Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.32123 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27338-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SOTTOTONO SRL IN CONCORDATO PREVENTIVO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 700/2015 della COMM. TRIB. REG. TOSCANA, depositata il 20/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/07/2021 dal Consigliere Dott. VENEGONI ANDREA.

RITENUTO

Che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre contro la sentenza della CTR della Toscana che ha respinto l’appello da essa proposto contro la sentenza della CTP di Pistoia che aveva annullato l’avviso di accertamento per l’anno 2006 nei confronti della società Sottotono srl.

Quest’ultima svolgeva attività di vendita immobiliare ed era stata oggetto di una serie di verifiche dei movimenti bancari da parte della Guardia di Finanza, che si concludevano con processo verbale di constatazione in cui venivano evidenziati i valori di vendita degli immobili inferiori ai valori OMI, la presenza di contratti di mutuo stipulati dagli acquirenti che in nove casi su quattordici erano superiori al prezzo dichiarato di acquisto dell’immobile e la presenza in due contratti preliminari di un prezzo superiore a quello del rogito finale.

Il contribuente eccepiva la nullità dell’avviso per mancato rispetto del termine di cui alla L. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e l’infondatezza dello stesso.

La CTP di Pistoia accoglieva il ricorso sul presupposto della duplicazione dell’accertamento e della violazione del termine di cui alla L. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e la CTR della Toscana rigettava l’appello dell’Agenzia.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre l’ufficio sulla base di tre motivi.

Il contribuente non si è costituito.

CONSIDERATO

Che:

Con il primo motivo l’ufficio deduce violazione e falsa applicazione della L. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e della L. 241 del 1990, art. 21-octies alla luce dei principi elaborati dalla Corte di Giustizia (sentenza 13/7/14 Kamino C-129/13), ex art. 360 c.p.c., n. 3.

La verifica che ha preceduto l’emissione dell’avviso di accertamento era una mera verifica interna “a tavolino” e non si è svolta presso i locali dell’impresa, per cui non ricorrerebbe la nullità prevista da tale norma, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia sul contraddittorio.

Con il secondo motivo deduce nullità per contrasto con le norme in tema di motivazione, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36, n. 4 e art. 132 c.p.c., n. 4 (art. 360 c.p.c., n. 4).

La sentenza sarebbe nulla perché contiene considerazioni completamente estranee all’oggetto del giudizio.

Con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.L. 331 del 1993, art. 62-sexies, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), artt. 2729 e 2697 c.c., art. 115 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3).

La CTR avrebbe errato nell’applicazione delle norme sugli elementi presuntivi.

Va preliminarmente esaminato il secondo motivo sulla nullità della sentenza per difetto di motivazione, atteso che lo stesso è potenzialmente idoneo a definire la causa senza l’esame del merito delle questioni.

Lo stesso e’, tuttavia, infondato, atteso che la sentenza impugnata non può considerarsi nulla per vizi propri della motivazione.

La stessa, infatti, non riguarda questioni estranee all’oggetto del giudizio. La “ratio decidendi” della motivazione, nel suo complesso, emerge chiaramente dalla lettura e consiste nel fatto che il collegio di secondo grado ha ritenuto insufficienti gli elementi presuntivi rappresentati dallo scostamento dai valori OMI e, comunque, ha ritenuto nullo l’accertamento per violazione della L. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

I rifermenti alle indagini bancarie sono compiuti “ad abundantiam” per escludere la sussistenza di altri elementi che possano integrare presunzioni operanti come prova in favore della tesi dell’ufficio, ma la vera “ratio” della sentenza impugnata consiste nella ravvisata violazione del contraddittorio preventivo con il contribuente.

La decisione su tale questione è stata specificamente censurata nel primo motivo di ricorso.

In tal senso, esso è fondato.

