LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15919-2019 proposto da:
STANLEYBET MALTA LIMITED, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VINCENZO BELLINI 24, presso lo studio dell’avvocato FRANCHINI FORLANI STUDIO LEGALE DE BERTI JACCHIA, rappresentata e difesa dagli avvocati ANTONELLA TERRANOVA, FABIO FERRARO, DANIELA AGNELLO e ROBERTO A. JACCHIA;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il provvedimento n. 8577/2018 della COMM.TRIB.REG.LAZIO, depositata il 06/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/04/2021 dal Consiglie’re Dott. GIOVANNI FANTICINI.
RILEVATO
che:
– con distinti ricorsi la Stanleybet Malta Limited ed P.E. (quale centro di trasmissione dati – cd. “CTD” – e, cioè, prestatore di servizi in favore della Stanleybet, tra i quali l’elaborazione e la trasmissione dei dati concernenti le scommesse) impugnavano l’avviso di accertamento in materia di imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse (anno d’imposta 2008) notificato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli il 4/12/2013;
– la C.T.P. di Roma accoglieva parzialmente i ricorsi riuniti, limitatamente alle sanzioni irrogate (ridotte del 50%);
– la C.T.R. del Lazio, con la sentenza n. 8577 del 6/12/2018, respingeva l’appello di Stanleybet Malta Limited e accoglieva, invece, l’impugnazione di P.E.;
– avverso tale decisione la Stanleybet Malta Limited propone ricorso per cassazione affidato a otto motivi;
– resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, la quale ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.;
– anche la Stanleybet ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c. (contenente, tra l’altro, richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea), nonché istanza volta alla trattazione della controversia in pubblica udienza.
CONSIDERATO
che:
1. Preliminarmente, l’istanza di trattazione della causa in pubblica udienza va disattesa in quanto – in adesione all’indirizzo espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte – il Collegio giudicante ben può escludere, nell’esercizio di una valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti della trattazione in pubblica udienza, in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare nel caso di specie (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 14437 del 5/6/2018, Rv. 649623-01), e allorquando non si verta in ipotesi di decisioni aventi rilevanza nomofilattica (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 8093 del 23/4/2020).
In particolare, la sede dell’adunanza camerale non è incompatibile, di per sé, anche con la statuizione su questioni nuove, soprattutto se non oggettivamente inedite e già assistite da un consolidato orientamento, a cui la Corte fornisce il proprio contributo; nel caso de quo, il tema oggetto del giudizio è “nuovo” nella giurisprudenza di questa Corte (che, comunque, ha già reso recentemente numerose statuizioni a riguardo), ma non è inedito, in quanto compiutamente affrontato in tutti i suoi risvolti, da un lato, dalla Corte Costituzionale (con la sentenza n. 27 del 14 febbraio 2018) e, dall’altro, dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (con la sentenza del 26 febbraio 2020, causa C-788/18, Stanleyparma Sas di C.P. & C., Stanleybet Malta Ltd contro Agenzia delle dogane e dei monopoli *****) e i principi affermati risultano ampiamente e diffusamente recepiti pure dalla giurisprudenza di merito, nonché da diverse pronunce di questa stessa Corte.
Così ampie e convergenti affermazioni inducono quindi a ritenere preferibile la scelta del procedimento camerale, funzionale alla decisione di questioni di diritto di rapida trattazione non caratterizzate da peculiare complessità, senza che la giurisprudenza penale di questa Corte (richiamata nell’istanza di rimessione alla pubblica udienza) possa incrinare i principi in questione.
