Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32192 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10244 – 2020 R.G. proposto da:

MINISTERO della GIUSTIZIA – c.f. ***** – in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia per legge.

– ricorrente –

contro

A.M. – c.f. ***** -;

+ ALTRI OMESSI;

;

rappresentati e difesi disgiuntamente e congiuntamente in virtù di procure speciali su fogli allegati in calce al controricorso dall’avvocato Bruno Guaraldi e dall’avvocato Luca Zamagni ed elettivamente domiciliati in Roma, alla via Giuseppe Avezzana, n. 1, presso lo studio dell’avvocato Matteo Acciari.

– controricorrenti –

avverso il decreto della Corte d’Appello di Ancona n. 2534/2019;

udita la relazione nella camera di consiglio del 19 maggio 2021 del consigliere Dott. Luigi Abete.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con ricorso ex lege n. 89/2001 in data 25.8.2018 alla Corte d’Appello di Ancona i controricorrenti indicati in epigrafe si dolevano per l’eccessiva durata del fallimento, dichiarato dal Tribunale di Ancona con sentenza dell’8.11.2007 ed ancora pendente alla data di proposizione del ricorso ex lege “Pinto”, della “Tecnocable” s.r.l. in liquidazione, alle cui dipendenze avevano lavorato ed al cui passivo – dichiarato esecutivo il 12.2.2018 – erano stati ammessi in via privilegiata.

Chiedevano ingiungersi al Ministero della Giustizia il pagamento di un equo indennizzo.

2. Con decreto dei 25.9/31.12.2018 il consigliere designato determinava in cinque anni la durata irragionevole del fallimento “presupposto” ed in Euro 400,00 l’ammontare del “moltiplicatore” annuo, salvo il limite della “posta in gioco” con riferimento ai ricorrenti T.A. e G.V..

3. I controricorrenti indicati in epigrafe proponevano opposizione della L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter.

Resisteva il Ministero della Giustizia.

4. Con decreto n. 2534/2019 la Corte d’Appello di Ancona accoglieva solo in parte l’opposizione, ovvero, fermo l’ammontare – Euro 400,00 – del “moltiplicatore” annuo di cui al decreto opposto, rideterminava in maggior misura il quantum dell’indennizzo spettante a T.A. e a G.V. ed individuava nella data di deposito del ricorso ex lege “Pinto” il dies a quo degli interessi.

5. Avverso tale decreto ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.

I controricorrenti indicati in epigrafe hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore – con distrazione – delle spese.

6. Il relatore ha formulato proposta di manifesta infondatezza del ricorso ex art. 375 c.p.c., n. 5); il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

7. Con il primo motivo il ricorrente denuncia “violazione e/o falsa applicazione L. n. 89 del 2001, art. 2/2 bis in relazione all’art. 360/1 c.p.c., n. 3” (così ricorso, pag. 18).

Deduce che in considerazione dell’elevata complessità della procedura fallimentare “presupposta”, dipendente, tra l’altro, dall’elevato numero delle domande di ammissione al passivo, la corte distrettuale avrebbe dovuto determinare in sette anni la durata ragionevole.

8. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia “violazione e/o falsa applicazione L. n. 89 del 2001, art. 2/2 in relazione all’art. 360/1 c.p.c., n. 3” (così ricorso, pag. 20).

Deduce che, in sede di determinazione del “moltiplicatore” annuo, la corte territoriale non ha tenuto conto del “comportamento delle parti”.

Deduce altresì altresì che la corte di merito non ha né verificato se gli importi per i quali gli iniziali ricorrenti sono stati ammessi al passivo, erano ad essi dovuti per t.f.r. e per le ultime tre mensilità, sì che i ricorrenti fossero legittimati a domandare l’intervento del Fondo di Garanzia istituito presso l’I.N.P.S., né ha verificato se gli iniziali ricorrenti erano rimasti colpevolmente inerti nel domandare l’intervento surrogatorio del Fondo di Garanzia, sì che ai medesimi ricorrenti fossero da ascrivere le conseguenze dell’irragionevole durata del fallimento “presupposto”.

9. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia “violazione e/o falsa applicazione L. n. 89 del 2001, art. 2 nonché art. 2 bis/1 nonché art. 2 bis/2, lett. b) in relazione all’art. 360/1 c.p.c., n. 3” (così ricorso, pag. 22).

Deduce che la corte d’appello non ha tenuto conto della riduzione delle pretese creditorie correlata all’esecuzione di due piani di riparto.