Occorre fare riferimento, al riguardo, ad un arresto a sezioni unite di questa Corte (Sez. Un., n. 24823 del 2015, Rv. 637605) in cui è stato affermato il principio secondo il quale, nel campo dei tributi non armonizzati, se la verifica è condotta unicamente “a tavolino”, senza accesso presso i locali del contribuente, non vi è nullità in caso di violazione della L. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (tra le più recenti, sez. VI-5, ord. n. 6219 del 2018) Nel caso di specie, peraltro, vanno compiute due considerazioni:

a) la vicenda di fatto non emerge compiutamente dagli atti, mancando oltretutto la versione del contribuente. Non vi e’, in particolare, chiarezza sulle date e sulla asserita duplicità di attività per il 2006. Sembra, invece, anche dalla stessa sentenza, che non vi sia stato accesso nei locali dell’impresa, e quindi si trattasse, nella specie, di un accertamento c.d. “a tavolino”. In calce a pag. 3 la sentenza menziona espressamente il “mancato accesso da parte dell’ufficio presso la sede della società”. Di conseguenza, per le imposte dirette il principio affermato dalla sentenza impugnata deve ritenersi errato perché non ricorre un’ipotesi di nullità, anche qualora il termine della L. 212 del 2000, art. 12, comma 7, non fosse stato rispettato;

b) dalla sentenza (inizio pag. 1) emerge, però, che l’accertamento riguardava anche l’iva; era, infatti, ai fini ires, iva ed irap.

Peraltro, per quanto attiene all’iva, la giurisprudenza, sulla scia di quella unionale(CGUE 3 luglio 2014, C-129 e 130/13, Kamino International Logistics BV e Datema Hellmann Worldwide Logistics BV contro Staatssecretaris van Financie’n, e CGUE 18 dicembre 2008, C-349/07, Soprope’ – Organizagtes de Calgado Lda contro Fazenda Pública), afferma il principio per cui, nei casi di accesso, ispezione e verifica, la violazione del contraddittorio determina nullità solo se il contribuente è in grado di dimostrare che, con il suo rispetto, avrebbe potuto condurre l’ufficio a diverse determinazioni rispetto all’emissione dell’avviso.

Sez. VI-5, n. 9496 del 2020, in relazione alla parte relativa all’IVA contenuta in un accertamento, ha affermato:

“Nel caso di specie, relativo ad accertamento c.d. “a tavolino”, l’obbligo di attivare il contraddittorio endoprocedimentale per i tributi armonizzati (IVA) deve essere verificato in relazione all’assolvimento o meno dell’onere del contribuente di aver prospettato in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato. Va dunque demandato al giudice del rinvio di effettuare la c.d. “prova di resistenza” in relazione alle riprese IVA”.

Sez. V, n. 701 del 2019, poi, ha compiuto un passo ulteriore, stabilendo che, anche nei tributi armonizzati, quando la violazione del contraddittorio è sanzionata da nullità in base alla normativa nazionale, negli accertamenti derivanti da accessi, ispezioni e verifiche, questa non richiede neppure la c.d. “prova di resistenza”, Alla luce di tali principi, per quanto riguarda le imposte dirette la sentenza è errata perché, in quanto accertamento a tavolino, la violazione non determina nullità; per la parte di accertamento relativa ad iva, il principio affermato dalla sentenza può, invece, ritenersi non completo perché la nullità dell’accertamento a tavolino per omesso contraddittorio dipende comunque dall’esito della c.d. prova di resistenza.

La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio della causa al giudice di merito per l’applicazione di tali principi sulla base delle questioni di fatto, nonché per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

Oltretutto, quanto al merito della controversia, va ricordato che lo scostamento del prezzo del mutuo dal valore dichiarato è elemento che anche da solo giustifica l’accertamento (sez. V, ord. n. 14388 del 2017), per cui anche di tale principio il giudice del rinvio dovrà tenere conto.

L’accoglimento del primo motivo comporta, comunque, l’assorbimento del terzo sulla rilevanza degli elementi presuntivi.

PQM

Accoglie il primo motivo, assorbito il terzo.

Cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla CTR della Toscana anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

Rigetta il secondo motivo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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