LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14648-2020 proposto da:
L.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL CASALE STROZZI, 31, presso lo studio dell’avvocato LAURA BARBERIO, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO TARTINI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO (c.f. *****), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– resistente –
avverso il decreto n. cronologico 4553/2020 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il 30/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 01/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. Paola Vella.
RILEVATO
che:
1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, L.S., nato in ***** il *****, ha adito il Tribunale di Venezia, impugnando il decreto del 30/04/2020 con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.
1.1. Il ricorrente esponeva: a) di essere nato e vissuto a *****, nella regione di *****, prima di spostarsi a ***** nel *****; b) di aver lasciato il proprio Paese il ***** in quanto minacciato di morte (da parenti, amici ed estranei) poiché si prostituiva con soggetti maschili, dapprima per soldi e poi per inclinazione omosessuale, costituendo in ***** l’omosessualità un reato, se praticata con pubblico scandalo; c) di essere andato a lavorare in ***** per cinque o sei mesi, apprendendo però che “nemmeno in ***** la prostituzione maschile era tollerata” (v. pag. 7 ricorso); d) di essersi perciò recato in *****, dove veniva picchiato in un centro di detenzione (riportando due vistose cicatrici), arrestato dopo un primo tentativo di imbarco per l’Italia, nuovamente internato in un centro di detenzione e liberato a dicembre 2015 (per lavorare gratuitamente per il soggetto che lo aveva “riscattato” insieme agli altri prigionieri), imbarcandosi infine nuovamente per l’Italia, dove giungeva a marzo 2016.
1.2. Il Tribunale, dopo la prima audizione ed una seconda disposta per l’approfondimento di alcuni particolari della narrazione, ha ritenuto che il racconto non fosse credibile e che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione.
1.3. Avverso tale decisione il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
1.4. L’intimata Amministrazione dell’Interno non ha svolto difese, limitandosi a depositare un “atto di costituzione” al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.
1.5.11 ricorso è stato assegnato all’adunanza in camera di consiglio non partecipata del 1 luglio 2021 ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.
CONSIDERATO
che:
2. Il primo motivo denuncia l’erronea applicazione dei criteri valutativi stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, nonché dal D.L. 416 del 1989, art. 1, comma 5, in ordine alla ritenuta non credibilità del ricorrente.
2.1. La censura è inammissibile, poiché si risolve genericamente nella confutazione di un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (ex plurimis, Cass. 28643/2020, 33858/2019, 32064/2018, 8758/2017), essendo stato ripetutamente chiarito che la valutazione di inattendibilità espressa ai fini della protezione internazionale, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, attiene al giudizio di fatto, come tale insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato (cfr. Cass. 6897/2020, 5114/2020, 33858/2019, 21142/2019, 32064/2018, 27503/2018, 16925/2018), come risulta nel caso di specie, alla luce delle puntuali ragioni esplicitate da pag. 3 a pag. 7 del decreto impugnato, peraltro all’esito di una (scrupolosa) duplice audizione giudiziale.
3. Il secondo e il terzo mezzo prospettano la nullità del decreto per “apparenza e mera apoditticità della motivazione”, ex art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione, rispettivamente, alla ritenuta non credibilità della vicenda personale e alla situazione interna del *****, avuto riguardo alla domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).
3.1. Entrambe le censure sono infondate, poiché la motivazione del decreto impugnato – anche per quanto sopra rilevato – supera ampiamente la soglia del cd. “minimo costituzionale” sindacabile in sede di legittimità (Cass. Sez. U, 8053/2014; cfr. Cass. Sez. U, 22232/2016; Cass. 13977/2019).
4. Il quarto motivo denunzia la violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 35-bis, n. 9, e al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. c) stante la mancata acquisizione di COI aggiornate al 2019 sulla regione di provenienza del ***** (*****).
4.1. La censura è fondata, poiché il tribunale si è limitato ad acquisire COI risalenti agli anni 2017-2018, nonostante il ricorrente avesse illustrato, nella memoria integrativa del 10/12/2019, la recrudescenza dei conflitti nelle aree meridionali di *****, Segou e, per l’appunto, *****, oggetto di valutazione anche da parte dell’UNHCR (v. doc. 20). Ciò configura una violazione del principio per cui “il dovere di cooperazione istruttoria che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, pongono a carico del giudice, nella materia della protezione internazionale ed umanitaria, impone allo stesso di utilizzare, ai fini della decisione, C.O.I. ed altre informazioni relative alla condizione interna del paese di provenienza o rimpatrio del richiedente, ovvero della specifica area di esso, che siano adeguatamente aggiornate e tengano conto dei fatti salienti interessanti quel Paese o area, soprattutto in relazione ad eventi di pubblico dominio, la cui mancata considerazione costituisce, in funzione della loro oggettiva notorietà, violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2” (ex multis, Cass. 15215/2020).
5. L’accoglimento del quarto motivo comporta l’assorbimento dei motivi quinto e sesto, con i quali si deduce, rispettivamente, l’omesso esame circa un fatto decisivo (ovvero la situazione interna del *****, ai fini della protezione umanitaria) nonché (per le stesse ragioni) la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1989, art. 5, dal momento che la compiuta acquisizione di COI pertinenti e aggiornate ridonda anche sull’accertamento di tale tipo di protezione, contestualmente invocata.
6. Si impone quindi la cassazione del decreto impugnato, con rinvio del procedimento al Tribunale di Venezia che, in diversa composizione, liquiderà anche le spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
Accoglie il quarto motivo, dichiara inammissibile il primo, rigetta il secondo e il terzo, dichiara assorbiti il quinto e il sesto; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 01 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021