Deduce che ha errato la Corte di Ancona, allorché non ha ritenuto di far luogo alla riduzione del 40% del “moltiplicatore” di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 1 bis.

10. Va debitamente premesso che, nonostante la rituale notificazione del decreto presidenziale e della proposta del relatore, le parti, il Ministero ricorrente in particolare, non hanno provveduto al deposito di memoria.

In ogni caso, pur al di là del teste’ riferito rilievo, il collegio appieno condivide la proposta, che ben può essere reiterata in questa sede.

I motivi di ricorso sono dunque tutti da respingere.

11. In relazione al primo motivo si evidenzia che per espressa indicazione legislativa (L. n. 89 del 2001, ex art. 2, comma 2 bis, nella formulazione applicabile ratione temporis al caso de quo) la procedura fallimentare non può avere una durata superiore a sei anni.

E’ in toto ingiustificato quindi il rilievo del ricorrente secondo cui sarebbero stati da scomputare setti anni di durata ragionevole (cfr. ricorso, pag. 20).

12. In relazione al secondo motivo si evidenzia che la corte di merito ha determinato il “moltiplicatore” annuo nella misura minima.

A nulla vale perciò dolersi per la pretesa mancata considerazione del “comportamento delle parti”, trattandosi di un parametro che concorre allo scopo della concreta determinazione del “moltiplicatore” entro la misura minima e massima prevista dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 1.

13. L’erogazione da parte del Fondo di Garanzia presso l’I.N.P.S. degli importi del t.f.r. e delle ultime tre mensilità avrebbe avuto rilievo, nel quadro del comma 3 (“La misura dell’indennizzo, anche in deroga al comma 1, non può in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice”) della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, ai fini della determinazione del valore della causa e della quantificazione dell’indennizzo – eventualmente – in misura ulteriormente ridotta.

E tuttavia il Ministero non ha addotto in maniera specifica ed “autosufficiente” di aver invocato in sede di opposizione della L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter le circostanze prospettate con il secondo mezzo di impugnazione, segnatamente l’erogazione da parte del Fondo di Garanzia del t.f.r. e delle ultime tre mensilità.

Anzi dal par. 1-5) del decreto in questa sede impugnato (cfr. pag. 5) si evince che in sede di opposizione della citata L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, il Ministero opposto si è limitato a prospettare l’infondatezza dell’opposizione, “essendo la liquidazione immune dai vizi lamentati dagli opponenti”, e a domandare, “in via principale, la reiezione della domanda avversaria o, in via subordinata, l’accoglimento nella misura ritenuta di giustizia, inferiore a quella richiesta, con applicazione dei criteri minimi di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 bis”.

Evidentemente, in questa sede, i profili di doglianza altresì veicolati dal secondo mezzo di impugnazione rivestono un indubbio connotato di novità.

In ogni caso sarebbe stato onere del Ministero dimostrare che i controricorrenti sono stati inerti nel richiedere gli importi al Fondo di Garanzia (cfr. Cass. (ord.) 6.11.2018, n. 28268) ovvero che li hanno percepiti.

14. In relazione al terzo motivo si evidenzia che l’utile partecipazione dei controricorrenti ai piani parziali di riparto intervenuti nel corso della procedura fallimentare “presupposta” e la circostanza riflessa dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 1 bis, egualmente avrebbero avuto rilievo, nel quadro della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 3, ai fini della determinazione del valore della causa e della quantificazione dell’indennizzo – eventualmente – in misura ulteriormente ridotta.

E nondimeno analogamente il Ministero non ha addotto in maniera specifica ed “autosufficiente” di aver invocato in sede di opposizione della citata L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, le circostanze prospettate con il terzo mezzo di impugnazione.

Similmente, in questa sede, i profili di doglianza veicolati dal terzo mezzo di impugnazione hanno un’indubbia connotazione di novità.

15. In dipendenza del rigetto del ricorso il Ministero ricorrente va condannato a rimborsare le spese del presente giudizio di legittimità all’avvocato Bruno Guaraldi ed all’avvocato Luca Zamagni, difensori dei controricorrenti, che hanno dichiarato di aver anticipato le spese e di non aver riscosso gli onorari. La liquidazione segue come da dispositivo.

16. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001; il che rende inapplicabile il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. E tanto pur a prescindere dalla veste di amministrazione statale del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il Ministero ricorrente a rimborsare all’avvocato Bruno Guaraldi ed all’avvocato Luca Zamagni, difensori anticipatari dei controricorrenti, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in Euro 1.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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