Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.31957 del 05/11/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23436-2014 proposto da:

PETROLCARBO SPA, BUTANGAS SPA, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, P.ZA D’ARACOELI 1, presso lo studio dell’avvocato GUGLIELMO MAISTO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 855/2014 della COMM.TRIB.REG.LOMBARDIA, depositata il 18/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/07/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI;

lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha chiesto l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

PREMESSO che:

1. con la sentenza in epigrafe, la CTR della Lombardia ha giudicato legittimi i due identici avvisi di liquidazione di maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale, emessi dall’Agenzia delle Entrate, nei confronti delle odierne ricorrenti, spa Butangas e spa Petrolcarbo, previa qualificazione, operata ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 come “abusiva” cessione di ramo di azienda dalla spa Petrolcarbo alla spa Butangas, della sequenza negoziale così strutturata: atto registrato ai sensi dell’art. 4, lett. a), n. 3 della tariffa, parte prima allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, in data 11 novembre 2008, di costituzione, da parte della spa Petrocarbo, della srl Petrolcarbo GPL con conferimento di ramo d’azienda; contratto di cessione della partecipazione detenuta nella srl Petrocarbo GPL dalla spa Petrocarbo in favore della spa Butan Gas;

2.1a sentenza impugnata fa perno sull’affermazione per cui i “negozi in esame dovevano essere considerati come espressione di un fenomeno giuridico unitario, tendente ad effettuare la cessione del ramo di azienda” ed erano stati come tali correttamente considerati dall’ufficio in forza dell’art. 20 cit. che “sanziona l’abuso del diritto attraverso la riqualificazione di una pluralità di negozi, ritenuti non motivati sotto il profilo economico e realizzati con la finalità di acquisire un indebito risparmio di imposta”. Nella sentenza è inoltre detto che restava fuori campo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis invocato dalle ricorrenti;

3.queste ultime ricorrono, con cinque motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe;

4. l’Agenzia delle Entrate non ha svolto difese;

5. la Procura Generale ha presentato requisitoria.

CONSIDERATO

che:

1. il quarto motivo di ricorso, con cui viene fatto valere che la sentenza impugnata viola il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 è fondato.

Gli avvisi di liquidazione di cui trattasi sono stati adottati ai sensi della versione originaria del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 secondo cui: “L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”.

Il testo della norma è stato modificato dalla L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), in modo che esso prevede: “L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”. La L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 1084, ha stabilito che la L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), costituisce interpretazione autentica del testo unico di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, comma 1. La Corte Costituzionale, con sentenza 158/2020, ha dichiarato “non fondate le questioni di legittimità costituzionale del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), come modificato dalla L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), e dalla L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 1084, (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), sollevate dalla Corte di cassazione, sezione quinta civile, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., con l’ordinanza indicata in epigrafe”.

La Corte Costituzionale ha ribadito la dichiarazione con sentenza 9 febbraio 2021, n. 39 in riferimento a questioni “prive di argomenti sostanzialmente nuovi rispetto a quelle già sollevate dal giudice di legittimità”, sollevate, rispetto agli artt. 3 e 53 Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna con l’ordinanza 13 novembre 2019. Con detta sentenza la Consulta ha inoltre dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale della L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 1084, (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), sollevate, in riferimento all’art. 3 Cost., dalla medesima commissione tributaria e inammissibili le questioni di legittimità costituzionale della L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, sollevate dallo stesso giudice a quo, in riferimento agli artt. 24,81,97,101,102 e 108 Cost..

In ragione di quanto precede, a seguito della legge di interpretazione autentica, l’imposta di registro, “marcatamente un’imposta “d’atto”” (punto 5.2.2. del “Considerato in diritto” della citata sentenza 158/2020), deve essere applicata in riferimento alla manifestazione di ricchezza risultante dal singolo atto.

Ciò posto, l’affermazione cardine della sentenza impugnata – che, per inciso, nella parte in cui attribuiva all’art. 20 funzione antielusiva era in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte (v. tra le più recenti massimate Cass. n. 313 del 09/01/2018, secondo cui “In tema di imposta di registro, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 nell’attribuire rilievo alla causa reale del negozio e all’effettivo interesse perseguito dalle parti, non pone una norma antielusiva in senso stretto, come quella di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis bensì una norma interpretativa, sicché l’emissione dell’avviso di liquidazione non soggiace all’obbligo di contraddittorio preventivo di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12”)- risulta essere divenuta insostenibile;

3. il motivo in esame va pertanto accolto;

4. restano assorbiti gli altri motivi (con cui viene lamentata la “violazione o falsa applicazione del principio di diritto comunitario e del diritto interno di obbligatoria instaurazione del contraddittorio preventivo”; la nullità della sentenza per omessa pronuncia; la nullità della sentenza per difetto di motivazione; la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 53 bis”);

5. in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata deve essere cassata. Non vi sono accertamenti in fatto da svolgere talché la causa può essere decisa nel merito con accoglimento dei ricorsi originari presentati dai contribuenti avverso gli avvisi di liquidazione;

6.1e spese devono essere compensate atteso che la normativa interpretativa di riferimento è intervenuta solo nel corso del presente giudizio di legittimità.

PQM

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decide nel merito con accoglimento degli originari ricorsi;

compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, mediante collegamento da remoto, il 14 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472