Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32210 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZA Stefano – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12938-2020 proposto da:

S.D., elettivamente domiciliata in ROMA, V. G. CAMOZZI 1, presso lo studio dell’avvocato DELFO MARIA SAMBATARO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE *****;

– intimate –

avverso la sentenza n. 16986/2019 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 05/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PORRECA PAOLO.

CONSIDERATO

che:

S.D. si opponeva a un preavviso di fermo amministrativo ottenendone l’annullamento dal Giudice di Pace con condanna alle spese dell’agente per la riscossione;

il Tribunale, pronunciando sull’appello in ordine alla corretta quantificazione delle spese di lite liquidate in prime cure, lo rigettava osservando che lo scaglione era stato correttamente individuato, la controversia era di semplice trattazione e senza istruttoria;

avverso questa decisione ricorre per cassazione S.D. articolando un motivo;

nessuno si è difeso per l’ente titolare del credito, Roma Capitale, e per l’Agenzia delle Entrate Riscossione.

RILEVATO

che:

con l’unico motivo si prospetta la nullità della sentenza per aver deciso una fattispecie del tutto differente, come desumibile dalle affermazioni del giudice di merito che riportavano di una sentenza gravata con differente identificazione numerica e riferita a differente procedura di esecuzione forzata, nonché menzionando importi di spese differenti da quelli liquidati dal Giudice di pace nella decisione impugnata con il ricorso del deducente;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

Rilevato che:

il motivo è fondato;

quanto dedotto nella censura è desumibile dagli atti processuali richiamati e prodotti;

la sentenza del Tribunale qui impugnata riferisce di una sentenza del Giudice di Pace diversa per numero, per riferimento a una differente esecuzione forzata, e che riferisce aver liquidato spese per importi diversi rispetto a quelli fatti propri dalla decisione di prime cure dell’odierno giudizio;

la sentenza qui gravata:

afferma di avere per oggetto l’appello alla sentenza n. 44324/15, mentre la decisione gravata era la n. 28253/17 (che in motivazione richiama la n. 44324/15 a supporto della statuizione);

afferma che la sentenza appellata aveva liquidato spese per 500,00 Euro di cui 150,00 Euro per costi, mentre la sentenza effettivamente gravata ha liquidato spese per 430,00 Euro di cui 130,00 Euro per costi;

ne deriva l’impossibilità di individuare univocamente una motivata decisione effettivamente tale sull’appello allora proposto, e dunque la nullità insanabile, peraltro rilevabile anche officiosamente, per radicale inidoneità al raggiungimento dello scopo dell’atto processuale (Cass., 27/03/2007, n. 7516, che richiama il combinato disposto dell’art. 156, disp. att. c.p.c., comma 2, art. 161, disp. att. c.p.c., comma 2, e art. 132 disp. att. c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1; cfr. nello stesso senso Cass., 17/11/2020, n. 26126);

spese al giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia al Tribunale di Roma perché pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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