Quanto al profilo delle esigenze difensive, va anzitutto nuovamente sottolineato che, in conformità alla giurisprudenza sovranazionale, il principio di pubblicità dell’udienza, pur previsto dall’art. 6 CEDU e avente rilievo costituzionale, non riveste carattere assoluto e vi si può derogare in presenza di “particolari ragioni giustificative”, ove “obiettive e razionali” (in proposito, Corte Cost., Sentenza n. 80 dell’11/3/2011, e Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 26480 del 20/11/2020, Rv. 659507-01); in ogni caso, dette esigenze sono anche in concreto presidiate, perché le parti hanno illustrato la propria rispettiva posizione in esito alle pronunce della Corte costituzionale e della Corte di Giustizia depositando osservazioni scritte.
2. Parimenti da respingere è l’istanza di rinvio ex art. 267 TFUE, non ravvisandosi la necessità di promuovere un nuovo rinvio alla Corte di Giustizia, neppure ponendosi una questione di interpretazione della precedente statuizione della Corte, esaustiva e completa, risolvendosi le deduzioni della Stanleybet in una mera critica della sentenza resa nella causa C-788/18 che sembra postulare che la Corte dell’UE abbia riconosciuto nella propria giurisprudenza la legittimità della gestione delle attività connesse a giochi d’azzardo in regime di libera prestazione per il tramite dei centri di trasmissione dati, mentre “La Corte, pur avendo constatato l’incompatibilità con il diritto dell’Unione di alcune disposizioni delle gare avviate per l’attribuzione di contratti di concessione di servizi connessi ai giochi d’azzardo, non si è pronunciata sulla legittimità della gestione delle attività connesse a giochi d’azzardo in regime di libera prestazione per il tramite dei CTD in quanto tale” (Corte di Giustizia UE, sentenza del 19 dicembre 2018, causa C-375/17, Stanley International Betting Ltd, punto 67).
Irrilevante, poi, è la giurisprudenza penale di questa Corte (Cass., Sez. 3 pen., Sentenza n. 25439 del 9/7/2020, dep. 9/9/2020) che si riferisce alla diversa questione della rilevanza penale dell’attività d’intermediazione e di raccolta delle scommesse, esclusa, in base alla giurisprudenza Eurounitaria, qualora l’attività di raccolta sia compiuta in Italia da soggetti appartenenti alla rete commerciale di un bookmaker operante nell’ambito dell’Unione Europea che sia stato illegittimamente escluso dai bandi di gara attributivi delle concessioni: il fatto che quel bookmaker non risponda del reato di esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa, previsto e punito dalla L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 4, commi 1 e 4-bis, non produce alcuna influenza sulla soggettività passiva della imposta unica sulle scommesse, che il D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3, riferisce a chiunque, con o senza concessione, gestisce i concorsi pronostici o le scommesse.
3. Tutte le censure svolte col ricorso di Stanleybet Malta Limited sono state oggetto di precedenti decisioni di questa stessa Sezione (le cui motivazioni sono qui espressamente condivise e richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c.), espressive di un univoco orientamento giurisprudenziale al quale il Collegio intende dare continuità.
