LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. ANTEZZA Fabio – rel. Est. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28058/2014 R.G. proposto da:
BORSETTIFICIO S.M. s.r.l. (C.F.: *****), con sede legale in *****, rappresentata e difesa dall’Avv. Tullio Elefante, presso il quale elegge domicilio (con studio in Roma, via Cardinal de Luca n. 10);
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia;
– costituita ma non controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale per la Campania, n. 3570/49/2014, pronunciata il 4 aprile 2014 e depositata l’8 aprile 2014;
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 24 maggio 2021 dal Consigliere Fabio Antezza.
FATTI DI CAUSA
1. BORSETTIFICIO S.M. s.r.l. ricorre, con 6 motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la CTR, senza disporre l’integrazione del contraddittorio in appello nei confronti di EQUITALIA (parte costituita in primo grado), accolse l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate (“A.E.”) avverso la sentenza (n. 815/44/2011) con la quale la CTP aveva accolto l’impugnazione di una cartella di pagamento (in materia di IVA). L’A.E. si costituisce senza controricorrere.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso merita accoglimento nei termini di seguito evidenziati.
2. Necessitano trattazione congiunta e logicamente prioritaria i motivi nn. 2 e 3 del ricorso.
2.1. Con il motivo n. 2 si deduce la “falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 e 53, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in ragione dell’omessa notifica dell’appello ad Equitalia in ipotesi di contraddittorio processuale necessario.
Con il motivo n. 3 si deduce la “nullità del procedimento e (quindi) della sentenza, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 14 e 53: mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Agente della riscossione nella fase d’appello, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.
2.2. I motivi in esame non sono fondati, in applicazione di principio costantemente ribadito da questa Corte in forza del quale il litisconsorzio in appello tra A.E. e concessionario del servizio di riscossione (nel caso di evocazione in giudizio di entrambi in primo grado) sussiste solo nel caso di cause inscindibili, per aver le censure investito, oltre al merito della pretesa tributaria, anche vizi propri della cartella, con la conseguenza che, nella specie, non investendo le censure vizi propri della cartella (per quanto emerge tanto dalla sentenza impugnata quanto dallo stesso ricorso per cassazione), non vi è stata violazione del contraddittorio nei confronti di Equitalia (ex plurimis, Cass. sez. 5, 09/05/2007, n. 597330-01; Cass. sez. 6-5, 03/01/2014, n. 45, Rv. 629072-01; Cass. sez. 5, 27/10/2017, n. 25588, Rv. 646125-01; si vedano altresì: Cass. sez. 5, 29/04/2020, n. 8329, Rv. 657590-01; Cass. sez. 6-5, 14/09/2020, n. 19074, e Cass. sez. 5, 28/04/2021, n. 11165).
3. Parimenti prioritaria è la trattazione del motivo n. 4 di ricorso, con il quale, si deducono “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. La CTR avrebbe errato nel ritenere “inoppugnabile il credito fiscale” di cui alla cartella quale conseguenza della mancata impugnazione del relativo c.d. “avviso bonario”, preventivamente notificato, in quanto atto con il quale l’Amministrazione ha nella specie portato a conoscenza della contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitante le sottese ragioni fattuali e giuridiche, con conseguente impugnabilità in forza del citato art. 19, ancorché in esso non indicato.
3.1. Il motivo in esame è fondato, in applicazione di consolidato principio di diritto sancito da. questa Corte per il quale, in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche (ex plurimis, ancorché con riferimento al diniego del Direttore Regionale delle Entrate di disapplicazione di norme antielusive: Cass. sez. 5, 05/10/2012, n. 17010, Rv. 623917-01; Cass. sez. 6-5, 06/10/2017, n. 23469, Rv. 646406-01; Cass. sez. 65, 15/02/2018, n. 3775, Rv. 647116-01). Ne consegue, con riferimento alla fattispecie, che, diversamente da quanto opinato dalla CTR, il contribuente ha la facoltà, non l’onere di impugnare il c.d. “avviso bonario” (con riferimento specifico all’autonoma impugnabilità del c.d. avviso bonario, si veda, ex plurimis: Cass. sez. 6-5, 19/02/2016, n. 3315, Rv. 638796-01).
4. I motivi nn. 1, 5 e 6, sono suscettibili di trattazione congiunta, in considerazione della connessione delle questioni inerenti i relativi oggetti.
4.1. Con il motivo n. 1 si deduce la “omessa pronuncia su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; sul giudicato esterno formatosi in giudizio connesso”, con riferimento alla sentenza n. 257/46/2012 emessa dalla CTR per la Campania che avrebbe accertato, in fatto, la ricomprensione da parte della cessione d’azienda in favore dell’attuale ricorrente anche del credito d’IVA per cui si discute nell’attuale giudizio di legittimità.
Sempre con riferimento alla questione della ricomprensione nella cessione d’azienda dal credito d’IVA, con il motivo n. 5 si deducono “violazione e falsa applicazione dell’art. 2343 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, mentre con il motivo n. 6 si deducono “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
4.2. Il motivo n. 1 è fondato, con conseguente assorbimento del dei motivi nn. 5 e 6, non avendo la CTR pronunciato in merito alla dedotta rilevanza esterna del giudicato, intercorso tra le stesse parti dell’attuale processo, costituito dalla sentenza n. 257/46/2012 emessa dalla CTR per la Campania (anche allegata al presente ricorso per cassazione).
Con il citato giudicato, peraltro, la CTR conferma la sentenza n. 396/01/2010 (allegata al ricorso) con la quale la CTP di Napoli, nel pronunciarsi in merito all’impugnazione di diniego di rimborso IVA per il 2006, accerta, in fatto, che la cessione d’azienda in favore dell’attuale ricorrente’ aveva anche ad oggetto il credito d’IVA per cui si discute nell’attuale giudizio di legittimità. La cartella di pagamento, nell’attuale fattispecie, è difatti emessa in forza di mancato riconoscimento del medesimo credito d’IVA di cui innanzi, portato in compensazione della stessa contribuente.
5. In Conclusione, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto ed in forza dell’efficacia del giudicato esterno di cui innanzi, cassata la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, deve essere accolto il ricorso introduttivo della ricorrente con compensazione delle spese dei giudizi di merito e del presente giudizio di legittimità, anche in considerazione dell’iter di consolidamento della giurisprudenza di cui innanzi.
PQM
accoglie i motivi nn. 1 e 4 di ricorso, con assorbimento dei motivi nn. 5 e 6 e rigetto degli altri, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente e compensa le spese dei giudizi di merito e del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021