Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.31997 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8967-2020 proposto da:

M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI SAVORELLI 11, presso lo studio dell’avvocato ANNA CHIOZZA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO COSTANTINO;

– ricorrente-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3397/25/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 03/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 15/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO CROLLA.

CONSIDERATO IN FATTO

1. M.P. proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Mantova avverso due avvisi di accertamento: il primo, notificatogli in qualità di amministratore di fatto della Dicoma srl, società cancellata dal registro delle imprese, determinava, per l’anno di imposta 2010, il maggior reddito ai fini Ires, Iva e Irap della società Dicoma srl per effetto del disconoscimento dei costi dedotti in quanto non documentati o privi del carattere dell’inerenza; il secondo, notificato al M. in proprio, imputava a quest’ultimo il maggior reddito accertato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3.

2. La Commissione Tributaria Provinciale, riuniti i ricorsi, dichiarava inammissibile il ricorso presentato per conto di Dicona srl e accoglieva parzialmente quello personale di M.P., riducendo il maggior reddito accertato a suo carico in considerazione della sua partecipazione alla società quale socio di fatto.

3. La sentenza veniva impugnata dal contribuente e, in via incidentale, dall’Agenzia delle Entrate e la Commissione Regionale Tributaria Regionale della Lombardia rigettava entrambi gli appelli osservando, per quanto di interesse in questa sede: a) che le dichiarazioni confessorie rilasciate dal contribuente in sede penale avevano valore indiziario anche nel processo tributario b) che il coinvolgimento nella società del M. quale socio occulto si desumeva anche dalla provenienza dei fondi necessari all’aumento di capitale sociale dai conti correnti a lui cointestati.

4. Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi ad un unico motivo. L’Agenzia delle Entrate si è costituita depositando controricorso.

5 Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo il contribuente denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR omesso di esaminare fatti e documenti relativi a movimentazione bancarie che provavano la mancata percezione da parte del contribuente della quota di maggior reddito 2. Il ricorso è inammissibile stante l’applicabilità alla sentenza impugnata della regola della pronuncia c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348 ter c.p.c. (applicabile ratione temporis poiché il gravame è stato proposto il 19/7/2017), e della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (essendo stata la sentenza di appello depositata il 3 /9/2019). In particolare, la doglianza è inammissibile in quanto contravviene al principio, condiviso dal Collegio, secondo cui nell’ipotesi, come quella che ci occupa, di “doppia conforme” prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, applicabile anche nel giudizio di legittimità in materia tributaria, ovvero al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (cfr. Cass., Sez. U., n. 8053 del 2014), il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 5528 del 2014; Cass. n. 26774 del 2016).

2.1 Al riguardo il ricorrente sostiene la diversità delle ragioni di fatto poste a base della sentenza di primo grado e di quella di appello precisando che la CTP ha ritenuto di riconoscere la quota di maggior reddito al M. ritenendolo “precettore di utili” mentre la CTR ha valorizzato il suo ruolo di finanziatore dalla società.

2.2 Dalla lettura delle motivazioni della sentenza della CTR si evince che, contrariamente all’assunto del contribuente, la “questio facti” esaminata dalle due Commissioni di merito è identica.

2.3 Entrambi i giudizi hanno, infatti, accertato la imputabilità al M. del quota di un terzo del maggior reddito rettificato sulla base dell’accertamento della sua qualità di socio occulto desunta, in primo luogo, dalla circostanza che il contribuente era amministratore di fatto della società come si evinceva anche, in via indiziaria, dalle risultanze del procedimento penale.

2.4 La CTP ha inoltre valorizzato anche gli elementi costituiti dalla partecipazione del M. alle perdite e dalla percezioni degli utili che hanno trovato conferma anche nella sentenza della CTR.

2.5 Si legge, infatti, a pagina sei della motivazione ” da ultimo, la sentenza deve essere confermata anche nella parte in cui imputa a M.P. una quota del maggior reddito di impresa accertato nei confronti della società” La CTR, rispetto alla CTP, ad ulteriore conferma della posizione di socio occulto del M., ha preso in considerazione anche l’elemento della partecipazione del ricorrente all’aumento di capitale sociale.

3 All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del contribuente alla refusione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 2.300,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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