Infatti, attraverso plurime pronunce (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 8757 del 30/3/2021; Cass., Sez. 5, Ordinanze nn. 8907-8911 del 31/3/2021; Cass., Sez. 5, Ordinanze nn. 9079-9081 dell’1/4/2021; Cass., Sez. 5, Ordinanze nn. 9144-9153, 9160, 9162, 9168, 9176, 9178, 9182, 9184 del 2/4/2021; Cass., Sez. 5, Ordinanze nn. 9516, 9528-9537 del 12/4/2021; Cass., Sez. 5, Ordinanze nn. 9728-9735 del 14/4/2021; Cass., Sez. 5, Ordinanze nn. 10472 e 10473 del 21/4/2021) questa Corte di legittimità ha così ricostruito il quadro normativo di riferimento:
– sin dalle origini il tributo sui giochi e le scommesse, che è frutto del percorso evolutivo iniziato con la tassa di lotteria (D.Lgs. 14 aprile 1948, n. 496, art. 6), è stato pensato in relazione alle “attività di gioco”: già nella relazione ministeriale al disegno di legge istitutivo dell’imposta unica n. 2033 presentato il 15 giugno 1951, si leggeva, quanto ai giochi riservati al CONI e all’UNIRE, che questi “… debbono allo Stato, per l’esercizio delle attività di giuoco predette, la corresponsione di una tassa di lotteria…”;
– il presupposto dell’imposizione non è stato pertanto correlato alla giocata in sé, ma alla prestazione di un servizio, che e’, appunto, il servizio di gioco e, in questo ambito, il prelievo colpisce il prodotto che è offerto al consumatore tramite l’organizzazione dell’attività, sotto forma di servizio;
– le ragioni di ordine storico e sistematico suesposte contribuiscono ad esplicare l’odierno assetto normativo, costituito dalle disposizioni del D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504 (il cui art. 3 stabilisce che “soggetti passivi dell’imposta unica sono coloro i quali gestiscono, anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse”), della L. 3 agosto 1998, n. 288 (che, all’art. 1, comma 2, sancisce che l’imposta unica è dovuta per i concorsi pronostici e le scommesse di qualunque tipo, relativi a qualunque evento, anche se svolto all’estero), della L. n. 220 del 2010 Legge di stabilità 2011 – (secondo la quale ” il D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, art. 1, si interpreta nel senso che l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse è comunque dovuta ancorché la raccolta del gioco, compresa quella a distanza, avvenga in assenza ovvero in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato” e “il D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, art. 3, si interpreta nel senso che soggetto passivo d’imposta è chiunque, ancorché in assenza o in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all’estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere. Se l’attività è esercitata per conto di terzi, il soggetto per conto del quale l’attività è esercitata è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta e delle relative sanzioni”), del D.M. Economia e Finanze 1 marzo 2006, n. 111 (secondo cui il concessionario è tenuto al pagamento delle somme dovute a titolo di imposta unica), della L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 644, lett. g) (che individua la base imponibile dell’imposta unica);
– sia la Corte Costituzionale, sia la Corte di Giustizia UE hanno compiutamente esaminato il quadro normativo e la sua compatibilità con la Costituzione e con l’ordinamento dell’Unione Europea;
– in particolare, la Corte Costituzionale – con la sentenza n. 27 del 23 gennaio 2018 -, ha dato atto dell’incertezza interpretativa relativa al D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3 (riguardante, cioè, l’estensione dell’ambito soggettivo dell’imposta a soggetti operanti al di fuori del sistema concessorio) nel periodo antecedente alla disposizione interpretativa L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 66, la quale ha univocamente stabilito che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte in mancanza di concessione e ha esplicitato l’obbligo, per le ricevitorie operanti per conto di bookmaker privi di concessione, di versamento del tributo (con le relative sanzioni in caso di inottemperanza); la Consulta ha escluso l’irragionevolezza dell’equiparazione, ai fini tributari, tra il “gestore per conto terzi” (cioè, il titolare della ricevitoria) e il “gestore per conto proprio” (cioè, il bookmaker), poiché entrambi i soggetti partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse soggetta a imposizione, posto che il titolare della ricevitoria (seppure non direttamente partecipe del rischio connaturato alla scommessa) assicura la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, si occupa della trasmissione al bookmaker dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento delle somme giocate, nonché del pagamento delle vincite secondo le procedure e le istruzioni fornite dal bookmaker stesso;
