LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6947-2020 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, *****, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
C.R.L.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 298/02/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA BASILICATA, depositata il 09/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 15/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.
CONSIDERATO IN FATTO
1. C.R.L. proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Matera avverso l’intimazione di pagamento relativa al mancato pagamento di venti cartelle di pagamento deducendo il difetto di motivazione, la mancata notificazione delle cartelle e la prescrizione delle pretese creditorie azionate.
2. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso riducendo il quantum dovuto da Euro 282.538,17, richiesti nell’opposta intimazione, ad Euro 254.095,52.
3. La sentenza veniva impugnata dall’Agenzia delle Entrate e la Commissione Regionale Tributaria della Regionale della Basilicata rigettava l’appello rilevando che i motivi di appello erano privi di specificità.
4. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate-Riscossioni ha proposto ricorso per Cassazione sulla scorta di due motivi. Il contribuente è rimasto intimato.
5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
RITENUTO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di impugnazione l’Agente di riscossione denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; si sostiene che la CTR ha errato nel ritenere non specifiche le precise e circostanziate critiche mosse alla sentenza attraverso i motivi di appello.
1.1 Con il secondo motivo di impugnazione viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61, nonché dell’art. 118 disp att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere i giudici di secondo grado reso una motivazione del tutto apparente sul merito della controversia.
2. Il primo motivo è fondato.
2.1 La sentenza di primo grado aveva ridotto l’entità della pretesa creditoria dell’Erario da Euro 282.538,17 ad Euro 254.095,52.
2.2 Orbene, già dalla lettura dello svolgimento in fatto dell’impugnata sentenza si può evincere che l’Agenzia delle Entrate nei motivi di appello ha dedotto “1) nullità della Sentenza impugnata per violazione di Legge quanto al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 comma 2, n. 4, in tema di motivazione delle Sentenza; 2) nullità della Sentenza impugnata per errore nella statuizione della pretesa tributaria; 3) difetto di giurisdizione del Giudice adito”.
2.3 Si tratta, all’evidenza, di censure non generiche ma specifiche e circostanziate.
2.4 L’esame dei motivi di appello, riprodotti dall’Ufficio in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, consente di ritenere che, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, l’ADER aveva mosso alla sentenza di primo grado contestazioni il cui grado di chiarezza e precisione era assolutamente compatibile con la strigata e generica motivazione della sentenza della CTP.
3. In difformità della proposta del relatore il Collegio ritiene che il secondo motivo debba essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse ad impugnare. La giurisprudenza di questa Corte è ferma nell’affermare il principio secondo cui secondo cui “la statuizione di inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio spoglia il Giudice della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, sicché eventuali improprie statuizioni della sentenza adottate “ad abundantiam” sul merito, debbono ritenersi “tamquam non essent” in quanto prive di efficacia nei confronti delle parti che non hanno l’onere, né hanno interesse ad impugnarle, dovendo riconoscersi ammissibile esclusivamente la impugnazione proposta avverso la statuizione pregiudiziale” (cfr. Cass. S.U. n. 3840 del 2017, Cass. n. 27049 del 2014, Cass. n. 17004 del 2015 e Cass. n. 9319 del 2016). Nel caso di specie manca una valida pronuncia sul rapporto tributario, essendo stata resa la – ultronea – decisione nel merito della impugnazione proposta dall’Ufficio, “ad abundantiam”, dato che la CTR ha statuito sull’inammissibilità (sia pur usando la terminologia inappropriata del “rigetto”) dell’appello per essere i motivi privi di specificità.
4. In accoglimento del primo motivo del ricorso la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata affinché esamini nel merito i motivi di appello dell’ADER e provveda alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
La Corte:
accoglie il primo motivo del ricorso/ dichiarato inammissibile il secondo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria della Regione Basilicata in diversa composizione anche in ordine alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021