LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRUCITTI Roberta Maria Consolata – Presidente –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 864-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
LA TOSCO EMILIANA COSTRUZIONI SRL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 975/2014 della COMM. TRIB. REG. EMILIA ROMAGNA, depositata il 16/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/04/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.
RILEVATO
che:
L’Agenzia delle entrate ha chiesto la cassazione della sentenza n. 975/05/2014, depositata dalla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna il 16 maggio 2014, che, accogliendo l’appello della Tosco Emiliana Costruzioni s.r.l., aveva annullato, in parte, l’avviso d’accertamento relativo all’anno d’imposta 2005, con il quale era stata rideterminata l’Ires, l’Irap e l’Iva della società.
L’Ufficio ha rappresentato che, a seguito di verifica fiscale presso la contribuente, erano stati recuperati ad imponibile costi non certi, né inerenti e tra essi, per quanto qui d’interesse, l’importo di Euro 376.750,00, derivante dalla variazione in diminuzione di un imponibile fatturato nel 2003 alla società SALTEG, a seguito della contestazione di quest’ultima, nella qualità di committente, della mancata esecuzione di lavori a regola d’arte, eseguiti presso il porto turistico di ***** (rilievo n. 4).
Nel contenzioso introdotto dalla contribuente la Commissione tributaria provinciale di Modena, con sentenza n. 72/01/2011, aveva annullato alcuni dei rilievi sollevati dall’ufficio, ma non quello relativo ai costi sostenuti per i lavori contestati. La pronuncia era stata appellata dalla società dinanzi alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, che, con la sentenza ora al vaglio della Corte, aveva accolto le ragioni della contribuente, annullando anche il suddetto rilievo. Il giudice regionale ha ritenuto che la documentazione allegata dalla Tosco Emiliana Costruzioni era idonea a provare la certezza e la competenza d’esercizio del costo sostenuto.
L’Agenzia delle entrate ha censurato la sentenza con due motivi. La società, cui risulta tempestivamente notificato il ricorso, non ha inteso depositare alcuna memoria.
Nell’adunanza camerale del 14 aprile 2021 la causa è stata trattata e decisa sulla base degli atti difensivi depositati dalla ricorrente.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo l’Ufficio ha denunciato la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109, e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l’erronea applicazione dei principi regolatori della prova, per carenza di certezza di quel costo nell’an e nel quantum, in subordine per difetto di certezza e competenza;
con il secondo ha lamentato l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver vagliato gli elementi allegati dall’Ufficio in sede d’accertamento.
Il primo motivo non trova accoglimento.
L’impianto difensivo dell’Amministrazione finanziaria è fondato sul sostanziale disconoscimento delle prove allegate dalla contribuente, trattandosi di documentazione priva di data certa, dalla quale peraltro emerge che i costi dedotti sarebbero stati sostenuti a seguito di contestazioni sollevate dalla società SALTEG, committente di lavori non eseguiti a regola d’arte. Nello specifico tali lavori deriverebbero da un appalto affidato dal Comune di ***** alla SALTEG ai fini della realizzazione di un porto turistico, a sua volta in parte presuntivamente affidati alla Tosco Emiliana. Ciò che dunque viene prioritariamente denunciato è l’assenza di certezza del costo per carenza di prova. L’Ufficio insiste anche sugli intrecci azionari tra le due società.
