LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3562-2013 proposto da:
M.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA CARLO POMA;
– ricorrente –
E contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– resistente –
avverso la sentenza n. 82/2012 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA, depositata il 22/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/06/2021 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI.
RITENUTO
Che:
La contribuente M.M.R. ricorre, sulla base di due motivi, contro la sentenza della CTR della Lombardia che, in accoglimento dell’appello dell’ufficio, ha confermato l’avviso di accertamento relativo all’anno 2005 con cui venivano ritenuti a suo carico maggiori redditi, quale titolare di ditta individuale, a fini irpef, irap ed iva.
La decisione della CTR, che confermava l’accertamento basato sugli studi di settore, dava rilievo all’omessa indicazione nella dichiarazione delle giacenze iniziali della merce.
Preliminarmente, peraltro, eccepiva che la CTR avrebbe dovuto rilevare l’inammissibilità dell’appello dell’ufficio per mancato deposito della ricevuta attestante il deposito dell’atto di appello presso la CTP.
L’ufficio non si è costituito.
La causa, già chiamata ad una precedente udienza, veniva rinviata a nuovo ruolo per acquisire i fascicoli dei gradi di merito, al fine di verificare l’eccezione di inammissibilità dell’appello.
Il contribuente ha depositato memoria del 5.11.2020.
CONSIDERATO
Che:
Con il primo motivo il contribuente deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, secondo periodo, ed all’art. 2697 c.c.).
La CTR avrebbe errato nel non riconoscere l’inammissibilità o improcedibilità dell’appello dell’ufficio, in quanto l’ufficio appellante non ha prodotto la ricevuta attestante l’avvenuto deposito dell’atto di appello presso la CTP di Pavia.
Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza o del procedimento (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 comma 2, secondo periodo, ed all’art. 2697 c.c.).
La sentenza sarebbe nulla per l’omissione denunciata con il primo motivo.
Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo.
L’adempimento in questione è stato previsto dalla seconda parte del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, nella versione che è rimasta in vigore dal 2005 al 2014, successivamente abrogata. La versione in questione e’, però, applicabile alla presente controversia, in cui la notifica è certamente avvenuta nel suddetto periodo di vigenza della norma.
Il vizio non era stato dedotto dal contribuente in appello, come si deduce dal contenuto della sentenza e dello stesso ricorso, dove il contribuente afferma di avere verificato il vizio nel 2013, e quindi ben dopo il deposito della sentenza di appello, tuttavia lo stesso è rilevabile d’ufficio, riguardando una questione di inammissibilità dell’appello, e quindi di costituzione del rapporto processuale.
Il D.P.R. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, nella versione applicabile tra il 2005 ed il 2014 recitava:
“2. Il ricorso in appello è proposto nelle forme di cui all’art. 20, commi 1 e 2, nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado e deve essere depositato a norma dell’art. 22, commi 1, 2 e 3. Ove il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, l’appellante deve, a pena d’inammissibilità, depositare copia dell’appello presso l’ufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata”.
Se l’appello, quindi, era stato proposto mediante spedizione postale o consegna diretta, l’appellante doveva depositare copia dell’atto presso la segreteria della commissione tributaria provinciale che aveva emesso la sentenza impugnata entro il termine per la costituzione in giudizio in adempimento del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3 bis, comma 7 (convertito dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248).
Il deposito previsto a espressa pena di inammissibilità di quell’impugnazione, tutte le volte che “il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario” era stato imposto, al fine di conseguire la stessa finalità prevista dall’art. 123 disp. att. c.p.c., per consentire al segretario di effettuare l’annotazione dell’impugnazione sull’originale della sentenza prescritta dal medesimo art. 123, comma 2 dall’ultimo inciso del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2. (Sez. Un., n. 15227 del 2009).
In merito alla prova della mancanza di tale adempimento, il ricorso davanti a questa Corte contiene l’attestazione della CTR di Milano secondo la quale non risultava il deposito dell’appello presso la CTP di Pavia.
Alla precedente udienza, il collegio aveva comunque disposto l’acquisizione degli atti delle fasi di merito, considerando anche la severità della sanzione processuale.
Acquisiti gli stessi, dalla visione si conferma la mancanza del deposito dell’appello presso la CTP.
Vi sono in atti le copie dell’atto di appello, ma timbrate dalla CTR e dell’Agenzia delle Entrate. La copia depositata presso la CTP è citata in allegato, ma non presente nel fascicolo.
Lo stesso modulo prestampato, in uso presso la CTP all’epoca, per individuare i documenti depositati, non barra la voce specifica “copia atto appello notificato”.
Il fascicolo di parte dell’Agenzia nel giudizio davanti alla CTR, in copertina tra i documenti depositati cita al n. 4 “copia ricevuta di deposito appello alla CTP”, ma poi, ancora, nel fascicoletto la stessa è mancante.
Vi è la ricevuta della notifica dell’appello alla contribuente M., ma non la ricevuta di deposito presso la CTP dell’appello notificato.
In conclusione, la prova del deposito alla CTP dell’appello notificato è mancante, come del resto aveva attestato la CTR della Lombardia nella dichiarazione in atti.
L’appello in questione doveva, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
La sentenza impugnata deve, conseguentemente, essere annullata senza rinvio.
Da ciò deriva anche la condanna dell’Agenzia al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 2.000, oltre Euro 200 per esborsi, ed oltre al 15% di spese forfettarie ed accessori di legge.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata senza rinvio.
Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali del presente giudizio, liquidate in Euro 2.000, oltre Euro 200 per esborsi, ed al 15% di spese forfettarie ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021
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