– già in precedenza questa Corte aveva rilevato la sussistenza di autonomi rapporti obbligatori – che, ai fini tributari, sono avvinti dal nesso di solidarietà per conseguenza paritetica, e non già dipendente – con riguardo al gioco del lotto, chiarendo che sono due i rapporti obbligatori, l’uno concluso tra lo scommettitore e il raccoglitore e l’altro tra lo scommettitore ed il gestore (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15731 del 27 luglio 2015); inoltre, la stessa giurisprudenza penale citata nella memoria della Stanleybet (Cass., Sez. 3 pen., Sentenza n. 25439 del 9/7/2020, dep. 9/9/2020) evidenzia la rilevanza del ruolo del ricevitore appartenente alla rete distributiva del bookmaker (punto 5), consistente nella “raccolta e trasmissione delle scommesse per conto di quest’ultimo, rilasciando le ricevute emesse dal terminale di gioco – con le annesse attività di incasso delle poste e di pagamento delle eventuali vincite…”;
– secondo le statuizioni della Corte Costituzionale, dunque, per la ricevitoria l’attività gestoria che costituisce il presupposto dell’imposizione va riferita alla raccolta delle scommesse, il volume delle quali determina anche la provvigione e, per conseguenza, il suo stesso rischio imprenditoriale, e la scelta legislativa di assoggettare all’imposta i titolari delle ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione non viola il principio di capacità contributiva, nei limiti in cui il rapporto tra il titolare della ricevitoria che agisce per conto di terzi e il bookmaker sia disciplinato da un contratto che regoli anche le commissioni dovute al titolare della ricevitoria per il servizio prestato; attraverso la regolazione negoziale delle commissioni, infatti, il titolare della ricevitoria ha la possibilità di trasferire il carico tributario sul bookmaker per conto del quale opera e tale rivalsa svolge funzione applicativa del principio di capacità contributiva, poiché redistribuisce tra i coobbligati – bookmaker e ricevitoria, che hanno comunque realizzato, sia pure in vario modo, il presupposto impositivo – il carico fiscale in relazione alla partecipazione di ognuno a tale realizzazione;
– sulla scorta delle predette considerazioni, la Corte Costituzionale – pur rilevando che, in mancanza di regolazione degli effetti transitori e in ragione della natura interpretativa della L. n. 220 del 2010, quest’ultima disciplina va applicata anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore – ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3, e della L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 66, lett. b), soltanto nella parte in cui essi prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione; in quel periodo non si può difatti procedere alla traslazione dell’imposta, perché l’entità delle commissioni già pattuite fra ricevitorie e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro precedente alla L. n. 220 del 2010: ne discende che per gli anni d’imposta anteriori al 2011 non soggiacciono all’obbligo tributario le ricevitorie (CTD), ma soltanto i bookmaker, con o senza concessione, in base al combinato disposto del D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3, e della L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 66, lett. a), usciti indenni dal vaglio di legittimità costituzionale; al contrario, a partire dal 2011, non può riscontrarsi la medesima ragione d’illegittimità costituzionale (l’impossibilità per le ricevitorie di traslare l’imposta) né per i rapporti negoziali perfezionati dopo l’entrata in vigore della norma interpretativa, né per quelli che, anche se sorti in data antecedente, si sono protratti oltre l’entrata in vigore della medesima disposizione (difatti, la solidarietà dell’obbligazione e la correlata possibilità di traslazione dell’imposta sono destinate ad influire sulla stessa portata della regolazione negoziale delle commissioni tra le parti, che, anche quando i rapporti economici siano rimasti invariati, ossia non siano stati oggetto di modifiche o di nuovi accordi in conseguenza della L. n. 220 del 2010, assume, necessariamente, un valore di conformità e adeguatezza rispetto alla nuova configurazione legale del rapporto).
4. Le osservazioni precedentemente riportate costituiscono i profili di fondo sulla cui linea deve concludersi che la maggior parte delle ragioni di censura prospettate sono inammissibili o infondate.
In particolare:
– sono infondati il primo e il secondo motivo, coi quali si deduce (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3, della L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 66, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 64, dell’art. 136 Cost. e della L. n. 87 del 1953, art. 30, comma 1, anche in relazione alla sentenza n. 27 del 2018 della Corte Costituzionale, per avere la C.T.R. – modificando i presupposti di fatto e di diritto dell’avviso di accertamento (che individuava la Stanleybet come obbligato solidale) – affermato che il bookmaker estero è assoggettato, per le annualità anteriori al 2011, all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, mancando di rilevare che la Stanleybet Malta Limited riveste il ruolo di coobbligato solidale dipendente, sicché l’infondatezza della pretesa tributaria nei confronti del CTD deve ripercuotersi anche sulla società ricorrente.
