LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 18056/2020 proposto da:
M.M., rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Alessandrini, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rapp. e difeso dall’Avv. Gen. Stato, dom. in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di L’AQUILA, depositato il 19/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/06/2021 da Dott. FALABELLA MASSIMO.
LA CORTE:
RILEVA 1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di L’Aquila del 19 maggio 2020. Con quest’ultima pronuncia è stato negato che al ricorrente M.M. potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed è stato altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.
2. – Il ricorso per cassazione si fonda su quattro motivi. Il Ministero dell’interno non ha svolto difese.
3. – Il primo motivo oppone l’omessa pronuncia su motivi di gravame, la mancanza della motivazione, la motivazione apparente, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., oltre che per violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 9, comma 2, e per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 429 c.p.c., comma 1, e art. 118 disp. att. c.p.c., commi 1 e 2 oltre che dell’art. 111 Cost.. Rileva l’istante di aver dedotto nel ricorso introduttivo del giudizio avanti al giudice del merito i termini esatti della vicenda personale che lo avevano indotto a lasciare il Bangladesh. In particolare, nell’atto introduttivo erano stati rappresentati i timori percepiti dal ricorrente di restare vittima della discriminazione per essere membro dell’etnia *****.
Col secondo motivo è denunciata la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 4, avendo il Tribunale affermato che il ***** è un paese rispettoso e attento alla tutela dei propri cittadini e ha omesso di esaminare la situazione di sfruttamento e di pericolo cui il ricorrente si è venuto a trovare in Libia. Viene lamentato che il giudice del merito non abbia fatto alcun cenno alla drammatica situazione del paese di provenienza: situazione connotata da continui e violenti scontri tra i sostenitori dei contrapposti orientamenti politici. Ci si duole, inoltre, del mancato esame di quanto era occorso ad esso istante nel periodo del suo soggiorno in Libia.
Il terzo motivo oppone la violazione e falsa applicazione degli artt. 4 dir. 2004/83/CE, poi dir. 2011/95/UE, del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, nonché della dir. 2005/85/CE, poi dir. 2013/32/UE, del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e art. 27, comma 1 bis, e dell’art. 8 dir. 2004/83/CE. Deduce il ricorrente che il Tribunale di L’Aquila avrebbe mancato di “soffermarsi adeguatamente sull’attuale situazione del *****” e di “esaminare o commentare criticamente la documentazione offerta richiamata dalla difesa”. Rileva, altresì, con specifico riferimento alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), che è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri ufficiosi di indagine a lui attribuiti, se la situazione di esposizione al pericolo per l’incolumità fisica del richiedente sia effettivamente sussistente nel paese di rimpatrio.
Il quarto mezzo oppone la violazione o falsa applicazione dell’art. 4 dir. 2011/95/UE, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, della dir. 2013/32/UE e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 8 e 27, in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32,D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, dell’art. 2 Cost. e dell’art. 3CEDU. Viene imputato al giudice del merito di aver pretermesso l’esame della documentazione prodotta a suffragio dell’integrazione raggiunta e di aver omesso di attivare i propri poteri ufficiosi in conformità del principio del c.d. onere della prova attenuato. Più in generale, è lamentato il difetto di motivazione in punto di vulnerabilità del ricorrente.
4. – Con riferimento al ricorso, si pone il problema della validità della procura alla lite, su cui si è recentemente pronunciata Cass. Sez. U. 1 giugno 2021, n. 15177. Con riguardo alla previsione contenuta nel D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 13, Cass. 23 giugno 2021, n. 17970 ha ritenuto di sollevare questione di legittimità costituzionale, esprimendo, sul punto della compatibilità della norma rispetto alla carta fondamentale, un convincimento opposto a quello delle Sezioni Unite. In tale contesto, segnato da innegabile incertezza, reputa il Collegio essere opportuno il differimento della trattazione del presente giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE rinvia la causa a nuovo ruolo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione prima Civile, il 24 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021