Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32211 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZA Stefano – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14323-2020 proposto da:

D.M.D., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DI PIETRA PAPA, 21, presso il proprio studio, rappresentato e difeso da se medesimo;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso lo studio dell’avvocato ANNA MARIA ROSARIA URSINO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 18012/2019 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 24/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PORRECA PAOLO.

CONSIDERATO

che:

d.M.D. conveniva in giudizio Poste Italiane, s.p.a., chiedendo la restituzione dell’importo pagato a titolo d’imposta di registrazione di un’ordinanza di assegnazione pronunciata all’esito di un procedimento esecutivo presso il terzo pignorato Acea s.p.a., promosso dal deducente nei confronti della convenuta;

esponeva l’attore che aveva saldato l’imposta a seguito di un avviso di liquidazione notificatogli dall’Agenzia delle Entrate, sicché gli spettava il regresso, così come gli spettavano gli importi pagati a titolo di contributo unificato e rimborso forfettario sostenuti per la procedura esecutiva in parola;

il Giudice di pace rigettava la domanda ritenendo che le somme fossero dovute dal terzo pignorato e non dall’originario debitore che difettava, pertanto, di legittimazione passiva;

la pronuncia veniva confermata dal Tribunale in sede di appello, osservando che l’ordinanza di assegnazione aveva posto a carico del terzo pignorato le spese di registrazione del provvedimento, e ogni eventuale contestazione avrebbe dovuto sollevarsi con opposizione ex art. 617, c.p.c., ferma la capienza e, in difetto, salva la tutela del credito originario in base all’iniziale titolo esecutivo nei confronti del debitore esecutato;

avverso questa decisione ricorre per cassazione D.M.D. articolando due motivi, corredati da memoria;

resiste con controricorso Poste Italiane, s.p.a..

RITENUTO

che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 617 c.p.c., poiché il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che le spese riferibili all’esecuzione erano comunque a carico dell’originario debitore, al pari di quelle per il contributo unificato della procedura coattiva, anch’esso pagato, sicché nulla era richiedibile al terzo pignorato che con il pagamento di quanto previsto, e non di oneri successivi o in ogni caso non spettanti, si era liberato dell’obbligazione a suo carico, mentre l’ordinanza di assegnazione non costituiva titolo esecutivo nei confronti del debitore esecutato, imponendosi, pertanto, l’ulteriore azione ordinaria in mancanza di pagamento;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 95, c.p.c., poiché il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che non era in questione una spesa del processo esecutivo trattandosi, “parte qua”, d’importo dovuto legalmente su richiesta dell’Erario e come tale distintamente ripetibile;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

Rilevato che:

i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per connessione, sono inammissibili ex art. 360-bis c.p.c., n. 1;

si tratta di una controversia che ha oggetto identico ad altre – riguardanti il medesimo ricorrente – in ordine alle quali questa Corte si è già pronunciata;

come già statuito in tali precedenti (Cass., 20/11/2018 n. 29855; Cass., 20/02/2019, n. 4964, Cass., 21/07/2020, n. 15447), ai quali si intende dare pieno seguito – anche perché il ricorso non contiene argomentazioni idonee a indurre alcuna rimeditazione sul punto – e ai quali la decisione impugnata risulta in diritto sostanzialmente conforme, le censure svolte non colgono nel segno;

e’ pacifico (la circostanza emerge dalla sentenza impugnata, non è smentita nel ricorso ed è espressamente confermata anche nel controricorso) che il giudice dell’esecuzione, all’esito di un procedimento esecutivo di espropriazione di crediti presso terzi promosso dal D.M. nei confronti di un suo debitore abbia pronunciato ordinanza di assegnazione contenente l’espresso addebito al suddetto debitore esecutato delle spese di registrazione dell’ordinanza stessa, e che il relativo importo fosse quindi compreso in quello oggetto della complessiva assegnazione del credito pignorato in favore del creditore procedente, sicché tale importo poteva essere preteso dal suddetto creditore in sede di escussione del terzo;