Come esposto in precedenza e conformemente a quanto già deciso da questa stessa Sezione, “non può seguirsi la linea difensiva della ricorrente secondo cui l’obbligazione solidale del “bookmaker” privo di concessione, delineata dalla disposizione interpretativa del 2010, sarebbe da qualificarsi quale dipendente, con la conseguenza che, venendo meno la configurabilità della responsabilità principale della ricevitoria, correlativamente verrebbe meno anche quella dipendente del “bookmaker”; si è già evidenziato che la Corte costituzionale, con la menzionata pronuncia, ha chiarito che entrambi i soggetti (la ricevitoria e il “bookmaker”), partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse soggetta a imposizione, sicché entrambi svolgono l’attività gestoria delle scommesse; ed è proprio in tale prospettiva, infatti, che la pronuncia di incostituzionalità della disposizione interpretativa, se da un lato ha inciso sulla parte della stessa in cui ha configurato, per il periodo precedente all’entrata in vigore, la responsabilità della ricevitoria, non ha in alcun modo fatto venire meno la responsabilità del “bookmaker” privo di concessione” (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 9153 del 2/4/2021); “Non si attaglia quindi al rapporto tra bookmaker e ricevitore lo schema della solidarietà dipendente, che ricorre, invece, quando uno dei coobbligati, pur non avendo realizzato un fatto indice di capacità contributiva, si trova in una posizione collegata con il fatto imponibile o con il contribuente, sulla base di un rapporto a cui il fisco resta estraneo. Entrambi i soggetti, difatti, partecipano, sia pure su piani diversi e secondo differenti modalità operative, allo svolgimento dell’attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse soggetta a imposizione.” (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 8757 del 30/3/2021).
– è infondato il terzo motivo, col quale si deduce (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 288 del 1998, artt. 1, comma 2, lett. b), degli artt. 1326, 1327 e 1336 c.c., per avere la C.T.R. affermato la sussistenza del presupposto territoriale del tributo.
Ai fini della territorialità dell’imposizione non rileva la conclusione del contratto di scommessa, poiché il fatto imponibile è la prestazione di servizi consistente nell’organizzazione del gioco da parte del ricevitore e nella raccolta delle scommesse, che consiste, in relazione a ciascuno scommettitore, nella valida registrazione della scommessa, documentata dalla consegna allo scommettitore della relativa ricevuta, attività che sono (tutte) svolte in Italia (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 9153 del 2/4/2021).
– è infondato il quarto motivo, col quale si deduce (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 12, degli artt. 24 e 97 Cost. e del principio Eurounitario di obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale a tutela del diritto di difesa del contribuente, per avere la C.T.R. respinto l’eccezione di invalidità dell’atto impositivo impugnato a causa della mancata notifica del PVC redatto nei confronti del “ricevitore” (CTD); subordinatamente chiede il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE.
Il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dall’orientamento inaugurato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 24823 del 9/12/2015, secondo cui il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto; con la conseguenza che, fuori dal terreno dei tributi armonizzati, l’obbligo dell’amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale sussiste esclusivamente solo nelle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito (in proposito, tra le altre, Cass. 11 maggio 2018, n. 11560, Cass. 4 dicembre 2020, n. 27818, Cass. 2 gennaio 2021, n. 1530, Cass. 25/01/2021, n. 1445).
