17 e art. 28, commi 2 e 3, per non essersi pronunciata sul motivo di appello con il.quale era stata chiesta la riforma della pronuncia di primo grado in punto di determinazione dei compensi professionali;
il motivo è fondato;
la sentenza del giudice del gravame, pur dando atto che la ricorrente incidentale aveva proposto “appello incidentale richiedendo l’applicazione della tariffa in sede di liquidazione delle spese”, non si è pronunciata sulla questione, essendosi limitata a rigettare l’appello principale, senza alcuna statuizione in ordine alla questione proposta con l’appello incidentale, incorrendo, in tal modo, nella violazione dell’art. 112 c.p.c.;
in conclusione, il primo e secondo motivo di ricorso principale sono inammissibili, con conseguente rigetto del ricorso principale, è inammissibile il primo motivo di ricorso incidentale, assorbiti il secondo e terzo, è fondato il quarto motivo di ricorso incidentale, con conseguente accoglimento del ricorso incidentale per il motivo accolto e cassazione della sentenza con rinvio alla Commissione tributaria regionale, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
PQM
La Corte:
rigetta il ricorso principale, accoglie il quarto motivo di ricorso incidentale, infondato il primo e assorbiti il secondo ed il terzo, con conseguente accoglimento del ricorso incidentale per il motivo accolto e cassazione della sentenza con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021