In sentenza, dopo aver elencato le ragioni dell’Amministrazione finanziaria a supporto della indeducibilità del costo (1 – la comunicazione del Comune di ***** alla Salteg e non alla Tosco Emiliana; 2 – l’ordine di servizio del direttore dei lavori privo di data certa; 3 – l’inesistenza di prova dell’obbligo di risarcimento a carico della Tosco Emiliana; 4 – gli intrecci di partecipazioni azionarie tra le due società), si afferma che “La contestazione rivolta alla Società Salteg coinvolge la società appellante nella sua veste di società appaltatrice dei lavori portuali di cui il Comune chiede la ricostruzione ed è quindi regolare la nota di accredito indirizzata alla società appaltante (Salteg) a seguito della contestazione sulla regolarità dei lavori. Gli intrecci azionari non sono sufficienti per pregiudicare la legittimità dei costi registrati nelle movimentazioni riguardanti la contabilità regolarmente tenuta e non disconosciuta dall’Amministrazione finanziaria anche per quanto riguarda l’esercizio di competenza (data certa), poiché l’attribuzione dell’onere all’esercizio fiscale 2005 è regolare essendo, solo in tale data, divenuto certo l’importo degli oneri di ricostruzione cui la società Tosco Emiliana era obbligata”.
La motivazione compie dunque un esame delle questioni proposte dall’Ufficio, esprimendo un giudizio critico fondato sulle evidenze documentali, sia pur limitando l’analisi a quelle partitamente esaminate. Si tratta di un giudizio critico che, pur con i limiti che verranno meglio approfonditi con l’esame del secondo motivo di ricorso, astrattamente impedisce di affermare che nella sentenza siano stati violati i principi che regolamentano la distribuzione dell’onere della prova. D’altronde, proprio in tema di distribuzione dell’onere probatorio, è stato reiteratamente ribadito che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura qualora il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio in modo erroneo, ossia attribuendo l’onus probandi ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni, ma non quando abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass. 5/11/2006, n. 19064; 17/06/2013, n. 15107; 21/02/2018, n. 4241). Nel caso di specie dunque non può ritenersi violata la regola giuridica.
Con il secondo motivo invece l’Agenzia delle entrate ha denunciato il vizio di motivazione in riferimento alla omessa considerazione di fatti decisivi, prospettati nell’accertamento ed in sede processuale dall’Ufficio, quali presupposti per la contestazione del maggior reddito.
Nello specifico la ricorrente evidenzia che la Commissione regionale avrebbe esaminato, escludendone la rilevanza, la sola evidenza dell’intreccio azionario tra la Salteg e la Tosco Emiliana, laddove il fondamento dell’accertata indeducibilità del costo era supportato da una pluralità di elementi. Tra essi l’assoluta incertezza della data del contratto intervenuto tra la committente e l’appaltatrice, la circostanza che la comunicazione del Comune di ***** sui vizi dell’opera fosse indirizzata alla sola Salteg e non alla Tosco Emiliana; l’assenza di data certa dell’ordine di servizio del direttore dei lavori; l’inesistenza di una prova dell’obbligo di risarcimento a carico della Tosco Emiliana. Si tratta di elementi, di taluni dei quali si dà atto anche nella parte in fatto della decisione impugnata.
Ebbene, la sentenza, ad eccezione della questione relativa all’intreccio azionario tra le due società, non fa alcun cenno agli altri elementi, che, singolarmente, e più ancora nel loro insieme, componevano un quadro capace di mettere in dubbio l’esistenza stessa degli obblighi di intervento della Tosco Emiliana, quale società appaltatrice, per il rifacimento di talune opere, e dei conseguenti costi portati dalla contribuente in deduzione e disconosciuti dall’Amministrazione finanziaria. La sentenza cioè non mostra consapevolezza del complesso supporto probatorio allegato dall’Ufficio, così riducendo la motivazione nel ristretto alveo del giudizio critico su un solo elemento, senza tener conto degli altri fatti, pur essenziali e decisivi, certamente oggetto di discussione nel corso del processo, per essere stati addirittura elencati, ma non vagliati, nella sentenza stessa. Ne discende che la pronuncia è sorretta da una motivazione viziata.
La pronuncia va dunque cassata ed il procedimento va rinviato alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, che in altra composizione provvederà a riesaminare la controversia, oltre che a liquidare le spese del giudizio di legittimità.
PQM
Accoglie il secondo motivo, rigetta il primo. Cassa la sentenza e rinvia il processo alla Commissione tributaria regionale della Emilia – Romagna, cui demanda, in diversa composizione, anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021