L’imposta unica sulle scommesse non è un tributo armonizzato e il diritto nazionale per essa non prevede espressamente un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale; inoltre, l’estraneità dell’imposta al novero dei tributi armonizzati impone anche di disattendere l’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, né in senso contrario vale richiamare il fatto che la Corte di giustizia si è comunque occupata della tematica dei giochi d’azzardo in alcune occasioni, poiché ciò ha fatto soltanto al fine di verificare se determinati meccanismi impositivi degli Stati membri potessero ostacolare una delle libertà fondamentali garantite dai trattati U.E. e, segnatamente, la libera prestazione di servizi presidiata dall’art. 56 TFUE (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza del 26 febbraio 2020, causa C-788/18, Stanleyparma Sas di C.P. & C., Stanleybet Malta Ltd contro Agenzia delle dogane e dei monopoli *****, punto 17), ma non per estendere alle imposte previste dalle legislazioni nazionali principi dettati per i tributi armonizzati.
– sono infondati il sesto e il settimo motivo, coi quali si deduce (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 56 ss. TFUE e dei principi Eurounitari di libera prestazione di servizi, parità di trattamento, non discriminazione e proporzionalità con riferimento al D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3, come interpretato dalla Legge di Stabilità, art. 1, comma 66, per il 2011, con richiesta subordinata di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE.
In riferimento all’art. 56 TFUE, la Corte di Giustizia UE, con la già citata sentenza del 26 febbraio 2020, causa C-788/18, ha preso diretta e specifica cognizione proprio delle medesime questioni sollevate con il ricorso ed ha escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, perché l’imposta unica si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione alcuna in funzione del luogo in cui essi sono stabiliti, sicché la normativa italiana “non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società, quale la Stanleybet Malta, nello Stato membro interessato”.
Come diffusamente spiegato da Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 8757 del 30/3/2021, nel settore dei giochi d’azzardo con poste in danaro, gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione dell’incitamento a una spesa eccessiva collegata al gioco, nonché di prevenzione di turbative dell’ordine sociale in generale costituiscono motivi imperativi d’interesse generale atti a giustificare restrizioni alla libera prestazione di servizi: per conseguenza, in assenza di un’armonizzazione della normativa sui giochi d’azzardo, ogni Stato membro ha il potere di valutare, alla luce della propria scala di valori, le esigenze che la tutela degli interessi in questione implica, a condizione che le restrizioni non minino i requisiti di proporzionalità.
Il legislatore nazionale ha proceduto a questa valutazione, dichiarando, nella L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 64, i propri obiettivi, tra i quali si colloca “…l’azione per la tutela dei consumatori, in particolare dei minori di età, dell’ordine pubblico, della lotta contro il gioco minorile e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore del gioco e recuperando base imponibile e gettito a fronte di fenomeni di elusione e di evasione fiscale nel medesimo settore”: la prevalenza dell’ordine di valori di ciascuno Stato membro comporta che gli Stati membri non hanno l’obbligo di adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine di eliminare la doppia imposizione che risulta dal parallelo esercizio della rispettiva competenza fiscale.
Non solo la Corte di Giustizia ha escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, ma, a seguire la tesi prospettata dalla Stanleybet Malta Limited, si giungerebbe addirittura ad una discriminazione al contrario: la scelta legislativa “risponde ad un’esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale nel settore del gioco, allo scopo di evitare l’irragionevole esenzione per gli operatori posti al di fuori del sistema concessorio, i quali finirebbero per essere favoriti per il solo fatto di non aver ottenuto la necessaria concessione…” (Corte Cost., sentenza n. 27 del 14 febbraio 2018).
Ne’ vi è ostacolo alla libera prestazione di servizi, la quale non tollera restrizioni idonee a vietare, ostacolare o a rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro; ma la Corte di Giustizia ha precisato che “la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non prevede un regime fiscale diverso a seconda che la prestazione di servizi sia effettuata in Italia o in altri Stati membri”, sicché “rispetto a un operatore nazionale che svolge le proprie attività alle stesse condizioni di tale società, la Stanleybet Malta non subisce alcuna restrizione discriminatoria a causa dell’applicazione nei suoi confronti di una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale”.