ciò posto, sussiste difetto di interesse del creditore procedente a ottenere un ulteriore titolo esecutivo da far valere contro il suo originario debitore, avendo egli già conseguito la piena soddisfazione nei confronti di quest’ultimo, in sede esecutiva, (anche) del proprio credito per la spesa di registrazione dell’ordinanza di assegnazione, in quanto statuito come univocamente compreso nell’importo liquidato a titolo di spese del processo esecutivo, e oggetto dell’assegnazione a valere sui crediti pignorati (dunque non viene in gioco l’indicazione di Cass., 03/06/2020, n. 10420, evocata in memoria dal ricorrente, che, sia pure nell’ambito di uno scrutinio d’inammissibilità in rito, ipotizza la possibilità che tali spese, ove non assegnate e così non recuperate, possano essere richieste all’originario debitore tenuto, per principio generale, a rifondere il creditore delle spese occorrenti per l’espropriazione forzata);

e’ irrilevante la circostanza che, al momento della richiesta di pagamento degli importi assegnati rivolta al terzo “debitor debitoris” la somma in questione non fosse stata (e/o non potesse ancora essere) pretesa e riscossa, in quanto non era stata ancora effettuata la registrazione dell’ordinanza (e non era stata quindi ancora anticipata dal creditore la relativa imposta): trattandosi di importo compreso in quello oggetto di assegnazione ai sensi dell’art. 553 c.p.c., infatti, la relativa pretesa poteva essere avanzata anche successivamente e addirittura in via esecutiva nei confronti del terzo, sulla base della medesima ordinanza di assegnazione;

nel ricorso -che sotto questo aspetto difetta della necessaria specificità, manifestando un profilo di inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, – non viene chiarito, e tanto meno documentato:

– se in concreto vi sia stata vana escussione del terzo per l’importo in questione, ovvero;

– se le somme complessivamente riconosciute nell’ordinanza di assegnazione -il cui contenuto, “parte qua”, non è riprodotto nel ricorso e la cui allocazione tra gli atti del fascicolo di merito non è indicata, con ulteriore violazione dell’art. 366, nn. 3 e 6, c.p.c.- ivi inclusa quella relativa all’imposta di registrazione della stessa, fossero state contenute o meno nei limiti di capienza del credito pignorato o avessero ecceduto tali limiti, e dunque non potessero essere effettivamente e in concreto oggetto di integrale recupero nei confronti del terzo “debitor debitoris”;

e d’altro canto questa Corte ha da tempo risalente chiarito che:

a) il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione, a norma dell’art. 553 c.p.c., assegna al creditore procedente le somme di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore verso il debitore espropriato, ha, nei confronti del terzo e a favore dell’assegnatario, efficacia di titolo esecutivo non soltanto per le spese liquidate nel provvedimento stesso, ma anche per quelle ad esso conseguenti e necessarie per la concreta sua attuazione come, ad esempio, l’imposta di registro, ancorché nel provvedimento non se ne faccia espressa menzione (Cass., 05/02/1968, n. 394 e succ. conf.) eccetto naturalmente il caso in cui l’ordinanza le escluda dalla sua portata (e non venga opposta);

b) il giudice dell’esecuzione, quando provvede alla distribuzione o assegnazione del ricavato o del pignorato al creditore procedente e ai creditori intervenuti, determinando la parte spettante per capitale, interessi e spese, effettua accertamenti funzionali alla soddisfazione coattiva dei diritti fatti valere nel processo esecutivo e, conseguentemente, il provvedimento di liquidazione delle spese dell’esecuzione implica un accertamento meramente strumentale alla distribuzione o assegnazione stessa, sicché le suddette spese, quando e nella misura in cui restino insoddisfatte, sono irripetibili (Cass., 05/10/2018, n. 24571, richiamata anche da Cass., 19/02/2020, n. 4243, Cass., 14/02/2020, n. 3720, Cass., 17/01/2020, n. 1004, Cass., 20/02/2019, n. 4964);

ne consegue che, contrariamente a quanto prospettato in ricorso, per un verso le spese di registrazione sono proprie del processo esecutivo e trovano soddisfazione dalla capienza; per altro verso l’ordinanza di assegnazione costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo per la soddisfazione del credito e delle spese stesse, sicché, ferma la legittimazione dell’Erario a chiedere il pagamento dell’imposta a tutte le parti coobbligate secondo il regime tributario, la ripetizione di quanto eventualmente pagato dal creditore a titolo fiscale potrà e dovrà essere chiesta al terzo, nuovo debitore a seguito della modifica soggettiva del rapporto obbligatorio determinata dall’ordinanza ex art. 553 c.p.c., nel perimetro dell’importo assegnato e, come logico, prioritariamente rispetto all’originario credito;

spese secondo soccombenza.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali della controricorrente liquidate in Euro 900,00 oltre a Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15 per cento di spese forfettarie, oltre accessori legali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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