LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12126-2020 proposto da:
C.M., rappresentata e difesa dall’avv. GIOVANNI PIO DE GIOVANNI in virtù di mandato in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
C.L., C.B., C.R.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 352/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 12/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/05/2021 dal Consigliere Dott. TEDESCO GIUSEPPE.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
C.M. ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Bari, la quale ha confermato la sentenza di primo grado resa nella causa di divisione promossa da C.L., C.B. e C.R. nei confronti della ricorrente. Il tribunale aveva operato la divisione in quattro quote uguali come individuate dal consulente tecnico, attribuendole a ciascuno dei quattro condividenti.
La Corte d’appello, adita dalla C.M., ha rigettato l’impugnazione da questa proposta. L’appellante aveva censurato la decisione, denunciando che la divisione era stata definita dal primo giudice con sentenza, senza la preventiva fissazione dell’udienza di discussione del progetto predisposto dal consulente tecnico.
Il ricorso è proposto sulla base di un solo motivo, con il quale si denuncia la violazione dell’art. 789 c.p.c.. Si sostiene che il deposito del progetto e la successiva fissazione di discussione del medesimo costituiscono adempimenti che non possono essere omessi, in quanto funzionali all’eventuale definizione non contenziosa della divisione. Si fa notare che la definizione della divisione con sentenza implica che sul progetto depositato siano sorte contestazioni che ne abbiano impedito l’approvazione da parte del giudice istruttore. C.L., C.B., C.R. sono rimasti intimati.
La causa è stata fissata dinanzi alla Sesta sezione civile della Suprema corte su conforme proposta del relatore di manifesta infondatezza del ricorso.
Il ricorso è infondato.
La Corte d’appello, con la sentenza impugnata, ha sottolineato che, dopo il deposito della consulenza tecnica, le parti, inclusa l’appellante, attuale ricorrente, chiesero fissarsi l’udienza per la precisazione delle conclusioni. Tale considerazione rende applicabile, nella specie, il seguente principio, rispetto al quale la decisione impugnata è del tutto conforme: “nel procedimento per lo scioglimento di una comunione, non occorre una formale osservanza delle disposizioni previste dall’art. 789 c.p.c. – ovvero la predisposizione di un progetto di divisione da parte del giudice istruttore, il suo deposito in cancelleria e la fissazione dell’udienza di discussione dello stesso – essendo sufficiente che il medesimo giudice istruttore faccia proprio, sia pure implicitamente, il progetto approntato e depositato dal c.t.u., così come non è necessaria la fissazione dell’apposita udienza di discussione del progetto quando le parti abbiano già escluso, con il loro comportamento processuale (nella specie, richiedendo concordemente di differire la causa all’udienza di precisazione delle conclusioni), la possibilità di una chiusura del procedimento mediante accettazione consensuale della proposta divisione, in tal modo giustificandosi la diretta rimessione del giudizio alla fase decisoria” (Cass. n. 242 del 2010; n. 13621/2017).
Si deve ancora aggiungere, in termini generali, sulle obiezioni avanzate dalla ricorrente, che “la mancata discussione del progetto di divisione da parte dei condividenti dà luogo ad una nullità relativa, la quale – come tale non è rilevabile d’ufficio, può essere eccepita, solo nel primo atto o nella prima difesa successivi, dalla parte interessata che non abbia dato causa” (Cass. n. 1559/1968). E’ stato anche chiarito che non ricorre nullità del provvedimento qualora, nel giudizio divisorio, la divisione sia disposta dal tribunale con sentenza, avente la natura dell’ordinanza di cui all’art. 798 c.p.c., comma 3, anziché dal giudice istruttore con sua ordinanza (Cass. n. 3262/1987).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Nulla sulle spese.
Ci sono le condizioni per dare atto D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”.
PQM
rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 19 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021