Quanto alla pretesa violazione del principio dell’affidamento, prospettata in relazione alla portata innovativa della disposizione interpretativa della legge del 2010 che avrebbe introdotto, “improvvisamente e imprevedibilmente” la responsabilità delle ricevitorie dei bookmaker privi di concessione, al di là dei profili di inammissibilità della censura con riferimento alla posizione del ricevitore, in ordine alla quale, peraltro, la Corte costituzionale, con la sentenza citata, si è già espressa con la pronuncia di incostituzionalità relativamente alla portata innovativa retroattiva della norma, va rilevato, quanto alla posizione del bookmaker estero, che la stessa Corte Costituzionale non ha posto in discussione il fatto che costui, anche privo di concessione, doveva essere considerato soggetto passivo dell’imposta unica anche prima della entrata in vigore della disposizione interpretativa, sicché non può porsi alcuna violazione del principio del legittimo affidamento.
– è destituito di fondamento l’ottavo motivo, col quale si deduce (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3, della L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 66, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 64, comma 3, in relazione all’art. 3 Cost., comma 1, e all’art. 53 Cost., comma 1, “a valle” della sentenza n. 27 del 2018 della Corte Costituzionale, col quale la ricorrente reputa necessario “determinare in base a quali criteri…. Vada interpretato il plesso delle norme”, anche mediante “una nuova questione della loro legittimità costituzionale”.
Anche a voler soprassedere sui profili di inammissibilità della censura – che non sviluppa critiche nei confronti della sentenza impugnata, né prospetta un error in iudicando compiuto dalla C.T.R. (sembra, anzi, che la Stanleybet Malta Limited contesti la decisione della Corte Costituzionale) – il motivo non contiene argomentazioni tali da superare le statuizioni della già menzionata decisione del giudice delle leggi, che ha escluso attriti tra le norme denunciate e i principi costituzionali di ragionevolezza, uguaglianza e proporzionalità e il precetto di capacità contributiva.
5. E’ invece fondato il quinto motivo, con cui si censura (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la sentenza della C.T.R. per non avere riconosciuto l’esimente di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, in sede di irrogazione delle sanzioni (contraddittoriamente ridotte del 50% dalla C.T.P.), nonostante le evidenti incertezze riguardanti l’interpretazione, nel caso in esame, delle norme sulla fattispecie tributaria.
Conformemente a quanto statuito da Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 9531 del 12/04/2021, Rv. 661218-01, “fino alla data di entrata in vigore della norma di interpretazione autentica di cui alla L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 66, la quale ha interpretato il D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3, prevedendo che soggetto passivo dell’imposta unica sulle scommesse è anche chi svolge l’attività di gestione delle stesse pur se privo di concessione, esisteva una condizione di obiettiva incertezza normativa, rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, in ordine alla soggettività passiva del bookmaker estero operante in Italia, mediante propri intermediari, senza concessione.”.
La riconosciuta fondatezza della censura de qua non richiede il rinvio al giudice di merito, in quanto, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., può accogliersi il ricorso originario della Stanleybet Malta Limited limitatamente alla parte con la quale è stata prospettata l’illegittimità dell’avviso di accertamento per avere applicato le sanzioni.
6. L’incertezza normativa – che ha richiesto l’intervento del legislatore (con norma di interpretazione autentica) e, poi, della Corte Costituzionale e anche della Corte di Giustizia UE – e il formarsi di un univoco orientamento nella giurisprudenza di legittimità solo in epoca successiva alla proposizione del ricorso giustificano la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
PQM
La Corte:
in accoglimento del quinto motivo di ricorso e decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., cassa la sentenza impugnata accogliendo il ricorso originario limitatamente alla parte con la quale è stata prospettata l’illegittimità dell’avviso di accertamento per avere applicato le sanzioni;
respinge gli ulteriori motivi;
compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 29 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021